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Canto XXI
La sete natural che mai non sazia
se non con l’acqua onde la femminetta
samaritana domandò la grazia, 3
La naturale sete [di sapere] che non si sazia mai se non con l’acqua di cui l’umile donna samaritana domandò la grazia [a Gesù], 3
mi travagliava, e pungeami la fretta
per la ‘mpacciata via dietro al mio duca,
e condoleami a la giusta vendetta. 6
mi tormentava, e la fretta mi stimolava attraverso la via ingombra dietro la mia guida, e provavo compassione per la giusta pena [delle anime]. 6
Ed ecco, sì come ne scrive Luca
che Cristo apparve a’ due ch’erano in via,
già surto fuor de la sepulcral buca, 9
Ed ecco, come ci racconta Luca che Cristo apparve già risorto fuori dal sepolcro ai due [discepoli] che erano su[lla] via, 9
ci apparve un’ombra, e dietro a noi venìa,
dal piè guardando la turba che giace;
né ci addemmo di lei, sì parlò pria, 12
così ci apparve un’ombra, e veniva dietro a noi, attenti a non colpire coi piedi la turba che giaceva; e non ci accorgemmo di lei, sino a che cominciò a parlare, 12
dicendo; «O frati miei, Dio vi dea pace».
Noi ci volgemmo sùbiti, e Virgilio
rendéli ‘l cenno ch’a ciò si conface. 15
dicendo: «O fratelli miei, Dio vi conceda [la] pace». Noi ci volgemmo pronti, e Virgilio gli restituì il cenno [di saluto] che si confaceva alla circostanza. 15
Poi cominciò: «Nel beato concilio
ti ponga in pace la verace corte
che me rilega ne l’etterno essilio». 18
Poi cominciò: «L’infallibile tribunale [divino] che mi relega nell’eterno esilio (=nell’Inferno) ponga te in pace nel concilio dei beati». 18
«Come!», diss’elli, e parte andavam forte:
«se voi siete ombre che Dio sù non degni,
chi v’ha per la sua scala tanto scorte?». 21
«Come!», disse lui, e intanto camminavamo in fretta: «se voi siete ombre che Dio non ritiene degne dell’alto (=del Cielo), chi vi ha guidate così in alto per la sua scala?». 21
E ‘l dottor mio: «Se tu riguardi a’ segni
che questi porta e che l’angel profila,
ben vedrai che coi buon convien ch’e’ regni. 24
E il mio maestro: «Se tu osservi i segni (=le tre P) che costui porta e che l’angelo [portinaio gli] incide, potrai vedere con chiarezza che è giusto che egli viva con i beati. 24
Ma perché lei che dì e notte fila
non li avea tratta ancora la conocchia
che Cloto impone a ciascuno e compila, 27
Ma poichè colei che fila giorno e notte (=Lachesi) non aveva ancora filato la conocchia che Cloto pone e avvolge per ciascuno, 27
l’anima sua, ch’è tua e mia serocchia,
venendo sù, non potea venir sola,
però ch’al nostro modo non adocchia. 30
la sua anima, che è tua e mia sorella, salendo, non poteva venire [da] sola, poichè non vede al nostro [stesso] modo. 30
Ond’io fui tratto fuor de l’ampia gola
d’inferno per mostrarli, e mosterrolli
oltre, quanto ‘l potrà menar mia scola. 33
Per cui io fui tratto fuori dalla profonda voragine infernale per mostrargli [come salire], e glielo mostrerò tanto avanti, quanto potrà condurlo [il] mio insegnamento. 33
Ma dimmi, se tu sai, perché tai crolli
diè dianzi ‘l monte, e perché tutto ad una
parve gridare infino a’ suoi piè molli». 36
Ma dimmi, se tu [lo] sai, perchè prima il monte diede tali scosse, e perchè sembrò gridare tutto a una voce fino alle sue pendici molli (=bagnate dal mare)». 36
Sì mi diè, dimandando, per la cruna
del mio disio, che pur con la speranza
si fece la mia sete men digiuna. 39
Con la sua domanda, [Virgilio] infilò così [esattamente] la cruna del mio desiderio (=indovinò il mio desiderio), che solo con la speranza [di una risposta] la mia sete [di sapere] si fece meno intensa. 39
