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Canto IX
La concubina di Titone antico
già s’imbiancava al balco d’oriente,
fuor de le braccia del suo dolce amico; 3
La compagna de[l] vecchio Titone (=l’Aurora) biancheggiava già presso il balcone d'oriente (=compariva pallida all’orizzonte orientale), fuori dalle braccia del suo dolce amante; 3
di gemme la sua fronte era lucente,
poste in figura del freddo animale
che con la coda percuote la gente; 6
la sua fronte (=l’estremità superiore del suo chiarore) era luminosa per [le] gemme (=le stelle), disposte secondo la figura del freddo animale che percuote la gente con la coda (= la costellazione dello Scorpione); 6
e la notte, de’ passi con che sale,
fatti avea due nel loco ov’eravamo,
e ‘l terzo già chinava in giuso l’ale; 9
e nel luogo dov’eravamo, la notte aveva fatto due, dei passi con cui sale [in cielo] (=due delle prime sei ore con le quali sale), e il terzo (=la terza ora) già stava per chiudere le ali (=era quasi compiuto/a); 9
quand’io, che meco avea di quel d’Adamo,
vinto dal sonno, in su l’erba inchinai
là ‘ve già tutti e cinque sedavamo. 12
quando io, che avevo con me qualcosa di Adamo (=avevo il corpo), vinto dal sonno, mi coricai sull'erba là dove ci eravamo in precedenza seduti tutti e cinque. 12
Ne l’ora che comincia i tristi lai
la rondinella presso a la mattina,
forse a memoria de’ suo’ primi guai, 15
Nell'ora in cui la rondinella comincia i [suoi] tristi lamenti sul far del mattino, forse a ricordo delle sue antiche sventure, 15
e che la mente nostra, peregrina
più da la carne e men da’ pensier presa,
a le sue vision quasi è divina, 18
e in cui la nostra mente, maggiormente distaccata dal corpo e meno presa dai pensieri [terreni] (=dalle preoccupazioni materiali), è quasi divinatrice nelle sue visioni [oniriche], 18
in sogno mi parea veder sospesa
un’aguglia nel ciel con penne d’oro,
con l’ali aperte e a calare intesa; 21
mi sembrava [di] vedere in sogno un'aquila librata nel cielo con penne d'oro, con le ali aperte e pronta a scendere; 21
ed esser mi parea là dove fuoro
abbandonati i suoi da Ganimede,
quando fu ratto al sommo consistoro. 24
e mi sembrava [di] essere là (=sul monte Ida) dove da Ganimede furono abbandonati i suoi [compagni], quando fu rapito per il supremo concilio [degli dei]. 24
Fra me pensava: ‘Forse questa fiede
pur qui per uso, e forse d’altro loco
disdegna di portarne suso in piede’. 27
Fra me pensavo: 'Forse questa [aquila] scende [a cacciare] per abitudine solo qui, e forse disdegna di portare [la preda] su con [gli] artigli da altri luoghi'. 27
Poi mi parea che, poi rotata un poco,
terribil come folgor discendesse,
e me rapisse suso infino al foco. 30
Poi mi sembrava che essa, dopo aver roteato un poco, scendesse terribile come [un] fulmine, e mi rapisse [portandomi] in alto fino al[la sfera del] fuoco. 30
Ivi parea che ella e io ardesse;
e sì lo ‘ncendio imaginato cosse,
che convenne che ‘l sonno si rompesse. 33
Qui sembrava che lei e io ardessimo; e il fuoco sognato [mi] scottò a tal punto, che fu necessario che il sonno si rompesse.
