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Canto XXII
Già era l’angel dietro a noi rimaso,
l’angel che n’avea vòlti al sesto giro,
avendomi dal viso un colpo raso; 3
L’angelo era ormai rimasto dietro a noi, l’angelo che ci aveva avviati verso il sesto girone, dopo avermi cancellato dalla fronte un’[altra] ferita (=un’altra P); 3
e quei c’hanno a giustizia lor disiro
detto n’avea beati, e le sue voci
con ‘sitiunt’, sanz’altro, ciò forniro. 6
e a noi aveva dichiarato beati coloro che volgono [il] loro desiderio a[lla] giustizia e la sua voce concluse ciò con ‘sitiunt’ (=hanno sete), senza [aggiungere] altro. 6
E io più lieve che per l’altre foci
m’andava, sì che sanz’alcun labore
seguiva in sù li spiriti veloci; 9
E io avanzavo più leggero che per gli altri passaggi, tanto che, senza alcuna fatica, seguivo in alto quegli spiriti veloci (=Virgilio e Stazio); 9
quando Virgilio incominciò: «Amore,
acceso di virtù, sempre altro accese,
pur che la fiamma sua paresse fore; 12
quando Virgilio incominciò: «l’Amore, acceso da[lla] virtù, accese sempre [un] altro [amore], purchè la sua fiamma apparisse all’esterno; 12
onde da l’ora che tra noi discese
nel limbo de lo ‘nferno Giovenale,
che la tua affezion mi fé palese, 15
per cui, dal momento in cui nel limbo dell’inferno discese tra noi Giovenale, che mi palesò il tuo affetto, 15
mia benvoglienza inverso te fu quale
più strinse mai di non vista persona,
sì ch’or mi parran corte queste scale. 18
[il] mio affetto verso te fu tale quale mai strinse di più [qualcuno] a una persona non vista, sicchè ora queste scale mi parranno corte. 18
Ma dimmi, e come amico mi perdona
se troppa sicurtà m’allarga il freno,
e come amico omai meco ragiona: 21
Ma dimmi, e come amico perdonami se [l’] eccessiva franchezza mi allenta le redini [del riserbo], e come amico ormai parla con me: 21
come poté trovar dentro al tuo seno
loco avarizia, tra cotanto senno
di quanto per tua cura fosti pieno?». 24
come potè trovare posto nel tuo animo [l’] avarizia, tra tanta sapienza di cui, per tuo merito, fosti ripieno?». 24
Queste parole Stazio mover fenno
un poco a riso pria; poscia rispuose:
«Ogne tuo dir d’amor m’è caro cenno. 27
Queste parole dapprima fecero muovere Stazio un poco a[l] sorriso; poi rispose: «Ogni tua parola è per me [un] chiaro segno d’amore. 27
Veramente più volte appaion cose
che danno a dubitar falsa matera
per le vere ragion che son nascose. 30
Veramente spesse volte si vedono cose che offrono falso argomento a[l] dubbio, [solo] perchè le [loro] vere cause [ci] sono nascoste. 30
La tua dimanda tuo creder m’avvera
esser ch’i’ fossi avaro in l’altra vita,
forse per quella cerchia dov’io era. 33
La tua domanda mi fa ritenere vero che tu creda che io fossi avaro nell’altra vita, forse per quel cerchio in cui io mi trovavo. 33
Or sappi ch’avarizia fu partita
troppo da me, e questa dismisura
migliaia di lunari hanno punita. 36
Ora sappi che [l’] avarizia fu [anche] troppo lontana da me, e questo eccesso [l’] hanno punito migliaia di lunazioni (=di mesi). 36
E se non fosse ch’io drizzai mia cura,
quand’io intesi là dove tu chiame,
crucciato quasi a l’umana natura: 39
E se non fosse che io corressi [i] miei propositi, quando io compresi quel passo [dell’Eneide] dove tu, quasi crucciato contro la natura umana, gridi: 39
‘Per che non reggi tu, o sacra fame