Quei cominciò: «Cosa non è che sanza
ordine senta la religione
de la montagna, o che sia fuor d’usanza. 42
Quello cominciò: «Non c’è cosa che il sacro assetto della montagna senta fuori dall’ordine [provvidenziale], o che avvenga fuori da[lla] norma [abituale]. 42
Libero è qui da ogne alterazione:
di quel che ‘l ciel da sé in sé riceve
esser ci puote, e non d’altro, cagione. 45
Questo luogo è libero da ogni perturbazione [atmosferica]: vi si può sentire [solo l’] effetto di ciò che il cielo riceve da sè in sè, e non da altro. 45
Per che non pioggia, non grando, non neve,
non rugiada, non brina più sù cade
che la scaletta di tre gradi breve; 48
Perciò non pioggia, non grandine, non neve, non rugiada, non brina cadono al di sopra della piccola scaletta di tre gradini; 48
nuvole spesse non paion né rade,
né coruscar, né figlia di Taumante,
che di là cangia sovente contrade; 51
non appaiono nuvole dense nè sparse, nè lampi, nè [la] figlia di Taumante (=Iride), che di là (=sulla terra) cambia spesso zona [del cielo]; 51
secco vapor non surge più avante
ch’al sommo d’i tre gradi ch’io parlai,
dov’ha ‘l vicario di Pietro le piante. 54
[il] vapore secco non sorge più in alto della sommità dei tre gradini di cui io ho parlato, dove il vicario di Pietro (=l’angelo portiere) poggia i piedi. 54
Trema forse più giù poco o assai;
ma per vento che ‘n terra si nasconda,
non so come, qua sù non tremò mai. 57
Forse più giù (=al di sotto dei tre gradini) [il monte] trema poco o molto; ma a causa di [un] vento che si nasconda ne[lla] terra, non so come, quassù non tremò mai. 57
Tremaci quando alcuna anima monda
sentesi, sì che surga o che si mova
per salir sù; e tal grido seconda. 60
Trema qui quando qualche anima si sente purificata, così che si drizza in piedi o si muove per salire su; e [un] tale grido (=il grido che hai sentito) segue [il terremoto]. 60
De la mondizia sol voler fa prova,
che, tutto libero a mutar convento,
l’alma sorprende, e di voler le giova. 63
Solo [la] volontà [di salire] costituisce [la] prova della [avvenuta] purificazione, la quale [volontà], del tutto libera di cambiare dimora, sorprende l’anima, e le dà diletto di volere [cambiare dimora]. 63
Prima vuol ben, ma non lascia il talento
che divina giustizia, contra voglia,
come fu al peccar, pone al tormento. 66
[Anche] prima [l’anima] desidera [il] bene (=salire al cielo), ma non [glielo] permette quel desiderio che, in contrasto con la volontà, [la] divina giustizia rivolge [in lei] al[l’] espiazione, come [in terra] fu [rivolto] al peccato. 66
E io, che son giaciuto a questa doglia
cinquecent’anni e più, pur mo sentii
libera volontà di miglior soglia: 69
E io, che giacqui [sottoposto] a questa sofferenza [per] cinquecento e più anni, solo ora sentii [una] libera volontà di [raggiungere una] dimora migliore (=salire al Cielo): 69
però sentisti il tremoto e li pii
spiriti per lo monte render lode
a quel Segnor, che tosto sù li ‘nvii». 72
perciò sentisti il terremoto e gli spiriti devoti, per [tutto] il monte, rendere lode a quel Signore, che [mi auguro] li avvii presto su». 72
Così ne disse; e però ch’el si gode
tanto del ber quant’è grande la sete,
non saprei dir quant’el mi fece prode. 75
Così ci disse; e poichè si gode del bere tanto quanto è grande la sete, non saprei dire quanto egli mi procurò giovamento. 75
E ‘l savio duca: «Omai veggio la rete
che qui v’impiglia e come si scalappia,
perché ci trema e di che congaudete. 78
E la [mia] saggia guida: «Ormai vedo [chiaramente] [qual è] la rete (=l’impedimento) che vi impiglia qui e come si scioglie il laccio, perchè [il monte] trema qui e di cosa vi rallegrate tutti insieme. 78
