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Canto XXVIII
Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa e viva,
ch’a li occhi temperava il novo giorno, 3
Già desideroso di cercare dentro e intorno alla divina foresta folta e rigogliosa, che attenuava [la luce del] nuovo giorno (=i raggi del sole appena sorto) agli occhi, 3
sanza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d’ogne parte auliva. 6
senza più aspettare, lasciai il margine [del pianoro], inoltrandomi nella vegetazione lento lento sul suolo che profumava da ogni parte. 6
Un’aura dolce, sanza mutamento
avere in sé, mi feria per la fronte
non di più colpo che soave vento; 9
Un’aria dolce, non soggetta a mutamento (=sempre uguale), mi colpiva sulla fronte con [un] tocco non maggiore di [un] vento soave; 9
per cui le fronde, tremolando, pronte
tutte quante piegavano a la parte
u’ la prim’ombra gitta il santo monte; 12
per cui le fronde, tremolando, si piegavano tutte quante prontamente verso il lato dove il santo monte (=il Purgatorio) proietta la prima ombra (=al mattino: verso occidente); 12
non però dal loro esser dritto sparte
tanto, che li augelletti per le cime
lasciasser d’operare ogne lor arte; 15
[ma] non per questo [le fronde erano] tanto allontanate dalla loro posizione dritta (=tanto inclinate), che gli uccellini sulle cime tralasciassero di esercitare ogni loro attività (=cantare e svolazzare); 15
ma con piena letizia l’ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime, 18
anzi con piena letizia, cantando, accoglievano le prime ore [del giorno] tra le foglie che facevano [un] accompagnamento ai loro canti, 18
tal qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta in su ‘l lito di Chiassi,
quand’Eolo scilocco fuor discioglie. 21
come quello che, di ramo in ramo, si forma nella pineta sul lido di Classe, quando Eolo sprigiona [lo] scirocco. 21
Già m’avean trasportato i lenti passi
dentro a la selva antica tanto, ch’io
non potea rivedere ond’io mi ‘ntrassi; 24
I [miei] passi lenti mi avevano già portato dentro all’antica selva (=nella foresta del Paradiso terrestre) [di] tanto, che io non potevo [più] vedere da dove io fossi entrato; 24
ed ecco più andar mi tolse un rio,
che ‘nver’ sinistra con sue picciole onde
piegava l’erba che ‘n sua ripa uscìo. 27
ed ecco [che] un ruscello, che con [le] sue piccole onde piegava verso sinistra l’erba che era spuntata su[lle] sue rive, mi impedì di andare oltre. 27
Tutte l’acque che son di qua più monde,
parrieno avere in sé mistura alcuna,
verso di quella, che nulla nasconde, 30
Tutte le acque che qua (=sulla Terra) sono più pulite, sembrerebbero avere in sè qualche impurità, rispetto a quella, che non nasconde nulla (=è perfettamente trasparente), 30
avvegna che si mova bruna bruna
sotto l’ombra perpetua, che mai
raggiar non lascia sole ivi né luna. 33
benchè scorra tutta scura sotto l’ombra perpetua, che non lascia mai penetrare qui [i raggi del] sole nè [della] luna. 33
Coi piè ristretti e con li occhi passai
di là dal fiumicello, per mirare
la gran variazion d’i freschi mai; 36
Con i piedi mi fermai ma con lo sguardo passai [al] di là del fiumicello, per ammirare la grande varietà di freschi rami fioriti; 36
e là m’apparve, sì com’elli appare
subitamente cosa che disvia
per maraviglia tutto altro pensare, 39
e là mi apparve, così come appare improvvisamente [una] cosa che per meraviglia allontana tutti [gli] altri pensieri, 39