de l’oro, l’appetito de’ mortali?’,
voltando sentirei le giostre grame. 42
‘O esecranda fame dell’oro, perché tu non mantieni nel giusto mezzo gli appetiti degli uomini?’, [ora] ascolterei i miserabili scontri voltando [pesi]. 42
Allor m’accorsi che troppo aprir l’ali
potean le mani a spendere, e pente’mi
così di quel come de li altri mali. 45
Allora mi accorsi che le mani potevano allargarsi troppo ne[llo] spendere, e mi pentii di quel peccato così come degli altri. 45
Quanti risurgeran coi crini scemi
per ignoranza, che di questa pecca
toglie ‘l penter vivendo e ne li stremi! 48
Quanti [prodighi] risorgeranno con i capelli tagliati per [l’] ignoranza, che toglie il pentirsi (=la possibilità di pentirsi) di questo peccato in vita e in punto di morte! 48
E sappie che la colpa che rimbecca
per dritta opposizione alcun peccato,
con esso insieme qui suo verde secca; 51
E sappi che la colpa che si contrappone in senso diametralmente opposto a un determinato peccato, qui inaridisce (=si cancella) insieme con esso; 51
però, s’io son tra quella gente stato
che piange l’avarizia, per purgarmi,
per lo contrario suo m’è incontrato». 54
perciò, se io, per purificarmi, sono stato tra quelle anime che piangono l’avarizia, mi è accaduto per il [suo] contrario (=per prodigalità)». 54
«Or quando tu cantasti le crude armi
de la doppia trestizia di Giocasta»,
disse ‘l cantor de’ buccolici carmi, 57
L’autore (=Virgilio) dei carmi bucolici disse: «Ora quando tu cantasti la guerra crudele del duplice dolore di Giocasta (=la guerra di coloro che provocarono il duplice dolore di Giocasta cioè la guerra tra Eteocle e Polinice)». 57
«per quello che Cliò teco lì tasta,
non par che ti facesse ancor fedele
la fede, sanza qual ben far non basta. 60
«da quello che Clio suona lì (=in quel poema) con te (=da quello che racconti ispirato da Clio), non sembra che la fede ti avesse ancora reso cristiano, senza [la] quale [le] opere buone non bastano. 60
Se così è, qual sole o quai candele
ti stenebraron sì, che tu drizzasti
poscia di retro al pescator le vele?». 63
Se è così, quale sole (=Grazia) o quali candele (=insegnamenti filosofici) ti tolsero dalle tenebre così, che tu poi alzasti le vele al seguito del pescatore (=di San Pietro)?». 63
Ed elli a lui: «Tu prima m’inviasti
verso Parnaso a ber ne le sue grotte,
e prima appresso Dio m’alluminasti. 66
Ed egli a lui: «Tu per primo m’avviasti verso [il] Parnaso (=alla poesia) per bere nelle sue grotte, e per primo mi illuminasti [la strada] verso Dio. 66
Facesti come quei che va di notte,
che porta il lume dietro e sé non giova,
ma dopo sé fa le persone dotte, 69
Facesti come colui che va di notte, che porta il lume di dietro e non giova a sè [stesso], ma rende esperte [del cammino] le persone dietro di lui. 69
quando dicesti: ‘Secol si rinova;
torna giustizia e primo tempo umano,
e progenie scende da ciel nova’. 72
quando dicesti: ‘[Il] mondo si rinnova; torna [la] giustizia e [la] prima età dell’uomo, e [una] nuova progenie scende da[l] cielo’. 72
Per te poeta fui, per te cristiano:
ma perché veggi mei ciò ch’io disegno,
a colorare stenderò la mano. 75
Grazie a te divenni poeta, grazie a te cristiano: ma affinchè [tu] veda meglio ciò che io disegno, distenderò la mano per colorare. 75
Già era ‘l mondo tutto quanto pregno
de la vera credenza, seminata