Non altrimenti Achille si riscosse,
li occhi svegliati rivolgendo in giro
e non sappiendo là dove si fosse, 36
quando la madre da Chirón a Schiro
trafuggò lui dormendo in le sue braccia,
là onde poi li Greci il dipartiro; 39
Achille, volgendo in giro gli occhi svegli senza sapere dove fosse, quando la madre (=Teti) lo trafugò dormiente tra le sue braccia da Chirone a Sciro, là da dove poi i Greci lo allontanarono, non si svegliò diversamente 36-39
che mi scoss’io, sì come da la faccia
mi fuggì ‘l sonno, e diventa’ ismorto,
come fa l’uom che, spaventato, agghiaccia. 42
rispetto a come mi risvegliai io, non appena il sonno mi fuggì dagli occhi, e divenni pallido, come fa l'uomo che, spaventato, gela. 42
Dallato m’era solo il mio conforto,
e ‘l sole er’alto già più che due ore,
e ‘l viso m’era a la marina torto. 45
Accanto a me c'era solo [Virgilio] il mio conforto, e il sole era già alto da più di due ore, e il mio sguardo era rivolto verso il mare. 45
«Non aver tema», disse il mio segnore;
«fatti sicur, ché noi semo a buon punto;
non stringer, ma rallarga ogne vigore. 48
Il mio maestro disse: «Non aver paura, rassicurati, poichè noi siamo a buon punto; non frenare, ma dà libero corso a ogni [tua] energia. 48
Tu se’ omai al purgatorio giunto:
vedi là il balzo che ‘l chiude dintorno;
vedi l’entrata là ‘ve par digiunto. 51
Tu sei giunto ormai al purgatorio: vedi là la parete rocciosa che lo chiude tutt'attorno; osserva l'entrata là dove [la parete] sembra interrotta. 51
Dianzi, ne l’alba che procede al giorno,
quando l’anima tua dentro dormia,
sovra li fiori ond’è là giù addorno 54
Poco fa, sul far dell'alba che precede il giorno, quando la tua anima dormiva dentro [al corpo], sopra i fiori di cui è adorno [il luogo] laggiù, 54
venne una donna, e disse: "I’ son Lucia;
lasciatemi pigliar costui che dorme;
sì l’agevolerò per la sua via". 57
venne una donna, e disse: "Io sono Lucia; lasciatemi prendere costui che dorme; così lo aiuterò nel suo cammino". 57
Sordel rimase e l’altre genti forme;
ella ti tolse, e come ‘l dì fu chiaro,
sen venne suso; e io per le sue orme. 60
Sordello e le altre nobili anime rimasero [là]; ella ti prese e, quando il giorno fu luminoso, se ne venne su; e io seguii le sue orme. 60
Qui ti posò, ma pria mi dimostraro
li occhi suoi belli quella intrata aperta;
poi ella e ‘l sonno ad una se n’andaro». 63
Ti posò qui, ma prima i suoi begli occhi mi mostrarono quell’entrata aperta; poi lei e il [tuo] sonno se ne andarono insieme». 63
A guisa d’uom che ‘n dubbio si raccerta
e che muta in conforto sua paura,
poi che la verità li è discoperta, 66
Come un uomo che [restato] in dubbio passa alla certezza e muta [la] sua paura in coraggio, dopo che gli è stata svelata la verità, 66
mi cambia’ io; e come sanza cura
vide me ‘l duca mio, su per lo balzo
si mosse, e io di rietro inver’ l’altura. 69
[così] mi trasformai io; e appena la mia guida mi vide senza preoccupazioni, si avviò su per il ripiano, e io [le andai] dietro verso il monte. 69
Lettor, tu vedi ben com’io innalzo
la mia matera, e però con più arte
non ti maravigliar s’io la rincalzo. 72
Lettore, tu vedi bene come io innalzo la mia materia (=l’argomento del canto), e perciò non meravigliarti se io la rafforzo con più arte (=con uno stile più elevato). 72
Noi ci appressammo, ed eravamo in parte,
che là dove pareami prima rotto,
pur come un fesso che muro diparte, 75
Noi ci avvicinammo, ed eravamo in [un] punto, che là dove prima mi sembrava [esserci] una spaccatura, proprio come una crepa che divide [un] muro, 75
vidi una porta, e tre gradi di sotto
per gire ad essa, di color diversi,
e un portier ch’ancor non facea motto. 78
vidi una porta, e sotto tre gradini per accedere a essa, di diversi colori, e un custode (=angelo guardiano) che ancora non pronunciava [nessuna] parola. 78
E come l’occhio più e più v’apersi,
vidil seder sovra ‘l grado sovrano,
tal ne la faccia ch’io non lo soffersi; 81
E quando aprii gli occhi sempre di più verso lui, lo vidi che sedeva sul gradino superiore, tale nel volto (=aveva il volto così splendente) che io non lo sopportai (=non ne sopportai la vista); 81
e una spada nuda avea in mano,
che reflettea i raggi sì ver’ noi,
ch’io drizzava spesso il viso in vano. 84
e aveva in mano una spada snudata, che rifletteva i raggi [del suo splendore] verso [di] noi con tale intensità, che io invano alzavo spesso [su di lui] lo sguardo. 84
«Dite costinci: che volete voi?»,
cominciò elli a dire, «ov’è la scorta?