una donna soletta che si gia
e cantando e scegliendo fior da fiore
ond’era pinta tutta la sua via. 42
una donna tutta sola che se ne andava e cantando e scegliendo fiori tra [i] fiori di cui era colorata tutta la sua via (=il cammino che percorreva). 42
«Deh, bella donna, che a’ raggi d’amore
ti scaldi, s’i’ vo’ credere a’ sembianti
che soglion esser testimon del core, 45
Io le dissi: «Oh, bella donna, che ti scaldi ai raggi dell’amore [spirituale] (=della carità), se io debbo credere al [tuo] aspetto (=all’espressione del tuo viso) che è solito essere testimone del cuore, 45
vegnati in voglia di trarreti avanti»,
diss’io a lei, «verso questa rivera,
tanto ch’io possa intender che tu canti. 48
non ti dispiaccia di venire avanti, verso questo fiume, tanto che io possa capire che [cosa] tu canti. 48
Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
la madre lei, ed ella primavera». 51
Tu mi fai ricordare dove e qual era Proserpina (=com’era giovane e bella Proserpina) quando la madre perse lei, e lei (=Proserpina) [perse la perenne] primavera». 51
Come si volge, con le piante strette
a terra e intra sé, donna che balli,
e piede innanzi piede a pena mette, 54
Come [una] donna che balli si gira, con i piedi aderenti a terra e [vicini] tra loro, e mette appena piede davanti [a] piede (=fa brevi passi), 54
volsesi in su i vermigli e in su i gialli
fioretti verso me, non altrimenti
che vergine che li occhi onesti avvalli; 57
[[quella] si voltò verso [di] me sui piccoli fiori rossi e sui gialli, non diversamente da [una] fanciulla che abbassi gli occhi pudichi; 57
e fece i prieghi miei esser contenti,
sì appressando sé, che ‘l dolce suono
veniva a me co’ suoi intendimenti. 60
e appagò le mie preghiere, avvicinandosi così, che giungeva a me il dolce suono [del suo canto] con il significato [delle parole intonate]. 60
Tosto che fu là dove l’erbe sono
bagnate già da l’onde del bel fiume,
di levar li occhi suoi mi fece dono. 63
Appena fu là dove le erbe sono già bagnate dalle onde del bel fiume (=sulla sponda), mi fece [la] grazia di alzare i suoi occhi [verso di me]. 63
Non credo che splendesse tanto lume
sotto le ciglia a Venere, trafitta
dal figlio fuor di tutto suo costume. 66
Non credo che [una] luce così intensa splendesse negli occhi di Venere, trafitta dal figlio (=da Cupido) diversamente da[lle] sue abitudini. 66
Ella ridea da l’altra riva dritta,
trattando più color con le sue mani,
che l’alta terra sanza seme gitta. 69
Ella (=Matilda) sorrideva ritta dall’altra riva, intrecciando con le sue mani [fiori di] vari colori, che l’alta terra (=la cima del Purgatorio) produce senza seme (=senza essere seminata). 69
Tre passi ci facea il fiume lontani;
ma Elesponto, là ‘ve passò Serse,
ancora freno a tutti orgogli umani, 72
Il fiume ci teneva lontani [di] tre passi; ma [l’] Ellesponto, là dove passò Serse, ancora [oggi] freno (=monito) a tutte [le] superbie umane, 72
più odio da Leandro non sofferse
per mareggiare intra Sesto e Abido,
che quel da me perch’allor non s’aperse. 75
non fu oggetto di maggior odio da [parte di] Leandro a causa d[el suo] mareggiare fra Sesto e Abido, di quanto quello [non fosse odiato] da me poichè allora non s’aprì. 75
«Voi siete nuovi, e forse perch’io rido»,
cominciò ella, «in questo luogo eletto
a l’umana natura per suo nido, 78