per li messaggi de l’etterno regno; 78
Il mondo era già tutto quanto pieno della vera fede, diffusa dai messaggeri del regno eterno (=dagli apostoli); 78
e la parola tua sopra toccata
si consonava a’ nuovi predicanti;
ond’io a visitarli presi usata. 81
e le tue parole sopra citate si accordavano con [le parole de]i nuovi predicatori; per cui io presi [l’] abitudine di frequentarli. 81
Vennermi poi parendo tanto santi,
che, quando Domizian li perseguette,
sanza mio lagrimar non fur lor pianti; 84
[Essi] poi mi si vennero rivelando tanto santi che, quando Domiziano li perseguitò, [i] loro pianti non furono senza [le] mie lacrime (=unii il mio pianto al loro); 84
e mentre che di là per me si stette,
io li sovvenni, e i lor dritti costumi
fer dispregiare a me tutte altre sette. 87
e finchè rimasi di là (=sulla terra) (=finchè vissi), io li aiutai, e i loro retti costumi mi fecero disprezzare tutte [le] altre credenze [religiose o filosofiche]. 87
E pria ch’io conducessi i Greci a’ fiumi
di Tebe poetando, ebb’io battesmo;
ma per paura chiuso cristian fu’mi, 90
E prima che io, con la mia poesia, conducessi i Greci ai fiumi di Tebe (=cantassi dei Greci che giungono con gli eserciti ai fiumi di Tebe), io ricevetti il battesimo; ma per paura fui cristiano nascosto, 90
lungamente mostrando paganesmo;
e questa tepidezza il quarto cerchio
cerchiar mi fé più che ‘l quarto centesmo. 93
mostrando[mi] per lungo tempo pagano; e questa pusillanimità mi fece percorrere in cerchio la quarta cornice per più di quattro secoli. 93
Tu dunque, che levato hai il coperchio
che m’ascondeva quanto bene io dico,
mentre che del salire avem soverchio, 96
Tu dunque, che hai tolto il coperchio (=l’impedimento) che mi nascondeva tutto il bene di cui parlo (=la verità cristiana), mentre ci avanza [ancora] della salita, 96
dimmi dov’è Terrenzio nostro antico,
Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai:
dimmi se son dannati, e in qual vico». 99
dimmi dov’è [il] nostro antico Terenzio, [dove sono] Cecilio e Plauto e Varrone, se lo sai: dimmi se sono dannati, e in quale luogo [dell’Inferno]». 99
«Costoro e Persio e io e altri assai»,
rispuose il duca mio, «siam con quel Greco
che le Muse lattar più ch’altri mai, 102
La mia guida rispose: «Costoro e Persio e io e molti altri siamo con quel [poeta] greco (=Omero) che le Muse allattarono più di chiunque altro, 102
nel primo cinghio del carcere cieco:
spesse fiate ragioniam del monte
che sempre ha le nutrice nostre seco. 105
nel primo cerchio del carcere oscuro (=dell’Inferno): spesso parliamo del monte (=del Parnaso) che ha sempre con sè le nostre nutrici. 105
Euripide v’è nosco e Antifonte,
Simonide, Agatone e altri piùe
Greci che già di lauro ornar la fronte. 108
Euripide è lì con noi e [ci sono] Antifonte, Simonide, Agatone e molti altri greci che un tempo ornarono la fronte con [l’] alloro. 108
Quivi si veggion de le genti tue
Antigone, Deifile e Argia,
e Ismene sì trista come fue. 111
Dei tuoi personaggi lì si vedono Antigone, Deifile e Argia e Ismene così triste come fu [in vita]. 111
Védeisi quella che mostrò Langia;
èvvi la figlia di Tiresia, e Teti
e con le suore sue Deidamia». 114
Vi si vede colei che mostrò [la fonte] Langia (=Isifile); vi è la figlia di Tiresia (=Manto), e Teti e Deidamia con le sue sorelle. 114