Ora chi fosti, piacciati ch’io sappia,
e perché tanti secoli giaciuto
qui se’, ne le parole tue mi cappia». 81
Ora ti piaccia farmi sapere chi fosti, e sia racchiuso per me nelle tue parole perchè sei giaciuto qui [per] tanti secoli». 81
«Nel tempo che ‘l buon Tito, con l’aiuto
del sommo rege, vendicò le fóra
ond’uscì ‘l sangue per Giuda venduto, 84
«Nel tempo in cui il valoroso Tito, con l’aiuto del sommo re (=Dio), punì giustamente i fori (=le ferite dei chiodi) da cui uscì il sangue [di Cristo] venduto da Giuda, 84
col nome che più dura e più onora
era io di là», rispuose quello spirto,
«famoso assai, ma non con fede ancora. 87
io ero di là (=sulla terra) col nome che dura di più e che onora di più (=con il nome di poeta)», rispose quello spirito, «assai famoso, ma non ancora con [la] fede [cristiana]. 87
Tanto fu dolce mio vocale spirto,
che, tolosano, a sé mi trasse Roma,
dove mertai le tempie ornar di mirto. 90
[Il] mio canto poetico fu tanto dolce che, benchè nato a Tolosa, mi attrasse a sé Roma, dove meritai [di] ornare le tempie con [il] mirto (=con la corona poetica). 90
Stazio la gente ancor di là mi noma:
cantai di Tebe, e poi del grande Achille;
ma caddi in via con la seconda soma. 93
La gente di là (=sulla terra) mi chiama ancora Stazio: cantai di Tebe, e poi del grande Achille; ma caddi lungo il cammino (=morii) con il secondo peso (=prima di aver compiuto la seconda fatica poetica: l’Achilleide). 93
Al mio ardor fuor seme le faville,
che mi scaldar, de la divina fiamma
onde sono allumati più di mille; 96
Al mio ardore [poetico] diedero origine le scintille, che mi scaldarono, della fiamma divina (=della poesia virgiliana) alla quale moltissimi [poeti] si sono accesi; 96
de l’Eneida dico, la qual mamma
fummi e fummi nutrice poetando:
sanz’essa non fermai peso di dramma. 99
parlo dell’Eneide, la quale mi fu mamma e mi fu nutrice nel poetare: senza [di] essa non fissai [parola] che avesse un minimo peso. 99
E per esser vivuto di là quando
visse Virgilio, assentirei un sole
più che non deggio al mio uscir di bando». 102
E per essere vissuto di là (=sulla terra) quando visse Virgilio, accetterei un anno in più rispetto al dovuto per la mia liberazione da [questo] esilio. 102
Volser Virgilio a me queste parole
con viso che, tacendo, disse ‘Taci’;
ma non può tutto la virtù che vuole; 105
Queste parole fecero volgere Virgilio verso di me con [un’] espressione che, pur [egli] tacendo, diceva ‘Taci’; ma la volontà non può tutto; 105
ché riso e pianto son tanto seguaci
a la passion di che ciascun si spicca,
che men seguon voler ne’ più veraci. 108
poichè [il] riso e [il] pianto seguono tanto la passione da cui ciascuno [di essi] scaturisce, che nelle [persone] più sincere obbediscono meno [alla] volontà. 108
Io pur sorrisi come l’uom ch’ammicca;
per che l’ombra si tacque, e riguardommi
ne li occhi ove ‘l sembiante più si ficca; 111
Io sorrisi appena appena come chi ammicca; per cui l’ombra tacque, e mi guardò negli occhi dove si imprime più [fortemente] l’espressione dell’animo; 111
e «Se tanto labore in bene assommi»,
disse, «perché la tua faccia testeso
un lampeggiar di riso dimostrommi?». 114
e disse: «Così tu possa condurre a buon termine tanta fatica (=il viaggio ultraterreno), [ma dimmi] perchè testè il tuo volto mi ha mostrato un lampeggiare di sorriso?». 114
Or son io d’una parte e d’altra preso:
l’una mi fa tacer, l’altra scongiura
ch’io dica; ond’io sospiro, e sono inteso 117
Ora io sono [come] preso da una parte e da[ll’] altra: l’una mi fa tacere, l’altra [mi] scongiura perchè io parli; per cui io sospiro, e vengo compreso 117