Guardate che ‘l venir sù non vi nòi». 87
Egli cominciò a dire: «Dite da lì: voi che [cosa] volete? Dov’è la guida? Badate che il salire non vi danneggi». 87
«Donna del ciel, di queste cose accorta»,
rispuose ‘l mio maestro a lui, «pur dianzi
ne disse: "Andate là: quivi è la porta"». 90
Il mio maestro gli rispose: «[Una] donna del cielo, esperta di queste cose, poco fa ci disse: "Andate, là: in quel punto c’è la porta"». 90
«Ed ella i passi vostri in bene avanzi»,
ricominciò il cortese portinaio:
«Venite dunque a’ nostri gradi innanzi». 93
Il cortese portinaio ricominciò: «E lei faccia avanzare i vostri passi verso [il] bene. Venite dunque davanti ai nostri gradini». 93
Là ne venimmo; e lo scaglion primaio
bianco marmo era sì pulito e terso,
ch’io mi specchiai in esso qual io paio. 96
Andammo là; e il primo gradino [di] marmo bianco era così pulito e lucente, che io mi ci specchiai come io appaio. 96
Era il secondo tinto più che perso,
d’una petrina ruvida e arsiccia,
crepata per lo lungo e per traverso. 99
Il secondo era scuro più del colore perso, di pietra ruvida e arida, percorsa da crepe in lunghezza e in larghezza. 99
Lo terzo, che di sopra s’ammassiccia,
porfido mi parea, sì fiammeggiante,
come sangue che fuor di vena spiccia. 102
Il terzo, che si colloca massiccio sopra [gli altri due], mi sembrava [di] porfido, così fiammeggiante, come sangue che sgorga fuori da [una] vena. 102
Sovra questo tenea ambo le piante
l’angel di Dio, sedendo in su la soglia,
che mi sembiava pietra di diamante. 105
Sopra questo [gradino] l'angelo di Dio teneva entrambi i piedi (=stava saldamente appoggiato), sedendo sulla soglia, che mi sembrava pietra di diamante. 105
Per li tre gradi sù di buona voglia
mi trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi
umilemente che ‘l serrame scioglia». 108
La mia guida accompagnò me [che lo seguivo] di buona voglia su per i tre gradini, dicendo: «Chiedi umilmente che apra la serratura». 108
Divoto mi gittai a’ santi piedi;
misericordia chiesi e ch’el m’aprisse,
ma tre volte nel petto pria mi diedi. 111
Devotamente mi gettai ai santi piedi [dell'angelo]; chiesi misericordia e che egli mi aprisse, ma prima mi battei tre volte il petto. 111
Sette P ne la fronte mi descrisse
col punton de la spada, e «Fa che lavi,
quando se’ dentro, queste piaghe», disse. 114
Con la punta della spada mi incise sette P sulla fronte, e disse: «Fa' in modo di cancellare queste ferite, quando sarai dentro». 114
Cenere, o terra che secca si cavi,
d’un color fora col suo vestimento;
e di sotto da quel trasse due chiavi. 117
[La] cenere, o [la] terra che si estrae secca, sarebbe[ro] dello stesso colore della sua veste; e di sotto a questa estrasse due chiavi. 117
L’una era d’oro e l’altra era d’argento;
pria con la bianca e poscia con la gialla
fece a la porta sì, ch’i’ fu’ contento. 120
Una era d'oro e l'altra era d'argento; prima con la bianca (=d’argento) e poi con la gialla (=d’oro) [l’angelo] agì sulla porta, cosicchè io fui contento (=aprì la porta). 120
«Quandunque l’una d’este chiavi falla,
che non si volga dritta per la toppa»,
diss’elli a noi, «non s’apre questa calla. 123
Egli ci disse: «Tutte le volte che una di queste chiavi fallisce, per il fatto che non gira correttamene nella toppa, questa porta non si apre. 123
Più cara è l’una; ma l’altra vuol troppa
d’arte e d’ingegno avanti che diserri,
perch’ella è quella che ‘l nodo digroppa. 126
Più preziosa è l’una (=quella d’oro); ma l'altra richiede molta dottrina e acutezza prima di aprire, perché essa è quella che scioglie il nodo [del peccato]. 126
Da Pier le tegno; e dissemi ch’i’ erri