Tacevansi ambedue già li poeti,
di novo attenti a riguardar dintorno,
liberi da saliri e da pareti; 117
Ormai entrambi i poeti tacevano, nuovamente attenti a guardare intorno, liberi da scalini e da pareti; 117
e già le quattro ancelle eran del giorno
rimase a dietro, e la quinta era al temo,
drizzando pur in sù l’ardente corno, 120
e ormai le quattro ancelle del giorno (=le ore) erano rimaste indietro, e la quinta era al timone [del carro solare], drizzando sempre in alto l’ardente punta, 120
quando il mio duca: «Io credo ch’a lo stremo
le destre spalle volger ne convegna,
girando il monte come far solemo». 123
quando la mia guida: «Io credo che ci convenga volgere la spalla destra verso l’estremità [della cornice], girando intorno al monte come siamo soliti fare». 123
Così l’usanza fu lì nostra insegna,
e prendemmo la via con men sospetto
per l’assentir di quell’anima degna. 126
Così l’abitudine fu lì la nostra indicazione, e prendemmo la via con meno timore per l’assenso di quell’anima con grandi meriti (=di Stazio). 126
Elli givan dinanzi, e io soletto
di retro, e ascoltava i lor sermoni,
ch’a poetar mi davano intelletto. 129
Essi camminavano davanti, e io tutto solo dietro, e [intanto] ascoltavo i loro discorsi, che mi davano ammaestramento per poetare. 129
Ma tosto ruppe le dolci ragioni
un alber che trovammo in mezza strada,
con pomi a odorar soavi e buoni; 132
Ma improvvisamente un albero che trovammo in mezzo alla strada, con frutti dal profumo soave e buono, interruppe i dolci ragionamenti; 132
e come abete in alto si digrada
di ramo in ramo, così quello in giuso,
cred’io, perché persona sù non vada. 135
e come [l’] abete digrada di ramo in ramo verso l’alto, così quello [digradava] verso il basso, io credo, perchè nessuno salga. 135
Dal lato onde ‘l cammin nostro era chiuso,
cadea de l’alta roccia un liquor chiaro
e si spandeva per le foglie suso. 138
Dal lato in cui il nostro cammino era sbarrato (=dalla parte interna della cornice), cadeva dall’alta roccia un’acqua limpida e si spandeva sopra le foglie. 138
Li due poeti a l’alber s’appressaro;
e una voce per entro le fronde
gridò: «Di questo cibo avrete caro». 141
I due poeti si avvicinarono all’albero; e una voce dall’interno delle fronde gridò: «Di questo cibo avrete carenza». 141
Poi disse: «Più pensava Maria onde
fosser le nozze orrevoli e intere,
ch’a la sua bocca, ch’or per voi risponde. 144
Poi disse: «Maria pensava più a far sì che le nozze fossero onorevoli e complete, che alla sua bocca, che ora intercede per voi. 144
E le Romane antiche, per lor bere,
contente furon d’acqua; e Daniello
dispregiò cibo e acquistò savere. 147
E le antiche Romane, per dissetarsi, si accontentarono d[ell’] acqua; e [il profeta)] Daniele disprezzò [il] cibo e acquistò sapienza. 147
Lo secol primo, quant’oro fu bello,
fé savorose con fame le ghiande,
e nettare con sete ogne ruscello. 150
La prima età dell’uomo, fino a che fu di oro puro, per [la] fame rese saporite le ghiande, e per [la] sete [rese] nettare ogni ruscello. 150
Mele e locuste furon le vivande
che nodriro il Batista nel diserto;
per ch’elli è glorioso e tanto grande 153
Miele [selvatico] e locuste furono il cibo che nutrì il Battista nel deserto; per questo egli è glorioso e tanto grande 153
quanto per lo Vangelio v’è aperto». 154
quanto vi è rivelato dal Vangelo». 154