Quella cominciò: «Voi siete nuovi [del luogo], e forse vi meravigliate e siete presi da [qualche] dubbio per il fatto che io sorrida in questo luogo scelto [da Dio] come dimora per la natura umana; 78
maravigliando tienvi alcun sospetto;
ma luce rende il salmo Delectasti,
che puote disnebbiar vostro intelletto. 81
ma [vi] illumina il salmo Delectasti (=Mi hai rallegrato), che può togliere la nebbia che avvolge [il] vostro intelletto. 81
E tu che se’ dinanzi e mi pregasti,
dì s’altro vuoli udir; ch’i’ venni presta
ad ogne tua question tanto che basti». 84
E tu che sei davanti e mi hai pregato, di[mmi] se vuoi ascoltare altro; perchè io sono venuta pronta a [soddisfare] ogni tua domanda per quanto basta». 84
«L’acqua», diss’io, «e ‘l suon de la foresta
impugnan dentro a me novella fede
di cosa ch’io udi’ contraria a questa». 87
Io dissi: «L’acqua e il suono della foresta combattono dentro di me [una mia] recente convinzione rispetto a [una] cosa che io ho sentito contraria a questa [che vedo]». 87
Ond’ella: «Io dicerò come procede
per sua cagion ciò ch’ammirar ti face,
e purgherò la nebbia che ti fiede. 90
Perciò ella: «Io [ti] dirò come ciò che ti fa meravigliare derivi da [una] sua causa, e dissiperò la nebbia che ti offusca. 90
Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace,
fé l’uom buono e a bene, e questo loco
diede per arr’a lui d’etterna pace. 93
Il sommo Bene (=Dio), che gioisce solo di sè, creò l’uomo buono e [indirizzato] a[l] bene, e gli diede questo luogo (=l’Eden) come caparra di eterna pace. 93
Per sua difalta qui dimorò poco;
per sua difalta in pianto e in affanno
cambiò onesto riso e dolce gioco. 96
Per sua colpa [l’uomo] dimorò qui poco; per sua colpa trasformò [il] piacere innocente e [il] dolce diletto in pianto e in affanno. 96
Perché ‘l turbar che sotto da sé fanno
l’essalazion de l’acqua e de la terra,
che quanto posson dietro al calor vanno, 99
a l’uomo non facesse alcuna guerra,
questo monte salìo verso ‘l ciel tanto,
e libero n’è d’indi ove si serra. 102
Affinchè le perturbazioni, che sotto di sé (=in Terra e nell’Antipurgatorio) producono le esalazioni dell’acqua e della terra, [esalazioni] che salgono verso il calore [del sole] quanto [più] possono, non producessero alcun disturbo all’uomo, questo monte si innalzò tanto verso il cielo, ed è libero da esse da qui dove è chiuso (=dove c’è la porta del Purgatorio). 99-102
Or perché in circuito tutto quanto
l’aere si volge con la prima volta,
se non li è rotto il cerchio d’alcun canto, 105
Ora poichè tutta quanta l’aria (=l’aria che circonda la Terra) si volge ne[l suo] moto circolare insieme al primo cielo (=al Primo Mobile), se il [suo] moto circolare non è interrotto in qualche punto, 105
in questa altezza ch’è tutta disciolta
ne l’aere vivo, tal moto percuote,
e fa sonar la selva perch’è folta; 108
tale moto [rotatorio] colpisce questa alta cima (=la cima del Purgatorio) che spazia completamente nell’aria pura, e fa risuonare [col vento così prodotto] la selva poichè è folta; 108
e la percossa pianta tanto puote,
che de la sua virtute l’aura impregna,
e quella poi, girando, intorno scuote; 111
e le piante percosse [dall’aria] hanno tanto potere che impregnano l’aria della loro virtù [generativa] (=dei loro semi), e quella (=l’aria) poi, girando, [li] scuote intorno (=fa cadere i semi sulla Terra); 111
e l’altra terra, secondo ch’è degna
per sé e per suo ciel, concepe e figlia
di diverse virtù diverse legna. 114
