(ideale per la visualizzazione su dispositivi mobili)
Canto XXXIII
‘Deus, venerunt gentes’, alternando
or tre or quattro dolce salmodia,
le donne incominciaro, e lagrimando; 3
Le donne (=le donne-virtù) cominciarono ‘Deus, venerunt gentes’ (=O Dio i pagani sono venuti), alternando [la] dolce armonia ora [in] tre ora [in] quattro, e piangendo; 3
e Beatrice sospirosa e pia,
quelle ascoltava sì fatta, che poco
più a la croce si cambiò Maria. 6
e Beatrice, sospirosa e pia, le ascoltava con aspetto tale che, Maria impallidì poco [di] più [davanti] alla croce. 6
Ma poi che l’altre vergini dier loco
a lei di dir, levata dritta in pè,
rispuose, colorata come foco: 9
Ma dopo che le altre vergini le diedero [la] possibilità di parlare, levata[si] dritta in piedi, colorita [in volto] come [il] fuoco, rispose: 9
‘Modicum, et non videbitis me;
et iterum, sorelle mie dilette,
modicum, et vos videbitis me’. 12
‘Modicum, et non videbitis me; et iterum, sorelle mie dilette, modicum, et vos videbitis me’. (=‘Passerà poco tempo e non mi vedrete più; poi, sorelle mie dilette, di nuovo passerà poco tempo e voi mi rivedrete’). 12
Poi le si mise innanzi tutte e sette,
e dopo sé, solo accennando, mosse
me e la donna e ‘l savio che ristette. 15
Poi se le mise tutte e sette davanti, e, solo con un cenno, fece muovere dietro [di] sè me e la donna (=Matelda) e il saggio (=Stazio) che era rimasto [con noi]. 15
Così sen giva; e non credo che fosse
lo decimo suo passo in terra posto,
quando con li occhi li occhi mi percosse; 18
Così procedeva; e non credo che il suo decimo passo fosse posto in terra (=avesse fatto il decimo passo), quando mi folgorò gli occhi con i [suoi] occhi; 18
e con tranquillo aspetto «Vien più tosto»,
mi disse, «tanto che, s’io parlo teco,
ad ascoltarmi tu sie ben disposto». 21
e con volto sereno mi disse: «Cammina più in fretta, tanto che, se io parlo con te, tu sia pronto ad ascoltarmi». 21
Sì com’io fui, com’io dovea, seco,
dissemi: «Frate, perché non t’attenti
a domandarmi omai venendo meco?». 24
Appena io le fui accanto, come io dovevo, mi disse: «Fratello, perché non osi ormai farmi domande mentre ormai cammini con me?». 24
Come a color che troppo reverenti
dinanzi a suo maggior parlando sono,
che non traggon la voce viva ai denti, 27
Come [capita] a coloro che, parlando davanti a un loro superiore, sono troppo reverenti, [tanto] che non portano la voce distintamente ai denti (=non riescono a parlare chiaramente), 27
avvenne a me, che sanza intero suono
incominciai: «Madonna, mia bisogna
voi conoscete, e ciò ch’ad essa è buono». 30
accadde a me, che cominciai con voce non piena: «Signora, voi conoscete il mio bisogno (=ciò che mi è necessario sapere), e ciò che è utile a esso». 30
Ed ella a me: «Da tema e da vergogna
voglio che tu omai ti disviluppe,
sì che non parli più com’om che sogna. 33
Ed ella a me: «Desidero che tu ormai ti sciolga da[l] timore e da[lla] vergogna, in modo che non parli più come uno che sogna (=con parole confuse). 33
Sappi che ‘l vaso che ‘l serpente ruppe
fu e non è; ma chi n’ha colpa, creda
che vendetta di Dio non teme suppe. 36
Sappi che il contenitore (=il carro: simbolo della Chiesa) che il drago ha rotto fu e non è [più]; (=era ma non è più) ma chi ne ha colpa (=il gigante e la meretrice), sappia che [la] vendetta di Dio non teme prescrizioni. 36
Non sarà tutto tempo sanza reda
l’aguglia che lasciò le penne al carro,