anzi ad aprir ch’a tenerla serrata,
pur che la gente a’ piedi mi s’atterri». 129
Le ho ricevute da Pietro (=san Pietro); e mi disse di sbagliare piuttosto nell’aprir[la] [con indulgenza] che nel tenerla chiusa, a condizione che le anime mi si gettino ai piedi». 129
Poi pinse l’uscio a la porta sacrata,
dicendo: «Intrate; ma facciovi accorti
che di fuor torna chi ‘n dietro si guata». 132
Poi spinse i battenti della sacra porta, dicendo: «Entrate; ma vi avverto che chi si guarda indietro deve tornare fuori». 132
E quando fuor ne’ cardini distorti
li spigoli di quella regge sacra,
che di metallo son sonanti e forti, 135
E quando i perni di quella porta sacra, che sono di metallo forti e risuonanti, furono girati nei cardini, 135
non rugghiò sì né si mostrò sì acra
Tarpea, come tolto le fu il buono
Metello, per che poi rimase macra. 138
non stridette così nè si mostrò così resistente Tarpea (=la porta del tempio di Saturno sulla rupe Tarpea), quando le fu sottratto il valente Metello, per cui poi rimase svuotata [del suo tesoro]. 138
Io mi rivolsi attento al primo tuono,
e ‘Te Deum laudamus’ mi parea
udire in voce mista al dolce suono. 141
Io prestai molta attenzione al primo rumore, e mi pareva di udire [il] ‘Te Deum laudamus’ (=Noi ti lodiamo, Dip) con parole miste al dolce suono. 141
Tale imagine a punto mi rendea
ciò ch’io udiva, qual prender si suole
quando a cantar con organi si stea; 144
Ciò che io udivo mi procurava esattamente [la] stessa impressione, che si suole ricevere quando si stia a cantare in polifonia; 144
ch’or sì or no s’intendon le parole. 145
quando le parole si sentono ora sì, ora no (=ora si odono distintamente, ora no). 145
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto IX
La concubina di Titone antico
già s’imbiancava al balco d’oriente,
fuor de le braccia del suo dolce amico; 3
di gemme la sua fronte era lucente,
poste in figura del freddo animale
che con la coda percuote la gente; 6
e la notte, de’ passi con che sale,
fatti avea due nel loco ov’eravamo,
e ‘l terzo già chinava in giuso l’ale; 9
quand’io, che meco avea di quel d’Adamo,
vinto dal sonno, in su l’erba inchinai
là ‘ve già tutti e cinque sedavamo. 12
Ne l’ora che comincia i tristi lai
la rondinella presso a la mattina,
forse a memoria de’ suo’ primi guai, 15
e che la mente nostra, peregrina
più da la carne e men da’ pensier presa,
a le sue vision quasi è divina, 18
in sogno mi parea veder sospesa
un’aguglia nel ciel con penne d’oro,
con l’ali aperte e a calare intesa; 21
ed esser mi parea là dove fuoro
abbandonati i suoi da Ganimede,
quando fu ratto al sommo consistoro. 24
Fra me pensava: ‘Forse questa fiede
pur qui per uso, e forse d’altro loco
disdegna di portarne suso in piede’. 27
Poi mi parea che, poi rotata un poco,
terribil come folgor discendesse,
e me rapisse suso infino al foco. 30
Ivi parea che ella e io ardesse;
e sì lo ‘ncendio imaginato cosse,
che convenne che ‘l sonno si rompesse. 33
Non altrimenti Achille si riscosse,
li occhi svegliati rivolgendo in giro
e non sappiendo là dove si fosse, 36
quando la madre da Chirón a Schiro
trafuggò lui dormendo in le sue braccia,
là onde poi li Greci il dipartiro; 39
che mi scoss’io, sì come da la faccia
mi fuggì ‘l sonno, e diventa’ ismorto,
come fa l’uom che, spaventato, agghiaccia. 42
Dallato m’era solo il mio conforto,
e ‘l sole er’alto già più che due ore,
e ‘l viso m’era a la marina torto. 45
«Non aver tema», disse il mio segnore;
«fatti sicur, ché noi semo a buon punto;
non stringer, ma rallarga ogne vigore. 48
Tu se’ omai al purgatorio giunto:
vedi là il balzo che ‘l chiude dintorno;
vedi l’entrata là ‘ve par digiunto. 51