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto XXII
Già era l’angel dietro a noi rimaso,
l’angel che n’avea vòlti al sesto giro,
avendomi dal viso un colpo raso; 3
e quei c’hanno a giustizia lor disiro
detto n’avea beati, e le sue voci
con ‘sitiunt’, sanz’altro, ciò forniro. 6
E io più lieve che per l’altre foci
m’andava, sì che sanz’alcun labore
seguiva in sù li spiriti veloci; 9
quando Virgilio incominciò: «Amore,
acceso di virtù, sempre altro accese,
pur che la fiamma sua paresse fore; 12
onde da l’ora che tra noi discese
nel limbo de lo ‘nferno Giovenale,
che la tua affezion mi fé palese, 15
mia benvoglienza inverso te fu quale
più strinse mai di non vista persona,
sì ch’or mi parran corte queste scale. 18
Ma dimmi, e come amico mi perdona
se troppa sicurtà m’allarga il freno,
e come amico omai meco ragiona: 21
come poté trovar dentro al tuo seno
loco avarizia, tra cotanto senno
di quanto per tua cura fosti pieno?». 24
Queste parole Stazio mover fenno
un poco a riso pria; poscia rispuose:
«Ogne tuo dir d’amor m’è caro cenno. 27
Veramente più volte appaion cose
che danno a dubitar falsa matera
per le vere ragion che son nascose. 30
La tua dimanda tuo creder m’avvera
esser ch’i’ fossi avaro in l’altra vita,
forse per quella cerchia dov’io era. 33
Or sappi ch’avarizia fu partita
troppo da me, e questa dismisura
migliaia di lunari hanno punita. 36
E se non fosse ch’io drizzai mia cura,
quand’io intesi là dove tu chiame,
crucciato quasi a l’umana natura: 39
‘Per che non reggi tu, o sacra fame
de l’oro, l’appetito de’ mortali?’,
voltando sentirei le giostre grame. 42
Allor m’accorsi che troppo aprir l’ali
potean le mani a spendere, e pente’mi
così di quel come de li altri mali. 45
Quanti risurgeran coi crini scemi
per ignoranza, che di questa pecca
toglie ‘l penter vivendo e ne li stremi! 48
E sappie che la colpa che rimbecca
per dritta opposizione alcun peccato,
con esso insieme qui suo verde secca; 51
però, s’io son tra quella gente stato
che piange l’avarizia, per purgarmi,
per lo contrario suo m’è incontrato». 54
«Or quando tu cantasti le crude armi
de la doppia trestizia di Giocasta»,
disse ‘l cantor de’ buccolici carmi, 57
«per quello che Cliò teco lì tasta,
non par che ti facesse ancor fedele
la fede, sanza qual ben far non basta. 60
Se così è, qual sole o quai candele
ti stenebraron sì, che tu drizzasti
poscia di retro al pescator le vele?». 63
Ed elli a lui: «Tu prima m’inviasti
verso Parnaso a ber ne le sue grotte,
e prima appresso Dio m’alluminasti. 66
Facesti come quei che va di notte,
che porta il lume dietro e sé non giova,
ma dopo sé fa le persone dotte, 69
quando dicesti: ‘Secol si rinova;
torna giustizia e primo tempo umano,
e progenie scende da ciel nova’. 72
Per te poeta fui, per te cristiano:
ma perché veggi mei ciò ch’io disegno,
a colorare stenderò la mano. 75
Già era ‘l mondo tutto quanto pregno
de la vera credenza, seminata
per li messaggi de l’etterno regno; 78
e la parola tua sopra toccata
si consonava a’ nuovi predicanti;
ond’io a visitarli presi usata. 81
Vennermi poi parendo tanto santi,
che, quando Domizian li perseguette,
sanza mio lagrimar non fur lor pianti; 84
e mentre che di là per me si stette,
io li sovvenni, e i lor dritti costumi
fer dispregiare a me tutte altre sette. 87
E pria ch’io conducessi i Greci a’ fiumi
di Tebe poetando, ebb’io battesmo;