per che divenne mostro e poscia preda; 39
L’aquila (=l’impero) che lasciò le penne sul carro, per cui quello divenne [prima] mostro e poi preda [del gigante], non rimarrà tutto [il] tempo senza erede; 39
ch’io veggio certamente, e però il narro,
a darne tempo già stelle propinque,
secure d’ogn’intoppo e d’ogni sbarro, 42
perchè io vedo con certezza, e perciò lo racconto, [delle] stelle (=delle costellazioni), libere da ogni intoppo e da ogni sbarramento, già vicine a darci [un] tempo, 42
nel quale un cinquecento diece e cinque,
messo di Dio, anciderà la fuia
con quel gigante che con lei delinque. 45
nel quale un D.X.V. (=un dux cioè un condottiero), [un] inviato di Dio, ucciderà la ladra (=la meretrice) con quel gigante che commette delitti con lei. 45
E forse che la mia narrazion buia,
qual Temi e Sfinge, men ti persuade,
perch’a lor modo lo ‘ntelletto attuia; 48
E forse il mio oscuro discorso, come [quello di] Temi e [della] Sfinge, non ti convince, perchè a[lla] loro maniera offusca l’intelletto; 48
ma tosto fier li fatti le Naiade,
che solveranno questo enigma forte
sanza danno di pecore o di biade. 51
ma presto gli eventi saranno [come] le Naiadi, che scioglieranno questo difficile enigma senza danno a[lle] pecore o a[i] raccolti. 51
Tu nota; e sì come da me son porte,
così queste parole segna a’ vivi
del viver ch’è un correre a la morte. 54
Tu scrivi [nella memoria]; e così come sono dette da me, allo stesso modo comunica queste parole a coloro che vivono di una vita che è una corsa verso la morte. 54
E aggi a mente, quando tu le scrivi,
di non celar qual hai vista la pianta
ch’è or due volte dirubata quivi. 57
E abbi a mente, quando tu le scriverai, di non nascondere in quale condizione hai visto la pianta che qui ora è stata derubata due volte. 57
Qualunque ruba quella o quella schianta,
con bestemmia di fatto offende a Dio,
che solo a l’uso suo la creò santa. 60
Chiunque la deruba o la rompe, offende, con [una] bestemmia di fatto (=con un’azione sacrilega), Dio che la creò santa solo a proprio uso. 60
Per morder quella, in pena e in disio
cinquemilia anni e più l’anima prima
bramò colui che ‘l morso in sé punio. 63
L’anima del primo uomo (=di Adamo), per aver morso [di] quella (=per averne morso il frutto), bramò [per] cinquemila anni e più, ne[lla] pena e ne[l] desiderio, colui (=Cristo) che punì quel morso in sé stesso (=riscattò tale peccato con la propria vita). 63
Dorme lo ‘ngegno tuo, se non estima
per singular cagione esser eccelsa
lei tanto e sì travolta ne la cima. 66
Il tuo ingegno dorme, se non capisce che essa è altissima e così capovolta nella cima (=con le fronde e i rami che si espandono verso la cima) per [una] ragione straordinaria. 66
E se stati non fossero acqua d’Elsa
li pensier vani intorno a la tua mente,
e ‘l piacer loro un Piramo a la gelsa, 69
E se i tuoi vaneggianti pensieri non fossero stati intorno alla tua mente [come l’] acqua de[ll’] Elsa (=non avessero circondato la tua mente di incrostazioni) e il piacere per quelli [non fosse stato come] un Piramo per il gelso (=non avesse macchiato, oscurato la tua intelligenza come il sangue di Piramo macchiò i frutti del gelso), 69
per tante circostanze solamente
la giustizia di Dio, ne l’interdetto,
conosceresti a l’arbor moralmente. 72
[anche] solamente per [queste] singolari circostanze, riconosceresti nell’albero, secondo il senso morale (=considerandolo nel suo significato morale), la giustizia di Dio [che si esprime] nel divieto [di toccarlo]. 72