dal mio maestro, e «Non aver paura»,
mi dice, «di parlar; ma parla e digli
quel ch’e’ dimanda con cotanta cura». 120
dal mio maestro, e mi dice: «Non aver paura di parlare; ma parla e digli ciò che egli domanda con tanta sollecitudine». 120
Ond’io: «Forse che tu ti maravigli,
antico spirto, del rider ch’io fei;
ma più d’ammirazion vo’ che ti pigli. 123
Per cui io: «Forse tu ti meravigli, spirito antico, del sorriso che feci; ma voglio che ti prenda una meraviglia [anche] più grande (=voglio darti modo di trarne molta più meraviglia). 123
Questi che guida in alto li occhi miei,
è quel Virgilio dal qual tu togliesti
forza a cantar de li uomini e d’i dèi. 126
Questo che guida i miei occhi verso [l’] alto è quel Virgilio dal quale tu traesti [la] maestria per cantare degli uomini e degli dei. 126
Se cagion altra al mio rider credesti,
lasciala per non vera, ed esser credi
quelle parole che di lui dicesti». 129
Se credesti che [la] ragione del mio sorriso fosse [un’] altra, lasciala [da parte] come non vera, e credi che [a farmi sorridere] furono quelle parole che dicesti di lui». 129
Già s’inchinava ad abbracciar li piedi
al mio dottor, ma el li disse: «Frate,
non far, ché tu se’ ombra e ombra vedi». 132
Già si inchinava per abbracciare i piedi alla mia guida, ma egli gli disse: «Fratello, non far[lo], perché tu sei [un’] ombra e vedi [un’] ombra». 132
Ed ei surgendo: «Or puoi la quantitate
comprender de l’amor ch’a te mi scalda,
quand’io dismento nostra vanitate, 135
Ed egli rialzandosi: «Ora puoi comprendere la grandezza dell’amore che mi infiamma per te, poichè io dimentico [la] nostra inconsistenza, 135
trattando l’ombre come cosa salda». 136
trattando le ombre come cose consistenti». 136
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto XXI
La sete natural che mai non sazia
se non con l’acqua onde la femminetta
samaritana domandò la grazia, 3
mi travagliava, e pungeami la fretta
per la ‘mpacciata via dietro al mio duca,
e condoleami a la giusta vendetta. 6
Ed ecco, sì come ne scrive Luca
che Cristo apparve a’ due ch’erano in via,
già surto fuor de la sepulcral buca, 9
ci apparve un’ombra, e dietro a noi venìa,
dal piè guardando la turba che giace;
né ci addemmo di lei, sì parlò pria, 12
dicendo; «O frati miei, Dio vi dea pace».
Noi ci volgemmo sùbiti, e Virgilio
rendéli ‘l cenno ch’a ciò si conface. 15
Poi cominciò: «Nel beato concilio
ti ponga in pace la verace corte
che me rilega ne l’etterno essilio». 18
«Come!», diss’elli, e parte andavam forte:
«se voi siete ombre che Dio sù non degni,
chi v’ha per la sua scala tanto scorte?». 21
E ‘l dottor mio: «Se tu riguardi a’ segni
che questi porta e che l’angel profila,
ben vedrai che coi buon convien ch’e’ regni. 24
Ma perché lei che dì e notte fila
non li avea tratta ancora la conocchia
che Cloto impone a ciascuno e compila, 27
l’anima sua, ch’è tua e mia serocchia,
venendo sù, non potea venir sola,
però ch’al nostro modo non adocchia. 30
Ond’io fui tratto fuor de l’ampia gola
d’inferno per mostrarli, e mosterrolli
oltre, quanto ‘l potrà menar mia scola. 33
Ma dimmi, se tu sai, perché tai crolli
diè dianzi ‘l monte, e perché tutto ad una
parve gridare infino a’ suoi piè molli». 36
Sì mi diè, dimandando, per la cruna
del mio disio, che pur con la speranza
si fece la mia sete men digiuna. 39
Quei cominciò: «Cosa non è che sanza
ordine senta la religione
de la montagna, o che sia fuor d’usanza. 42
Libero è qui da ogne alterazione:
di quel che ‘l ciel da sé in sé riceve
esser ci puote, e non d’altro, cagione. 45
Per che non pioggia, non grando, non neve,
non rugiada, non brina più sù cade