e l’altra terra (=quella abitata dagli uomini), a seconda de[lle] sue qualità e d[el] suo clima, concepisce e produce diverse piante [a partire] da diverse virtù [generative] (=da diversi semi). 114
Non parrebbe di là poi maraviglia,
udito questo, quando alcuna pianta
sanza seme palese vi s’appiglia. 117
Sentito questo, non sembrerebbe poi cosa mirabile di là (=sulla Terra) quando qualche pianta attecchisca senza [un] seme visibile. 117
E saper dei che la campagna santa
dove tu se’, d’ogne semenza è piena,
e frutto ha in sé che di là non si schianta. 120
E devi sapere che la campagna santa, (=il Paradiso terrestre) dove sei tu, è piena di ogni seme, e ha in sé [dei] frutti che di là (=sulla Terra) non si colgono. 120
L’acqua che vedi non surge di vena
che ristori vapor che gel converta,
come fiume ch’acquista e perde lena; 123
L’acqua che vedi (=l’acqua del fiume Lete) non sgorga da [una] fonte cui procuri alimento [il] vapore [acqueo] che [il] freddo converte [in pioggia], come [un] fiume [terrestre] che accresce e diminuisce [di] forza; 123
ma esce di fontana salda e certa,
che tanto dal voler di Dio riprende,
quant’ella versa da due parti aperta. 126
ma esce da [una] fonte immutabile e inesauribile, che riacquista dal volere di Dio tanta [acqua], quanta ella [ne] versa aprendosi in due parti (=scorrendo in due direzioni). 126
Da questa parte con virtù discende
che toglie altrui memoria del peccato;
da l’altra d’ogne ben fatto la rende. 129
Da questa parte (=vicino a Dante e a Matelda) [l’acqua] scorre con [un] potere che toglie [a] tutti [il] ricordo del peccato; dall’altra restituisce quello di ogni bene compiuto. 129
Quinci Letè; così da l’altro lato
Eunoè si chiama, e non adopra
se quinci e quindi pria non è gustato: 132
Di qua [si chiama] Letè; così dall’altro lato si chiama Eunoè, e non produce effetto se non è bevuta prima di qua e [poi] di là: 132
a tutti altri sapori esto è di sopra.
E avvegna ch’assai possa esser sazia
la sete tua perch’io più non ti scuopra, 135
Questo [sapore] (=quello dell’acqua dell’Eunoè) è superiore a tutti [gli] altri sapori. E benchè la tua sete [di sapere] possa essere sufficientemente sazia anche se io non ti rivelo altro, 135
darotti un corollario ancor per grazia;
né credo che ‘l mio dir ti sia men caro,
se oltre promession teco si spazia. 138
ti darò ancora un chiarimento di mia volontà; e non credo che le mie parole ti siano meno gradite, se si estendono oltre [la] promessa [fatta] con te (=se dico più di quanto ti avevo promesso). 138
Quelli ch’anticamente poetaro
l’età de l’oro e suo stato felice,
forse in Parnaso esto loco sognaro. 141
Quelli che anticamente cantarono l’età dell’oro e [la] sua condizione felice, forse immaginarono su[l] Parnaso (=sull’Eden) questo luogo. 141
Qui fu innocente l’umana radice;
qui primavera sempre e ogne frutto;
nettare è questo di che ciascun dice». 144
Qui (=nel Paradiso terrestre) i progenitori degli uomini furono innocenti (=senza colpa); qui [c’erano] sempre primavera e ogni [tipo di] frutto; questo (=l’acqua dei due fiumi) è [il] nettare di cui ciascun [poeta] parla». 144
Io mi rivolsi ‘n dietro allora tutto
a’ miei poeti, e vidi che con riso
udito avean l’ultimo costrutto; 147
Io allora mi girai tutto indietro verso i miei poeti (=Virgilio e Stazio), e vidi che avevano ascoltato l’ultimo ragionamento con [un] sorriso; 147
poi a la bella donna torna’ il viso. 148
poi rivolsi [di nuovo] lo sguardo alla bella donna. 148