Ma perch’io veggio te ne lo ‘ntelletto
fatto di pietra e, impetrato, tinto,
sì che t’abbaglia il lume del mio detto, 75
Ma poichè io ti vedo fatto di pietra nell’intelletto (=vedo che non hai capito) e, così pietrificato, e ottenebrato che la luce delle mie parole ti abbaglia, 75
voglio anco, e se non scritto, almen dipinto,
che ’l te ne porti dentro a te per quello
che si reca il bordon di palma cinto». 78
ciò nonostante, voglio che tu le conservi dentro di te, se non scolpite, almeno disegnate per lo stesso motivo per cui si porta il bastone [del pellegrino] cinto di [un ramo di] palma». 78
E io: «Sì come cera da suggello,
che la figura impressa non trasmuta,
segnato è or da voi lo mio cervello. 81
E io: «La mia mente ora è segnata da voi (=dalle vostre parole), così come [la] cera, che non altera la figura impressa, [è segnata] da[l] sigillo. 81
Ma perché tanto sovra mia veduta
vostra parola disiata vola,
che più la perde quanto più s’aiuta?». 84
Ma perchè [la] vostra parola desiderata vola tanto più in alto de[lla] mia vista [intellettuale] (=della mia comprensione) che quanto più [essa] si sforza [di seguirla] [tanto] più la perde?». 84
«Perché conoschi», disse, «quella scuola
c’hai seguitata, e veggi sua dottrina
come può seguitar la mia parola; 87
Disse: «Affinchè [tu] conosca [di che tipo è] quella scuola (=dottrina) che hai seguito, e veda come [difficilmente] [il] suo insegnamento possa comprendere la mia parola; 87
e veggi vostra via da la divina
distar cotanto, quanto si discorda
da terra il ciel che più alto festina». 90
e [affinchè tu] veda [la] vostra strada (=la sapienza del mondo) distare tanto da quella divina, quanto il cielo (=il Primo Mobile), che più in alto si affretta [nella sua orbita], è distante da[lla] Terra». 90
Ond’io rispuosi lei: «Non mi ricorda
ch’i’ straniasse me già mai da voi,
né honne coscienza che rimorda». 93
Per cui io le risposi: «Non mi ricordo di essermi mai allontanato da voi, nè ne ho coscienza che mi rimorda». 93
«E se tu ricordar non te ne puoi»,
sorridendo rispuose, «or ti rammenta
come bevesti di Letè ancoi; 96
[Quella] rispose sorridendo: «E se tu non te ne puoi ricordare, ora ricordati [almeno] come oggi hai bevuto [l’acqua] de[l] Lete; 96
e se dal fummo foco s’argomenta,
cotesta oblivion chiaro conchiude
colpa ne la tua voglia altrove attenta. 99
e se dal fumo si deduce [la presenza del] fuoco, questa dimenticanza dimostra chiaramente [che] [la tua] colpa [fu] nei tuoi desideri rivolti ad altro [rispetto a me]. 99
Veramente oramai saranno nude
le mie parole, quanto converrassi
quelle scovrire a la tua vista rude». 102
Del resto ormai le mie parole saranno spogliate [dei significati figurati] (=chiare), quanto sarà necessario scoprirle (=farle conoscere) alla tua rozza vista [intellettuale]». 102
E più corusco e con più lenti passi
teneva il sole il cerchio di merigge,
che qua e là, come li aspetti, fassi, 105
E il sole, più splendente e a passi più lenti, occupava il cerchio de[l] mezzogiorno (=era sul meridiano), che si sposta qua e là, a seconda di chi guarda il cielo (=era mezzogiorno), 105
quando s’affisser, sì come s’affigge
chi va dinanzi a gente per iscorta
se trova novitate o sue vestigge, 108
quando, così come si ferma chi cammina davanti ad altri come guida se trova [una] novità o [le] sue tracce, 108