Dianzi, ne l’alba che procede al giorno,
quando l’anima tua dentro dormia,
sovra li fiori ond’è là giù addorno 54
venne una donna, e disse: "I’ son Lucia;
lasciatemi pigliar costui che dorme;
sì l’agevolerò per la sua via". 57
Sordel rimase e l’altre genti forme;
ella ti tolse, e come ‘l dì fu chiaro,
sen venne suso; e io per le sue orme. 60
Qui ti posò, ma pria mi dimostraro
li occhi suoi belli quella intrata aperta;
poi ella e ‘l sonno ad una se n’andaro». 63
A guisa d’uom che ‘n dubbio si raccerta
e che muta in conforto sua paura,
poi che la verità li è discoperta, 66
mi cambia’ io; e come sanza cura
vide me ‘l duca mio, su per lo balzo
si mosse, e io di rietro inver’ l’altura. 69
Lettor, tu vedi ben com’io innalzo
la mia matera, e però con più arte
non ti maravigliar s’io la rincalzo. 72
Noi ci appressammo, ed eravamo in parte,
che là dove pareami prima rotto,
pur come un fesso che muro diparte, 75
vidi una porta, e tre gradi di sotto
per gire ad essa, di color diversi,
e un portier ch’ancor non facea motto. 78
E come l’occhio più e più v’apersi,
vidil seder sovra ‘l grado sovrano,
tal ne la faccia ch’io non lo soffersi; 81
e una spada nuda avea in mano,
che reflettea i raggi sì ver’ noi,
ch’io drizzava spesso il viso in vano. 84
«Dite costinci: che volete voi?»,
cominciò elli a dire, «ov’è la scorta?
Guardate che ‘l venir sù non vi nòi». 87
«Donna del ciel, di queste cose accorta»,
rispuose ‘l mio maestro a lui, «pur dianzi
ne disse: "Andate là: quivi è la porta"». 90
«Ed ella i passi vostri in bene avanzi»,
ricominciò il cortese portinaio:
«Venite dunque a’ nostri gradi innanzi». 93
Là ne venimmo; e lo scaglion primaio
bianco marmo era sì pulito e terso,
ch’io mi specchiai in esso qual io paio. 96
Era il secondo tinto più che perso,
d’una petrina ruvida e arsiccia,
crepata per lo lungo e per traverso. 99
Lo terzo, che di sopra s’ammassiccia,
porfido mi parea, sì fiammeggiante,
come sangue che fuor di vena spiccia. 102
Sovra questo tenea ambo le piante
l’angel di Dio, sedendo in su la soglia,
che mi sembiava pietra di diamante. 105
Per li tre gradi sù di buona voglia
mi trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi
umilemente che ‘l serrame scioglia». 108
Divoto mi gittai a’ santi piedi;
misericordia chiesi e ch’el m’aprisse,
ma tre volte nel petto pria mi diedi. 111
Sette P ne la fronte mi descrisse
col punton de la spada, e «Fa che lavi,
quando se’ dentro, queste piaghe», disse. 114
Cenere, o terra che secca si cavi,
d’un color fora col suo vestimento;
e di sotto da quel trasse due chiavi. 117
L’una era d’oro e l’altra era d’argento;
pria con la bianca e poscia con la gialla
fece a la porta sì, ch’i’ fu’ contento. 120
«Quandunque l’una d’este chiavi falla,
che non si volga dritta per la toppa»,
diss’elli a noi, «non s’apre questa calla. 123
Più cara è l’una; ma l’altra vuol troppa
d’arte e d’ingegno avanti che diserri,
perch’ella è quella che ‘l nodo digroppa. 126
Da Pier le tegno; e dissemi ch’i’ erri
anzi ad aprir ch’a tenerla serrata,
pur che la gente a’ piedi mi s’atterri». 129
Poi pinse l’uscio a la porta sacrata,
dicendo: «Intrate; ma facciovi accorti
che di fuor torna chi ‘n dietro si guata». 132
E quando fuor ne’ cardini distorti
li spigoli di quella regge sacra,
che di metallo son sonanti e forti, 135
non rugghiò sì né si mostrò sì acra
Tarpea, come tolto le fu il buono
Metello, per che poi rimase macra. 138
Io mi rivolsi attento al primo tuono,
e ‘Te Deum laudamus’ mi parea
udire in voce mista al dolce suono. 141
Tale imagine a punto mi rendea
ciò ch’io udiva, qual prender si suole
quando a cantar con organi si stea; 144
ch’or sì or no s’intendon le parole. 145