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto XXVIII
Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa e viva,
ch’a li occhi temperava il novo giorno, 3
sanza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d’ogne parte auliva. 6
Un’aura dolce, sanza mutamento
avere in sé, mi feria per la fronte
non di più colpo che soave vento; 9
per cui le fronde, tremolando, pronte
tutte quante piegavano a la parte
u’ la prim’ombra gitta il santo monte; 12
non però dal loro esser dritto sparte
tanto, che li augelletti per le cime
lasciasser d’operare ogne lor arte; 15
ma con piena letizia l’ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime, 18
tal qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta in su ‘l lito di Chiassi,
quand’Eolo scilocco fuor discioglie. 21
Già m’avean trasportato i lenti passi
dentro a la selva antica tanto, ch’io
non potea rivedere ond’io mi ‘ntrassi; 24
ed ecco più andar mi tolse un rio,
che ‘nver’ sinistra con sue picciole onde
piegava l’erba che ‘n sua ripa uscìo. 27
Tutte l’acque che son di qua più monde,
parrieno avere in sé mistura alcuna,
verso di quella, che nulla nasconde, 30
avvegna che si mova bruna bruna
sotto l’ombra perpetua, che mai
raggiar non lascia sole ivi né luna. 33
Coi piè ristretti e con li occhi passai
di là dal fiumicello, per mirare
la gran variazion d’i freschi mai; 36
e là m’apparve, sì com’elli appare
subitamente cosa che disvia
per maraviglia tutto altro pensare, 39
una donna soletta che si gia
e cantando e scegliendo fior da fiore
ond’era pinta tutta la sua via. 42
«Deh, bella donna, che a’ raggi d’amore
ti scaldi, s’i’ vo’ credere a’ sembianti
che soglion esser testimon del core, 45
vegnati in voglia di trarreti avanti»,
diss’io a lei, «verso questa rivera,
tanto ch’io possa intender che tu canti. 48
Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
la madre lei, ed ella primavera». 51
Come si volge, con le piante strette
a terra e intra sé, donna che balli,
e piede innanzi piede a pena mette, 54
volsesi in su i vermigli e in su i gialli
fioretti verso me, non altrimenti
che vergine che li occhi onesti avvalli; 57
e fece i prieghi miei esser contenti,
sì appressando sé, che ‘l dolce suono
veniva a me co’ suoi intendimenti. 60
Tosto che fu là dove l’erbe sono
bagnate già da l’onde del bel fiume,
di levar li occhi suoi mi fece dono. 63
Non credo che splendesse tanto lume
sotto le ciglia a Venere, trafitta
dal figlio fuor di tutto suo costume. 66
Ella ridea da l’altra riva dritta,
trattando più color con le sue mani,
che l’alta terra sanza seme gitta. 69
Tre passi ci facea il fiume lontani;
ma Elesponto, là ‘ve passò Serse,
ancora freno a tutti orgogli umani, 72
più odio da Leandro non sofferse
per mareggiare intra Sesto e Abido,
che quel da me perch’allor non s’aperse. 75
«Voi siete nuovi, e forse perch’io rido»,
cominciò ella, «in questo luogo eletto
a l’umana natura per suo nido, 78
maravigliando tienvi alcun sospetto;
ma luce rende il salmo Delectasti,
che puote disnebbiar vostro intelletto. 81
E tu che se’ dinanzi e mi pregasti,
dì s’altro vuoli udir; ch’i’ venni presta
ad ogne tua question tanto che basti». 84
«L’acqua», diss’io, «e ‘l suon de la foresta
impugnan dentro a me novella fede
di cosa ch’io udi’ contraria a questa». 87
Ond’ella: «Io dicerò come procede
per sua cagion ciò ch’ammirar ti face,
e purgherò la nebbia che ti fiede. 90
Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace,