le sette donne al fin d’un’ombra smorta,
qual sotto foglie verdi e rami nigri
sovra suoi freddi rivi l’Alpe porta. 111
le sette donne si fermarono al margine di un’ombra tenue, come [quella che] le Alpi (=le montagne) stendono, sotto foglie verdi e rami neri sopra [i] loro freddi ruscelli. 111
Dinanzi ad esse Eufratès e Tigri
veder mi parve uscir d’una fontana,
e, quasi amici, dipartirsi pigri. 114
Davanti a esse (=alle sette donne) mi sembrò di vedere uscire da un’unica sorgente [il] Tigri e [l’] Eufrate e allontanarsi lentamente, come amici. 114
«O luce, o gloria de la gente umana,
che acqua è questa che qui si dispiega
da un principio e sé da sé lontana?». 117
«O luce, o gloria dell’umanità, che acqua è questa che scaturisce qui da un’unica sorgente e si allontana da se stessa [dividendosi in due]?». 117
Per cotal priego detto mi fu: «Priega
Matelda che ‘l ti dica». E qui rispuose,
come fa chi da colpa si dislega, 120
la bella donna: «Questo e altre cose
dette li son per me; e son sicura
che l’acqua di Letè non gliel nascose». 123
Per questa preghiera mi fu risposto: «Prega Matelda che te lo dica». E a questo punto la bella donna rispose, come fa chi si libera da [una] colpa: «Questa e altre cose gli sono [già] state dette da me; e sono sicura che l’acqua de[l] Lete non gliele ha nascoste (=cancellate dalla memoria)». 120-123
E Beatrice: «Forse maggior cura,
che spesse volte la memoria priva,
fatt’ha la mente sua ne li occhi oscura. 126
E Beatrice: «Forse [una] preoccupazione maggiore, che spesso depriva la memoria, ha reso la sua mente oscura, nel vedere. 126
Ma vedi Eunoè che là diriva:
menalo ad esso, e come tu se’ usa,
la tramortita sua virtù ravviva». 129
Ma vedi [l’] Eunoè che scorre là: portalo a esso, e come sei solita [fare], ravviva la sua facoltà [mnemonica] gravemente indebolita (=la facoltà di ricordare le opere buone compiute)». 129
Come anima gentil, che non fa scusa,
ma fa sua voglia de la voglia altrui
tosto che è per segno fuor dischiusa; 132
Come [un’] anima gentile, che non adduce scuse, ma del volere altrui fa [il] suo [stesso] volere (conforma la propria volontà al volere altrui) appena [questo] è manifestato all’esterno da [un] segno; 132
così, poi che da essa preso fui,
la bella donna mossesi, e a Stazio
donnescamente disse: «Vien con lui». 135
così, dopo essere stato preso [per mano] da lei, la bella donna si mosse, e con grazia signorile disse a Stazio: «Vieni con lui». 135
S’io avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere, i’ pur cantere’ in parte
lo dolce ber che mai non m’avrìa sazio; 138
Se io, lettore, avessi [uno] spazio più ampio per scrivere, io continuerei a cantare, quanto possibile, del dolce bere che non mi avrebbe mai saziato; 138
ma perché piene son tutte le carte
ordite a questa cantica seconda,
non mi lascia più ir lo fren de l’arte. 141
ma poichè tutte le pagine, destinate a questa seconda cantica, sono piene, il freno dell’arte (=la misura imposta alle varie parti del poema) non mi lascia procedere oltre. 141
Io ritornai da la santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinnovellate di novella fronda, 144
Io ritornai da quel fiume santissimo [presso Beatrice] rinato così come [le] piante giovani rinnovate da nuove fronde, 144
puro e disposto a salire alle stelle. 145
purificato e pronto a salire alle stelle (=al cielo). 145