che la scaletta di tre gradi breve; 48
nuvole spesse non paion né rade,
né coruscar, né figlia di Taumante,
che di là cangia sovente contrade; 51
secco vapor non surge più avante
ch’al sommo d’i tre gradi ch’io parlai,
dov’ha ‘l vicario di Pietro le piante. 54
Trema forse più giù poco o assai;
ma per vento che ‘n terra si nasconda,
non so come, qua sù non tremò mai. 57
Tremaci quando alcuna anima monda
sentesi, sì che surga o che si mova
per salir sù; e tal grido seconda. 60
De la mondizia sol voler fa prova,
che, tutto libero a mutar convento,
l’alma sorprende, e di voler le giova. 63
Prima vuol ben, ma non lascia il talento
che divina giustizia, contra voglia,
come fu al peccar, pone al tormento. 66
E io, che son giaciuto a questa doglia
cinquecent’anni e più, pur mo sentii
libera volontà di miglior soglia: 69
però sentisti il tremoto e li pii
spiriti per lo monte render lode
a quel Segnor, che tosto sù li ‘nvii». 72
Così ne disse; e però ch’el si gode
tanto del ber quant’è grande la sete,
non saprei dir quant’el mi fece prode. 75
E ‘l savio duca: «Omai veggio la rete
che qui v’impiglia e come si scalappia,
perché ci trema e di che congaudete. 78
Ora chi fosti, piacciati ch’io sappia,
e perché tanti secoli giaciuto
qui se’, ne le parole tue mi cappia». 81
«Nel tempo che ‘l buon Tito, con l’aiuto
del sommo rege, vendicò le fóra
ond’uscì ‘l sangue per Giuda venduto, 84
col nome che più dura e più onora
era io di là», rispuose quello spirto,
«famoso assai, ma non con fede ancora. 87
Tanto fu dolce mio vocale spirto,
che, tolosano, a sé mi trasse Roma,
dove mertai le tempie ornar di mirto. 90
Stazio la gente ancor di là mi noma:
cantai di Tebe, e poi del grande Achille;
ma caddi in via con la seconda soma. 93
Al mio ardor fuor seme le faville,
che mi scaldar, de la divina fiamma
onde sono allumati più di mille; 96
de l’Eneida dico, la qual mamma
fummi e fummi nutrice poetando:
sanz’essa non fermai peso di dramma. 99
E per esser vivuto di là quando
visse Virgilio, assentirei un sole
più che non deggio al mio uscir di bando». 102
Volser Virgilio a me queste parole
con viso che, tacendo, disse ‘Taci’;
ma non può tutto la virtù che vuole; 105
ché riso e pianto son tanto seguaci
a la passion di che ciascun si spicca,
che men seguon voler ne’ più veraci. 108
Io pur sorrisi come l’uom ch’ammicca;
per che l’ombra si tacque, e riguardommi
ne li occhi ove ‘l sembiante più si ficca; 111
e «Se tanto labore in bene assommi»,
disse, «perché la tua faccia testeso
un lampeggiar di riso dimostrommi?». 114
Or son io d’una parte e d’altra preso:
l’una mi fa tacer, l’altra scongiura
ch’io dica; ond’io sospiro, e sono inteso 117
dal mio maestro, e «Non aver paura»,
mi dice, «di parlar; ma parla e digli
quel ch’e’ dimanda con cotanta cura». 120
Ond’io: «Forse che tu ti maravigli,
antico spirto, del rider ch’io fei;
ma più d’ammirazion vo’ che ti pigli. 123
Questi che guida in alto li occhi miei,
è quel Virgilio dal qual tu togliesti
forza a cantar de li uomini e d’i dèi. 126
Se cagion altra al mio rider credesti,
lasciala per non vera, ed esser credi
quelle parole che di lui dicesti». 129
Già s’inchinava ad abbracciar li piedi
al mio dottor, ma el li disse: «Frate,
non far, ché tu se’ ombra e ombra vedi». 132
Ed ei surgendo: «Or puoi la quantitate
comprender de l’amor ch’a te mi scalda,
quand’io dismento nostra vanitate, 135
trattando l’ombre come cosa salda». 136
Canto XXI
La naturale sete [di sapere] che non si sazia mai se non con l’acqua di cui l’umile donna samaritana domandò la grazia [a Gesù], 3