fé l’uom buono e a bene, e questo loco
diede per arr’a lui d’etterna pace. 93
Per sua difalta qui dimorò poco;
per sua difalta in pianto e in affanno
cambiò onesto riso e dolce gioco. 96
Perché ‘l turbar che sotto da sé fanno
l’essalazion de l’acqua e de la terra,
che quanto posson dietro al calor vanno, 99
a l’uomo non facesse alcuna guerra,
questo monte salìo verso ‘l ciel tanto,
e libero n’è d’indi ove si serra. 102
Or perché in circuito tutto quanto
l’aere si volge con la prima volta,
se non li è rotto il cerchio d’alcun canto, 105
in questa altezza ch’è tutta disciolta
ne l’aere vivo, tal moto percuote,
e fa sonar la selva perch’è folta; 108
e la percossa pianta tanto puote,
che de la sua virtute l’aura impregna,
e quella poi, girando, intorno scuote; 111
e l’altra terra, secondo ch’è degna
per sé e per suo ciel, concepe e figlia
di diverse virtù diverse legna. 114
Non parrebbe di là poi maraviglia,
udito questo, quando alcuna pianta
sanza seme palese vi s’appiglia. 117
E saper dei che la campagna santa
dove tu se’, d’ogne semenza è piena,
e frutto ha in sé che di là non si schianta. 120
L’acqua che vedi non surge di vena
che ristori vapor che gel converta,
come fiume ch’acquista e perde lena; 123
ma esce di fontana salda e certa,
che tanto dal voler di Dio riprende,
quant’ella versa da due parti aperta. 126
Da questa parte con virtù discende
che toglie altrui memoria del peccato;
da l’altra d’ogne ben fatto la rende. 129
Quinci Letè; così da l’altro lato
Eunoè si chiama, e non adopra
se quinci e quindi pria non è gustato: 132
a tutti altri sapori esto è di sopra.
E avvegna ch’assai possa esser sazia
la sete tua perch’io più non ti scuopra, 135
darotti un corollario ancor per grazia;
né credo che ‘l mio dir ti sia men caro,
se oltre promession teco si spazia. 138
Quelli ch’anticamente poetaro
l’età de l’oro e suo stato felice,
forse in Parnaso esto loco sognaro. 141
Qui fu innocente l’umana radice;
qui primavera sempre e ogne frutto;
nettare è questo di che ciascun dice». 144
Io mi rivolsi ‘n dietro allora tutto
a’ miei poeti, e vidi che con riso
udito avean l’ultimo costrutto; 147
poi a la bella donna torna’ il viso. 148
Canto XXVIII
Già desideroso di cercare dentro e intorno alla divina foresta folta e rigogliosa, che attenuava [la luce del] nuovo giorno (=i raggi del sole appena sorto) agli occhi, 3
senza più aspettare, lasciai il margine [del pianoro], inoltrandomi nella vegetazione lento lento sul suolo che profumava da ogni parte. 6
Un’aria dolce, non soggetta a mutamento (=sempre uguale), mi colpiva sulla fronte con [un] tocco non maggiore di [un] vento soave; 9
per cui le fronde, tremolando, si piegavano tutte quante prontamente verso il lato dove il santo monte (=il Purgatorio) proietta la prima ombra (=al mattino: verso occidente); 12
[ma] non per questo [le fronde erano] tanto allontanate dalla loro posizione dritta (=tanto inclinate), che gli uccellini sulle cime tralasciassero di esercitare ogni loro attività (=cantare e svolazzare); 15
anzi con piena letizia, cantando, accoglievano le prime ore [del giorno] tra le foglie che facevano [un] accompagnamento ai loro canti, 18
come quello che, di ramo in ramo, si forma nella pineta sul lido di Classe, quando Eolo sprigiona [lo] scirocco. 21
I [miei] passi lenti mi avevano già portato dentro all’antica selva (=nella foresta del Paradiso terrestre) [di] tanto, che io non potevo [più] vedere da dove io fossi entrato; 24