🖥️ Parafrasi affiancata
(ideale per la visualizzazione su pc)
Canto XXXIII
‘Deus, venerunt gentes’, alternando
or tre or quattro dolce salmodia,
le donne incominciaro, e lagrimando; 3
e Beatrice sospirosa e pia,
quelle ascoltava sì fatta, che poco
più a la croce si cambiò Maria. 6
Ma poi che l’altre vergini dier loco
a lei di dir, levata dritta in pè,
rispuose, colorata come foco: 9
‘Modicum, et non videbitis me;
et iterum, sorelle mie dilette,
modicum, et vos videbitis me’. 12
Poi le si mise innanzi tutte e sette,
e dopo sé, solo accennando, mosse
me e la donna e ‘l savio che ristette. 15
Così sen giva; e non credo che fosse
lo decimo suo passo in terra posto,
quando con li occhi li occhi mi percosse; 18
e con tranquillo aspetto «Vien più tosto»,
mi disse, «tanto che, s’io parlo teco,
ad ascoltarmi tu sie ben disposto». 21
Sì com’io fui, com’io dovea, seco,
dissemi: «Frate, perché non t’attenti
a domandarmi omai venendo meco?». 24
Come a color che troppo reverenti
dinanzi a suo maggior parlando sono,
che non traggon la voce viva ai denti, 27
avvenne a me, che sanza intero suono
incominciai: «Madonna, mia bisogna
voi conoscete, e ciò ch’ad essa è buono». 30
Ed ella a me: «Da tema e da vergogna
voglio che tu omai ti disviluppe,
sì che non parli più com’om che sogna. 33
Sappi che ‘l vaso che ‘l serpente ruppe
fu e non è; ma chi n’ha colpa, creda
che vendetta di Dio non teme suppe. 36
Non sarà tutto tempo sanza reda
l’aguglia che lasciò le penne al carro,
per che divenne mostro e poscia preda; 39
ch’io veggio certamente, e però il narro,
a darne tempo già stelle propinque,
secure d’ogn’intoppo e d’ogni sbarro, 42
nel quale un cinquecento diece e cinque,
messo di Dio, anciderà la fuia
con quel gigante che con lei delinque. 45
E forse che la mia narrazion buia,
qual Temi e Sfinge, men ti persuade,
perch’a lor modo lo ‘ntelletto attuia; 48
ma tosto fier li fatti le Naiade,
che solveranno questo enigma forte
sanza danno di pecore o di biade. 51
Tu nota; e sì come da me son porte,
così queste parole segna a’ vivi
del viver ch’è un correre a la morte. 54
E aggi a mente, quando tu le scrivi,
di non celar qual hai vista la pianta
ch’è or due volte dirubata quivi. 57
Qualunque ruba quella o quella schianta,
con bestemmia di fatto offende a Dio,
che solo a l’uso suo la creò santa. 60
Per morder quella, in pena e in disio
cinquemilia anni e più l’anima prima
bramò colui che ‘l morso in sé punio. 63
Dorme lo ‘ngegno tuo, se non estima
per singular cagione esser eccelsa
lei tanto e sì travolta ne la cima. 66
E se stati non fossero acqua d’Elsa
li pensier vani intorno a la tua mente,
e ‘l piacer loro un Piramo a la gelsa, 69
per tante circostanze solamente
la giustizia di Dio, ne l’interdetto,
conosceresti a l’arbor moralmente. 72
Ma perch’io veggio te ne lo ‘ntelletto
fatto di pietra e, impetrato, tinto,
sì che t’abbaglia il lume del mio detto, 75
voglio anco, e se non scritto, almen dipinto,
che ’l te ne porti dentro a te per quello
che si reca il bordon di palma cinto». 78
E io: «Sì come cera da suggello,
che la figura impressa non trasmuta,
segnato è or da voi lo mio cervello. 81
Ma perché tanto sovra mia veduta
vostra parola disiata vola,
che più la perde quanto più s’aiuta?». 84
«Perché conoschi», disse, «quella scuola
c’hai seguitata, e veggi sua dottrina
come può seguitar la mia parola; 87
e veggi vostra via da la divina
distar cotanto, quanto si discorda