ma per paura chiuso cristian fu’mi, 90
lungamente mostrando paganesmo;
e questa tepidezza il quarto cerchio
cerchiar mi fé più che ‘l quarto centesmo. 93
Tu dunque, che levato hai il coperchio
che m’ascondeva quanto bene io dico,
mentre che del salire avem soverchio, 96
dimmi dov’è Terrenzio nostro antico,
Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai:
dimmi se son dannati, e in qual vico». 99
«Costoro e Persio e io e altri assai»,
rispuose il duca mio, «siam con quel Greco
che le Muse lattar più ch’altri mai, 102
nel primo cinghio del carcere cieco:
spesse fiate ragioniam del monte
che sempre ha le nutrice nostre seco. 105
Euripide v’è nosco e Antifonte,
Simonide, Agatone e altri piùe
Greci che già di lauro ornar la fronte. 108
Quivi si veggion de le genti tue
Antigone, Deifile e Argia,
e Ismene sì trista come fue. 111
Védeisi quella che mostrò Langia;
èvvi la figlia di Tiresia, e Teti
e con le suore sue Deidamia». 114
Tacevansi ambedue già li poeti,
di novo attenti a riguardar dintorno,
liberi da saliri e da pareti; 117
e già le quattro ancelle eran del giorno
rimase a dietro, e la quinta era al temo,
drizzando pur in sù l’ardente corno, 120
quando il mio duca: «Io credo ch’a lo stremo
le destre spalle volger ne convegna,
girando il monte come far solemo». 123
Così l’usanza fu lì nostra insegna,
e prendemmo la via con men sospetto
per l’assentir di quell’anima degna. 126
Elli givan dinanzi, e io soletto
di retro, e ascoltava i lor sermoni,
ch’a poetar mi davano intelletto. 129
Ma tosto ruppe le dolci ragioni
un alber che trovammo in mezza strada,
con pomi a odorar soavi e buoni; 132
e come abete in alto si digrada
di ramo in ramo, così quello in giuso,
cred’io, perché persona sù non vada. 135
Dal lato onde ‘l cammin nostro era chiuso,
cadea de l’alta roccia un liquor chiaro
e si spandeva per le foglie suso. 138
Li due poeti a l’alber s’appressaro;
e una voce per entro le fronde
gridò: «Di questo cibo avrete caro». 141
Poi disse: «Più pensava Maria onde
fosser le nozze orrevoli e intere,
ch’a la sua bocca, ch’or per voi risponde. 144
E le Romane antiche, per lor bere,
contente furon d’acqua; e Daniello
dispregiò cibo e acquistò savere. 147
Lo secol primo, quant’oro fu bello,
fé savorose con fame le ghiande,
e nettare con sete ogne ruscello. 150
Mele e locuste furon le vivande
che nodriro il Batista nel diserto;
per ch’elli è glorioso e tanto grande 153
quanto per lo Vangelio v’è aperto». 154
Canto XXII
L’angelo era ormai rimasto dietro a noi, l’angelo che ci aveva avviati verso il sesto girone, dopo avermi cancellato dalla fronte un’[altra] ferita (=un’altra P); 3
e a noi aveva dichiarato beati coloro che volgono [il] loro desiderio a[lla] giustizia e la sua voce concluse ciò con ‘sitiunt’ (=hanno sete), senza [aggiungere] altro. 6
E io avanzavo più leggero che per gli altri passaggi, tanto che, senza alcuna fatica, seguivo in alto quegli spiriti veloci (=Virgilio e Stazio); 9
quando Virgilio incominciò: «l’Amore, acceso da[lla] virtù, accese sempre [un] altro [amore], purchè la sua fiamma apparisse all’esterno; 12
per cui, dal momento in cui nel limbo dell’inferno discese tra noi Giovenale, che mi palesò il tuo affetto, 15
[il] mio affetto verso te fu tale quale mai strinse di più [qualcuno] a una persona non vista, sicchè ora queste scale mi parranno corte. 18