Canto IX
La compagna de[l] vecchio Titone (=l’Aurora) biancheggiava già presso il balcone d'oriente (=compariva pallida all’orizzonte orientale), fuori dalle braccia del suo dolce amante; 3
la sua fronte (=l’estremità superiore del suo chiarore) era luminosa per [le] gemme (=le stelle), disposte secondo la figura del freddo animale che percuote la gente con la coda (= la costellazione dello Scorpione); 6
e nel luogo dov’eravamo, la notte aveva fatto due, dei passi con cui sale [in cielo] (=due delle prime sei ore con le quali sale), e il terzo (=la terza ora) già stava per chiudere le ali (=era quasi compiuto/a); 9
quando io, che avevo con me qualcosa di Adamo (=avevo il corpo), vinto dal sonno, mi coricai sull'erba là dove ci eravamo in precedenza seduti tutti e cinque. 12
Nell'ora in cui la rondinella comincia i [suoi] tristi lamenti sul far del mattino, forse a ricordo delle sue antiche sventure, 15
e in cui la nostra mente, maggiormente distaccata dal corpo e meno presa dai pensieri [terreni] (=dalle preoccupazioni materiali), è quasi divinatrice nelle sue visioni [oniriche], 18
mi sembrava [di] vedere in sogno un'aquila librata nel cielo con penne d'oro, con le ali aperte e pronta a scendere; 21
e mi sembrava [di] essere là (=sul monte Ida) dove da Ganimede furono abbandonati i suoi [compagni], quando fu rapito per il supremo concilio [degli dei]. 24
Fra me pensavo: 'Forse questa [aquila] scende [a cacciare] per abitudine solo qui, e forse disdegna di portare [la preda] su con [gli] artigli da altri luoghi'. 27
Poi mi sembrava che essa, dopo aver roteato un poco, scendesse terribile come [un] fulmine, e mi rapisse [portandomi] in alto fino al[la sfera del] fuoco. 30
Qui sembrava che lei e io ardessimo; e il fuoco sognato [mi] scottò a tal punto, che fu necessario che il sonno si rompesse. 33
Achille, volgendo in giro gli occhi svegli senza sapere dove fosse, quando la madre (=Teti) lo trafugò dormiente tra le sue braccia da Chirone a Sciro, là da dove poi i Greci lo allontanarono, non si svegliò diversamente 36-39
rispetto a come mi risvegliai io, non appena il sonno mi fuggì dagli occhi, e divenni pallido, come fa l'uomo che, spaventato, gela. 42
Accanto a me c'era solo [Virgilio] il mio conforto, e il sole era già alto da più di due ore, e il mio sguardo era rivolto verso il mare. 45
Il mio maestro disse: «Non aver paura, rassicurati, poichè noi siamo a buon punto; non frenare, ma dà libero corso a ogni [tua] energia. 48
Tu sei giunto ormai al purgatorio: vedi là la parete rocciosa che lo chiude tutt'attorno; osserva l'entrata là dove [la parete] sembra interrotta. 51
Poco fa, sul far dell'alba che precede il giorno, quando la tua anima dormiva dentro [al corpo], sopra i fiori di cui è adorno [il luogo] laggiù, 54
venne una donna, e disse: "Io sono Lucia; lasciatemi prendere costui che dorme; così lo aiuterò nel suo cammino". 57
Sordello e le altre nobili anime rimasero [là]; ella ti prese e, quando il giorno fu luminoso, se ne venne su; e io seguii le sue orme. 60
Ti posò qui, ma prima i suoi begli occhi mi mostrarono quell’entrata aperta; poi lei e il [tuo] sonno se ne andarono insieme». 63
Come un uomo che [restato] in dubbio passa alla certezza e muta [la] sua paura in coraggio, dopo che gli è stata svelata la verità, 66
[così] mi trasformai io; e appena la mia guida mi vide senza preoccupazioni, si avviò su per il ripiano, e io [le andai] dietro verso il monte. 69
Lettore, tu vedi bene come io innalzo la mia materia (=l’argomento del canto), e perciò non meravigliarti se io la rafforzo con più arte (=con uno stile più elevato). 72