da terra il ciel che più alto festina». 90
Ond’io rispuosi lei: «Non mi ricorda
ch’i’ straniasse me già mai da voi,
né honne coscienza che rimorda». 93
«E se tu ricordar non te ne puoi»,
sorridendo rispuose, «or ti rammenta
come bevesti di Letè ancoi; 96
e se dal fummo foco s’argomenta,
cotesta oblivion chiaro conchiude
colpa ne la tua voglia altrove attenta. 99
Veramente oramai saranno nude
le mie parole, quanto converrassi
quelle scovrire a la tua vista rude». 102
E più corusco e con più lenti passi
teneva il sole il cerchio di merigge,
che qua e là, come li aspetti, fassi, 105
quando s’affisser, sì come s’affigge
chi va dinanzi a gente per iscorta
se trova novitate o sue vestigge, 108
le sette donne al fin d’un’ombra smorta,
qual sotto foglie verdi e rami nigri
sovra suoi freddi rivi l’Alpe porta. 111
Dinanzi ad esse Eufratès e Tigri
veder mi parve uscir d’una fontana,
e, quasi amici, dipartirsi pigri. 114
«O luce, o gloria de la gente umana,
che acqua è questa che qui si dispiega
da un principio e sé da sé lontana?». 117
Per cotal priego detto mi fu: «Priega
Matelda che ‘l ti dica». E qui rispuose,
come fa chi da colpa si dislega, 120
la bella donna: «Questo e altre cose
dette li son per me; e son sicura
che l’acqua di Letè non gliel nascose». 123
E Beatrice: «Forse maggior cura,
che spesse volte la memoria priva,
fatt’ha la mente sua ne li occhi oscura. 126
Ma vedi Eunoè che là diriva:
menalo ad esso, e come tu se’ usa,
la tramortita sua virtù ravviva». 129
Come anima gentil, che non fa scusa,
ma fa sua voglia de la voglia altrui
tosto che è per segno fuor dischiusa; 132
così, poi che da essa preso fui,
la bella donna mossesi, e a Stazio
donnescamente disse: «Vien con lui». 135
S’io avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere, i’ pur cantere’ in parte
lo dolce ber che mai non m’avrìa sazio; 138
ma perché piene son tutte le carte
ordite a questa cantica seconda,
non mi lascia più ir lo fren de l’arte. 141
Io ritornai da la santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinnovellate di novella fronda, 144
puro e disposto a salire alle stelle. 145
Canto XXXIII
Le donne (=le donne-virtù) cominciarono ‘Deus, venerunt gentes’ (=O Dio i pagani sono venuti), alternando [la] dolce armonia ora [in] tre ora [in] quattro, e piangendo; 3
e Beatrice, sospirosa e pia, le ascoltava con aspetto tale che, Maria impallidì poco [di] più [davanti] alla croce. 6
Ma dopo che le altre vergini le diedero [la] possibilità di parlare, levata[si] dritta in piedi, colorita [in volto] come [il] fuoco, rispose: 9
‘Modicum, et non videbitis me; et iterum, sorelle mie dilette, modicum, et vos videbitis me’. (=‘Passerà poco tempo e non mi vedrete più; poi, sorelle mie dilette, di nuovo passerà poco tempo e voi mi rivedrete’). 12
Poi se le mise tutte e sette davanti, e, solo con un cenno, fece muovere dietro [di] sè me e la donna (=Matelda) e il saggio (=Stazio) che era rimasto [con noi]. 15
Così procedeva; e non credo che il suo decimo passo fosse posto in terra (=avesse fatto il decimo passo), quando mi folgorò gli occhi con i [suoi] occhi; 18
e con volto sereno mi disse: «Cammina più in fretta, tanto che, se io parlo con te, tu sia pronto ad ascoltarmi». 21
Appena io le fui accanto, come io dovevo, mi disse: «Fratello, perché non osi ormai farmi domande mentre ormai cammini con me?». 24