Ma dimmi, e come amico perdonami se [l’] eccessiva franchezza mi allenta le redini [del riserbo], e come amico ormai parla con me: 21
come potè trovare posto nel tuo animo [l’] avarizia, tra tanta sapienza di cui, per tuo merito, fosti ripieno?». 24
Queste parole dapprima fecero muovere Stazio un poco a[l] sorriso; poi rispose: «Ogni tua parola è per me [un] chiaro segno d’amore. 27
Veramente spesse volte si vedono cose che offrono falso argomento a[l] dubbio, [solo] perchè le [loro] vere cause [ci] sono nascoste. 30
La tua domanda mi fa ritenere vero che tu creda che io fossi avaro nell’altra vita, forse per quel cerchio in cui io mi trovavo. 33
Ora sappi che [l’] avarizia fu [anche] troppo lontana da me, e questo eccesso [l’] hanno punito migliaia di lunazioni (=di mesi). 36
E se non fosse che io corressi [i] miei propositi, quando io compresi quel passo [dell’Eneide] dove tu, quasi crucciato contro la natura umana, gridi: 39
‘O esecranda fame dell’oro, perché tu non mantieni nel giusto mezzo gli appetiti degli uomini?’, [ora] ascolterei i miserabili scontri voltando [pesi]. 42
Allora mi accorsi che le mani potevano allargarsi troppo ne[llo] spendere, e mi pentii di quel peccato così come degli altri. 45
Quanti [prodighi] risorgeranno con i capelli tagliati per [l’] ignoranza, che toglie il pentirsi (=la possibilità di pentirsi) di questo peccato in vita e in punto di morte! 48
E sappi che la colpa che si contrappone in senso diametralmente opposto a un determinato peccato, qui inaridisce (=si cancella) insieme con esso; 51
perciò, se io, per purificarmi, sono stato tra quelle anime che piangono l’avarizia, mi è accaduto per il [suo] contrario (=per prodigalità)». 54
L’autore (=Virgilio) dei carmi bucolici disse: «Ora quando tu cantasti la guerra crudele del duplice dolore di Giocasta (=la guerra di coloro che provocarono il duplice dolore di Giocasta cioè la guerra tra Eteocle e Polinice)». 57
«da quello che Clio suona lì (=in quel poema) con te (=da quello che racconti ispirato da Clio), non sembra che la fede ti avesse ancora reso cristiano, senza [la] quale [le] opere buone non bastano. 60
Se è così, quale sole (=Grazia) o quali candele (=insegnamenti filosofici) ti tolsero dalle tenebre così, che tu poi alzasti le vele al seguito del pescatore (=di San Pietro)?». 63
Ed egli a lui: «Tu per primo m’avviasti verso [il] Parnaso (=alla poesia) per bere nelle sue grotte, e per primo mi illuminasti [la strada] verso Dio. 66
Facesti come colui che va di notte, che porta il lume di dietro e non giova a sè [stesso], ma rende esperte [del cammino] le persone dietro di lui. 69
quando dicesti: ‘[Il] mondo si rinnova; torna [la] giustizia e [la] prima età dell’uomo, e [una] nuova progenie scende da[l] cielo’. 72
Grazie a te divenni poeta, grazie a te cristiano: ma affinchè [tu] veda meglio ciò che io disegno, distenderò la mano per colorare. 75
Il mondo era già tutto quanto pieno della vera fede, diffusa dai messaggeri del regno eterno (=dagli apostoli); 78
e le tue parole sopra citate si accordavano con [le parole de]i nuovi predicatori; per cui io presi [l’] abitudine di frequentarli. 81
[Essi] poi mi si vennero rivelando tanto santi che, quando Domiziano li perseguitò, [i] loro pianti non furono senza [le] mie lacrime (=unii il mio pianto al loro); 84