ed ecco [che] un ruscello, che con [le] sue piccole onde piegava verso sinistra l’erba che era spuntata su[lle] sue rive, mi impedì di andare oltre. 27
Tutte le acque che qua (=sulla Terra) sono più pulite, sembrerebbero avere in sè qualche impurità, rispetto a quella, che non nasconde nulla (=è perfettamente trasparente), 30
benchè scorra tutta scura sotto l’ombra perpetua, che non lascia mai penetrare qui [i raggi del] sole nè [della] luna. 33
Con i piedi mi fermai ma con lo sguardo passai [al] di là del fiumicello, per ammirare la grande varietà di freschi rami fioriti; 36
e là mi apparve, così come appare improvvisamente [una] cosa che per meraviglia allontana tutti [gli] altri pensieri, 39
una donna tutta sola che se ne andava e cantando e scegliendo fiori tra [i] fiori di cui era colorata tutta la sua via (=il cammino che percorreva). 42
Io le dissi: «Oh, bella donna, che ti scaldi ai raggi dell’amore [spirituale] (=della carità), se io debbo credere al [tuo] aspetto (=all’espressione del tuo viso) che è solito essere testimone del cuore, 45
non ti dispiaccia di venire avanti, verso questo fiume, tanto che io possa capire che [cosa] tu canti. 48
Tu mi fai ricordare dove e qual era Proserpina (=com’era giovane e bella Proserpina) quando la madre perse lei, e lei (=Proserpina) [perse la perenne] primavera». 51
Come [una] donna che balli si gira, con i piedi aderenti a terra e [vicini] tra loro, e mette appena piede davanti [a] piede (=fa brevi passi), 54
[[quella] si voltò verso [di] me sui piccoli fiori rossi e sui gialli, non diversamente da [una] fanciulla che abbassi gli occhi pudichi; 57
e appagò le mie preghiere, avvicinandosi così, che giungeva a me il dolce suono [del suo canto] con il significato [delle parole intonate]. 60
Appena fu là dove le erbe sono già bagnate dalle onde del bel fiume (=sulla sponda), mi fece [la] grazia di alzare i suoi occhi [verso di me]. 63
Non credo che [una] luce così intensa splendesse negli occhi di Venere, trafitta dal figlio (=da Cupido) diversamente da[lle] sue abitudini. 66
Ella (=Matilda) sorrideva ritta dall’altra riva, intrecciando con le sue mani [fiori di] vari colori, che l’alta terra (=la cima del Purgatorio) produce senza seme (=senza essere seminata). 69
Il fiume ci teneva lontani [di] tre passi; ma [l’] Ellesponto, là dove passò Serse, ancora [oggi] freno (=monito) a tutte [le] superbie umane, 72
non fu oggetto di maggior odio da [parte di] Leandro a causa d[el suo] mareggiare fra Sesto e Abido, di quanto quello [non fosse odiato] da me poichè allora non s’aprì. 75
Quella cominciò: «Voi siete nuovi [del luogo], e forse vi meravigliate e siete presi da [qualche] dubbio per il fatto che io sorrida in questo luogo scelto [da Dio] come dimora per la natura umana; 78
ma [vi] illumina il salmo Delectasti (=Mi hai rallegrato), che può togliere la nebbia che avvolge [il] vostro intelletto. 81
E tu che sei davanti e mi hai pregato, di[mmi] se vuoi ascoltare altro; perchè io sono venuta pronta a [soddisfare] ogni tua domanda per quanto basta». 84
Io dissi: «L’acqua e il suono della foresta combattono dentro di me [una mia] recente convinzione rispetto a [una] cosa che io ho sentito contraria a questa [che vedo]». 87
Perciò ella: «Io [ti] dirò come ciò che ti fa meravigliare derivi da [una] sua causa, e dissiperò la nebbia che ti offusca. 90