Come [capita] a coloro che, parlando davanti a un loro superiore, sono troppo reverenti, [tanto] che non portano la voce distintamente ai denti (=non riescono a parlare chiaramente), 27
accadde a me, che cominciai con voce non piena: «Signora, voi conoscete il mio bisogno (=ciò che mi è necessario sapere), e ciò che è utile a esso». 30
Ed ella a me: «Desidero che tu ormai ti sciolga da[l] timore e da[lla] vergogna, in modo che non parli più come uno che sogna (=con parole confuse). 33
Sappi che il contenitore (=il carro: simbolo della Chiesa) che il drago ha rotto fu e non è [più]; (=era ma non è più) ma chi ne ha colpa (=il gigante e la meretrice), sappia che [la] vendetta di Dio non teme prescrizioni. 36
L’aquila (=l’impero) che lasciò le penne sul carro, per cui quello divenne [prima] mostro e poi preda [del gigante], non rimarrà tutto [il] tempo senza erede; 39
perchè io vedo con certezza, e perciò lo racconto, [delle] stelle (=delle costellazioni), libere da ogni intoppo e da ogni sbarramento, già vicine a darci [un] tempo, 42
nel quale un D.X.V. (=un dux cioè un condottiero), [un] inviato di Dio, ucciderà la ladra (=la meretrice) con quel gigante che commette delitti con lei. 45
E forse il mio oscuro discorso, come [quello di] Temi e [della] Sfinge, non ti convince, perchè a[lla] loro maniera offusca l’intelletto; 48
ma presto gli eventi saranno [come] le Naiadi, che scioglieranno questo difficile enigma senza danno a[lle] pecore o a[i] raccolti. 51
Tu scrivi [nella memoria]; e così come sono dette da me, allo stesso modo comunica queste parole a coloro che vivono di una vita che è una corsa verso la morte. 54
E abbi a mente, quando tu le scriverai, di non nascondere in quale condizione hai visto la pianta che qui ora è stata derubata due volte. 57
Chiunque la deruba o la rompe, offende, con [una] bestemmia di fatto (=con un’azione sacrilega), Dio che la creò santa solo a proprio uso. 60
L’anima del primo uomo (=di Adamo), per aver morso [di] quella (=per averne morso il frutto), bramò [per] cinquemila anni e più, ne[lla] pena e ne[l] desiderio, colui (=Cristo) che punì quel morso in sé stesso (=riscattò tale peccato con la propria vita). 63
Il tuo ingegno dorme, se non capisce che essa è altissima e così capovolta nella cima (=con le fronde e i rami che si espandono verso la cima) per [una] ragione straordinaria. 66
E se i tuoi vaneggianti pensieri non fossero stati intorno alla tua mente [come l’] acqua de[ll’] Elsa (=non avessero circondato la tua mente di incrostazioni) e il piacere per quelli [non fosse stato come] un Piramo per il gelso (=non avesse macchiato, oscurato la tua intelligenza come il sangue di Piramo macchiò i frutti del gelso), 69
[anche] solamente per [queste] singolari circostanze, riconosceresti nell’albero, secondo il senso morale (=considerandolo nel suo significato morale), la giustizia di Dio [che si esprime] nel divieto [di toccarlo]. 72
Ma poichè io ti vedo fatto di pietra nell’intelletto (=vedo che non hai capito) e, così pietrificato, e ottenebrato che la luce delle mie parole ti abbaglia, 75
ciò nonostante, voglio che tu le conservi dentro di te, se non scolpite, almeno disegnate per lo stesso motivo per cui si porta il bastone [del pellegrino] cinto di [un ramo di] palma». 78
E io: «La mia mente ora è segnata da voi (=dalle vostre parole), così come [la] cera, che non altera la figura impressa, [è segnata] da[l] sigillo. 81