Noi ci avvicinammo, ed eravamo in [un] punto, che là dove prima mi sembrava [esserci] una spaccatura, proprio come una crepa che divide [un] muro, 75
vidi una porta, e sotto tre gradini per accedere a essa, di diversi colori, e un custode (=angelo guardiano) che ancora non pronunciava [nessuna] parola. 78
E quando aprii gli occhi sempre di più verso lui, lo vidi che sedeva sul gradino superiore, tale nel volto (=aveva il volto così splendente) che io non lo sopportai (=non ne sopportai la vista); 81
e aveva in mano una spada snudata, che rifletteva i raggi [del suo splendore] verso [di] noi con tale intensità, che io invano alzavo spesso [su di lui] lo sguardo. 84
Egli cominciò a dire: «Dite da lì: voi che [cosa] volete? Dov’è la guida? Badate che il salire non vi danneggi». 87
Il mio maestro gli rispose: «[Una] donna del cielo, esperta di queste cose, poco fa ci disse: "Andate, là: in quel punto c’è la porta"». 90
Il cortese portinaio ricominciò: «E lei faccia avanzare i vostri passi verso [il] bene. Venite dunque davanti ai nostri gradini». 93
Andammo là; e il primo gradino [di] marmo bianco era così pulito e lucente, che io mi ci specchiai come io appaio. 96
Il secondo era scuro più del colore perso, di pietra ruvida e arida, percorsa da crepe in lunghezza e in larghezza. 99
Il terzo, che si colloca massiccio sopra [gli altri due], mi sembrava [di] porfido, così fiammeggiante, come sangue che sgorga fuori da [una] vena. 102
Sopra questo [gradino] l'angelo di Dio teneva entrambi i piedi (=stava saldamente appoggiato), sedendo sulla soglia, che mi sembrava pietra di diamante. 105
La mia guida accompagnò me [che lo seguivo] di buona voglia su per i tre gradini, dicendo: «Chiedi umilmente che apra la serratura». 108
Devotamente mi gettai ai santi piedi [dell'angelo]; chiesi misericordia e che egli mi aprisse, ma prima mi battei tre volte il petto. 111
Con la punta della spada mi incise sette P sulla fronte, e disse: «Fa' in modo di cancellare queste ferite, quando sarai dentro». 114
[La] cenere, o [la] terra che si estrae secca, sarebbe[ro] dello stesso colore della sua veste; e di sotto a questa estrasse due chiavi. 117
Una era d'oro e l'altra era d'argento; prima con la bianca (=d’argento) e poi con la gialla (=d’oro) [l’angelo] agì sulla porta, cosicchè io fui contento (=aprì la porta). 120
Egli ci disse: «Tutte le volte che una di queste chiavi fallisce, per il fatto che non gira correttamene nella toppa, questa porta non si apre. 123
Più preziosa è l’una (=quella d’oro); ma l'altra richiede molta dottrina e acutezza prima di aprire, perché essa è quella che scioglie il nodo [del peccato]. 126
Le ho ricevute da Pietro (=san Pietro); e mi disse di sbagliare piuttosto nell’aprir[la] [con indulgenza] che nel tenerla chiusa, a condizione che le anime mi si gettino ai piedi». 129
Poi spinse i battenti della sacra porta, dicendo: «Entrate; ma vi avverto che chi si guarda indietro deve tornare fuori». 132
E quando i perni di quella porta sacra, che sono di metallo forti e risuonanti, furono girati nei cardini, 135
non stridette così nè si mostrò così resistente Tarpea (=la porta del tempio di Saturno sulla rupe Tarpea), quando le fu sottratto il valente Metello, per cui poi rimase svuotata [del suo tesoro]. 138
Io prestai molta attenzione al primo rumore, e mi pareva di udire [il] ‘Te Deum laudamus’ (=Noi ti lodiamo, Dip) con parole miste al dolce suono. 141
Ciò che io udivo mi procurava esattamente [la] stessa impressione, che si suole ricevere quando si stia a cantare in polifonia; 144
quando le parole si sentono ora sì, ora no (=ora si odono distintamente, ora no). 145