Il sommo Bene (=Dio), che gioisce solo di sè, creò l’uomo buono e [indirizzato] a[l] bene, e gli diede questo luogo (=l’Eden) come caparra di eterna pace. 93
Per sua colpa [l’uomo] dimorò qui poco; per sua colpa trasformò [il] piacere innocente e [il] dolce diletto in pianto e in affanno. 96
Affinchè le perturbazioni, che sotto di sé (=in Terra e nell’Antipurgatorio) producono le esalazioni dell’acqua e della terra, [esalazioni] che salgono verso il calore [del sole] quanto [più] possono, non producessero alcun disturbo all’uomo, questo monte si innalzò tanto verso il cielo, ed è libero da esse da qui dove è chiuso (=dove c’è la porta del Purgatorio). 99-102
Ora poichè tutta quanta l’aria (=l’aria che circonda la Terra) si volge ne[l suo] moto circolare insieme al primo cielo (=al Primo Mobile), se il [suo] moto circolare non è interrotto in qualche punto, 105
tale moto [rotatorio] colpisce questa alta cima (=la cima del Purgatorio) che spazia completamente nell’aria pura, e fa risuonare [col vento così prodotto] la selva poichè è folta; 108
e le piante percosse [dall’aria] hanno tanto potere che impregnano l’aria della loro virtù [generativa] (=dei loro semi), e quella (=l’aria) poi, girando, [li] scuote intorno (=fa cadere i semi sulla Terra); 111
e l’altra terra (=quella abitata dagli uomini), a seconda de[lle] sue qualità e d[el] suo clima, concepisce e produce diverse piante [a partire] da diverse virtù [generative] (=da diversi semi). 114
Sentito questo, non sembrerebbe poi cosa mirabile di là (=sulla Terra) quando qualche pianta attecchisca senza [un] seme visibile. 117
E devi sapere che la campagna santa, (=il Paradiso terrestre) dove sei tu, è piena di ogni seme, e ha in sé [dei] frutti che di là (=sulla Terra) non si colgono. 120
L’acqua che vedi (=l’acqua del fiume Lete) non sgorga da [una] fonte cui procuri alimento [il] vapore [acqueo] che [il] freddo converte [in pioggia], come [un] fiume [terrestre] che accresce e diminuisce [di] forza; 123
ma esce da [una] fonte immutabile e inesauribile, che riacquista dal volere di Dio tanta [acqua], quanta ella [ne] versa aprendosi in due parti (=scorrendo in due direzioni). 126
Da questa parte (=vicino a Dante e a Matelda) [l’acqua] scorre con [un] potere che toglie [a] tutti [il] ricordo del peccato; dall’altra restituisce quello di ogni bene compiuto. 129
Di qua [si chiama] Lete; così dall’altro lato si chiama Eunoè, e non produce effetto se non è bevuta prima di qua e [poi] di là: 132
Questo [sapore] (=quello dell’acqua dell’Eunoè) è superiore a tutti [gli] altri sapori. E benchè la tua sete [di sapere] possa essere sufficientemente sazia anche se io non ti rivelo altro, 135
ti darò ancora un chiarimento di mia volontà; e non credo che le mie parole ti siano meno gradite, se si estendono oltre [la] promessa [fatta] con te (=se dico più di quanto ti avevo promesso). 138
Quelli che anticamente cantarono l’età dell’oro e [la] sua condizione felice, forse immaginarono su[l] Parnaso (=sull’Eden) questo luogo. 141
Qui (=nel Paradiso terrestre) i progenitori degli uomini furono innocenti (=senza colpa); qui [c’erano] sempre primavera e ogni [tipo di] frutto; questo (=l’acqua dei due fiumi) è [il] nettare di cui ciascun [poeta] parla». 144
Io allora mi girai tutto indietro verso i miei poeti (=Virgilio e Stazio), e vidi che avevano ascoltato l’ultimo ragionamento con [un] sorriso; 147
poi rivolsi [di nuovo] lo sguardo alla bella donna. 148