Ma perchè [la] vostra parola desiderata vola tanto più in alto de[lla] mia vista [intellettuale] (=della mia comprensione) che quanto più [essa] si sforza [di seguirla] [tanto] più la perde?». 84
Disse: «Affinchè [tu] conosca [di che tipo è] quella scuola (=dottrina) che hai seguito, e veda come [difficilmente] [il] suo insegnamento possa comprendere la mia parola; 87
e [affinchè tu] veda [la] vostra strada (=la sapienza del mondo) distare tanto da quella divina, quanto il cielo (=il Primo Mobile), che più in alto si affretta [nella sua orbita], è distante da[lla] Terra». 90
Per cui io le risposi: «Non mi ricordo di essermi mai allontanato da voi, nè ne ho coscienza che mi rimorda». 93
[Quella] rispose sorridendo: «E se tu non te ne puoi ricordare, ora ricordati [almeno] come oggi hai bevuto [l’acqua] de[l] Lete; 96
e se dal fumo si deduce [la presenza del] fuoco, questa dimenticanza dimostra chiaramente [che] [la tua] colpa [fu] nei tuoi desideri rivolti ad altro [rispetto a me]. 99
Del resto ormai le mie parole saranno spogliate [dei significati figurati] (=chiare), quanto sarà necessario scoprirle (=farle conoscere) alla tua rozza vista [intellettuale]». 102
E il sole, più splendente e a passi più lenti, occupava il cerchio de[l] mezzogiorno (=era sul meridiano), che si sposta qua e là, a seconda di chi guarda il cielo (=era mezzogiorno), 105
quando, così come si ferma chi cammina davanti ad altri come guida se trova [una] novità o [le] sue tracce, 108
le sette donne si fermarono al margine di un’ombra tenue, come [quella che] le Alpi (=le montagne) stendono, sotto foglie verdi e rami neri sopra [i] loro freddi ruscelli. 111
Davanti a esse (=alle sette donne) mi sembrò di vedere uscire da un’unica sorgente [il] Tigri e [l’] Eufrate e allontanarsi lentamente, come amici. 114
«O luce, o gloria dell’umanità, che acqua è questa che scaturisce qui da un’unica sorgente e si allontana da se stessa [dividendosi in due]?». 117
Per questa preghiera mi fu risposto: «Prega Matelda che te lo dica». E a questo punto la bella donna rispose, come fa chi si libera da [una] colpa: 120
«Questa e altre cose gli sono [già] state dette da me; e sono sicura che l’acqua de[l] Lete non gliele ha nascoste (=cancellate dalla memoria)». 123
E Beatrice: «Forse [una] preoccupazione maggiore, che spesso depriva la memoria, ha reso la sua mente oscura, nel vedere. 126
Ma vedi [l’] Eunoè che scorre là: portalo a esso, e come sei solita [fare], ravviva la sua facoltà [mnemonica] gravemente indebolita (=la facoltà di ricordare le opere buone compiute)». 129
Come [un’] anima gentile, che non adduce scuse, ma del volere altrui fa [il] suo [stesso] volere (conforma la propria volontà al volere altrui) appena [questo] è manifestato all’esterno da [un] segno; 132
così, dopo essere stato preso [per mano] da lei, la bella donna si mosse, e con grazia signorile disse a Stazio: «Vieni con lui». 135
Se io, lettore, avessi [uno] spazio più ampio per scrivere, io continuerei a cantare, quanto possibile, del dolce bere che non mi avrebbe mai saziato; 138
ma poichè tutte le pagine, destinate a questa seconda cantica, sono piene, il freno dell’arte (=la misura imposta alle varie parti del poema) non mi lascia procedere oltre. 141
Io ritornai da quel fiume santissimo [presso Beatrice] rinato così come [le] piante giovani rinnovate da nuove fronde, 144
purificato e pronto a salire alle stelle (=al cielo). 145