e finchè rimasi di là (=sulla terra) (=finchè vissi), io li aiutai, e i loro retti costumi mi fecero disprezzare tutte [le] altre credenze [religiose o filosofiche]. 87
E prima che io, con la mia poesia, conducessi i Greci ai fiumi di Tebe (=cantassi dei Greci che giungono con gli eserciti ai fiumi di Tebe), io ricevetti il battesimo; ma per paura fui cristiano nascosto, 90
mostrando[mi] per lungo tempo pagano; e questa pusillanimità mi fece percorrere in cerchio la quarta cornice per più di quattro secoli. 93
Tu dunque, che hai tolto il coperchio (=l’impedimento) che mi nascondeva tutto il bene di cui parlo (=la verità cristiana), mentre ci avanza [ancora] della salita, 96
dimmi dov’è [il] nostro antico Terenzio, [dove sono] Cecilio e Plauto e Varrone, se lo sai: dimmi se sono dannati, e in quale luogo [dell’Inferno]». 99
La mia guida rispose: «Costoro e Persio e io e molti altri siamo con quel [poeta] greco (=Omero) che le Muse allattarono più di chiunque altro, 102
nel primo cerchio del carcere oscuro (=dell’Inferno): spesso parliamo del monte (=del Parnaso) che ha sempre con sè le nostre nutrici. 105
Euripide è lì con noi e [ci sono] Antifonte, Simonide, Agatone e molti altri greci che un tempo ornarono la fronte con [l’] alloro. 108
Dei tuoi personaggi lì si vedono Antigone, Deifile e Argia e Ismene così triste come fu [in vita]. 111
Vi si vede colei che mostrò [la fonte] Langia (=Isifile); vi è la figlia di Tiresia (=Manto), e Teti e Deidamia con le sue sorelle. 114
Ormai entrambi i poeti tacevano, nuovamente attenti a guardare intorno, liberi da scalini e da pareti; 117
e ormai le quattro ancelle del giorno (=le ore) erano rimaste indietro, e la quinta era al timone [del carro solare], drizzando sempre in alto l’ardente punta, 120
quando la mia guida: «Io credo che ci convenga volgere la spalla destra verso l’estremità [della cornice], girando intorno al monte come siamo soliti fare». 123
Così l’abitudine fu lì la nostra indicazione, e prendemmo la via con meno timore per l’assenso di quell’anima con grandi meriti (=di Stazio). 126
Essi camminavano davanti, e io tutto solo dietro, e [intanto] ascoltavo i loro discorsi, che mi davano ammaestramento per poetare. 129
Ma improvvisamente un albero che trovammo in mezzo alla strada, con frutti dal profumo soave e buono, interruppe i dolci ragionamenti; 132
e come [l’] abete digrada di ramo in ramo verso l’alto, così quello [digradava] verso il basso, io credo, perchè nessuno salga. 135
Dal lato in cui il nostro cammino era sbarrato (=dalla parte interna della cornice), cadeva dall’alta roccia un’acqua limpida e si spandeva sopra le foglie. 138
I due poeti si avvicinarono all’albero; e una voce dall’interno delle fronde gridò: «Di questo cibo avrete carenza». 141
Poi disse: «Maria pensava più a far sì che le nozze fossero onorevoli e complete, che alla sua bocca, che ora intercede per voi. 144
E le antiche Romane, per dissetarsi, si accontentarono d[ell’] acqua; e [il profeta)] Daniele disprezzò [il] cibo e acquistò sapienza. 147
La prima età dell’uomo, fino a che fu di oro puro, per [la] fame rese saporite le ghiande, e per [la] sete [rese] nettare ogni ruscello. 150
Miele [selvatico] e locuste furono il cibo che nutrì il Battista nel deserto; per questo egli è glorioso e tanto grande 153
quanto vi è rivelato dal Vangelo». 154