mi tormentava, e la fretta mi stimolava attraverso la via ingombra dietro la mia guida, e provavo compassione per la giusta pena [delle anime]. 6
Ed ecco, come ci racconta Luca che Cristo apparve già risorto fuori dal sepolcro ai due [discepoli] che erano su[lla] via, 9
così ci apparve un’ombra, e veniva dietro a noi, attenti a non colpire coi piedi la turba che giaceva; e non ci accorgemmo di lei, sino a che cominciò a parlare, 12
dicendo: «O fratelli miei, Dio vi conceda [la] pace». Noi ci volgemmo pronti, e Virgilio gli restituì il cenno [di saluto] che si confaceva alla circostanza. 15
Poi cominciò: «L’infallibile tribunale [divino] che mi relega nell’eterno esilio (=nell’Inferno) ponga te in pace nel concilio dei beati». 18
«Come!», disse lui, e intanto camminavamo in fretta: «se voi siete ombre che Dio non ritiene degne dell’alto (=del Cielo), chi vi ha guidate così in alto per la sua scala?». 21
E il mio maestro: «Se tu osservi i segni (=le tre P) che costui porta e che l’angelo [portinaio gli] incide, potrai vedere con chiarezza che è giusto che egli viva con i beati. 24
Ma poichè colei che fila giorno e notte (=Lachesi) non aveva ancora filato la conocchia che Cloto pone e avvolge per ciascuno, 27
la sua anima, che è tua e mia sorella, salendo, non poteva venire [da] sola, poichè non vede al nostro [stesso] modo. 30
Per cui io fui tratto fuori dalla profonda voragine infernale per mostrargli [come salire], e glielo mostrerò tanto avanti, quanto potrà condurlo [il] mio insegnamento. 33
Ma dimmi, se tu [lo] sai, perchè prima il monte diede tali scosse, e perchè sembrò gridare tutto a una voce fino alle sue pendici molli (=bagnate dal mare)». 36
Con la sua domanda, [Virgilio] infilò così [esattamente] la cruna del mio desiderio (=indovinò il mio desiderio), che solo con la speranza [di una risposta] la mia sete [di sapere] si fece meno intensa. 39
Quello cominciò: «Non c’è cosa che il sacro assetto della montagna senta fuori dall’ordine [provvidenziale], o che avvenga fuori da[lla] norma [abituale]. 42
Questo luogo è libero da ogni perturbazione [atmosferica]: vi si può sentire [solo l’] effetto di ciò che il cielo riceve da sè in sè, e non da altro. 45
Perciò non pioggia, non grandine, non neve, non rugiada, non brina cadono al di sopra della piccola scaletta di tre gradini; 48
non appaiono nuvole dense nè sparse, nè lampi, nè [la] figlia di Taumante (=Iride), che di là (=sulla terra) cambia spesso zona [del cielo]; 51
[il] vapore secco non sorge più in alto della sommità dei tre gradini di cui io ho parlato, dove il vicario di Pietro (=l’angelo portiere) poggia i piedi. 54
Forse più giù (=al di sotto dei tre gradini) [il monte] trema poco o molto; ma a causa di [un] vento che si nasconda ne[lla] terra, non so come, quassù non tremò mai. 57
Trema qui quando qualche anima si sente purificata, così che si drizza in piedi o si muove per salire su; e [un] tale grido (=il grido che hai sentito) segue [il terremoto]. 60
Solo [la] volontà [di salire] costituisce [la] prova della [avvenuta] purificazione, la quale [volontà], del tutto libera di cambiare dimora, sorprende l’anima, e le dà diletto di volere [cambiare dimora]. 63
[Anche] prima [l’anima] desidera [il] bene (=salire al cielo), ma non [glielo] permette quel desiderio che, in contrasto con la volontà, [la] divina giustizia rivolge [in lei] al[l’] espiazione, come [in terra] fu [rivolto] al peccato. 66
E io, che giacqui [sottoposto] a questa sofferenza [per] cinquecento e più anni, solo ora sentii [una] libera volontà di [raggiungere una] dimora migliore (=salire al Cielo): 69
perciò sentisti il terremoto e gli spiriti devoti, per [tutto] il monte, rendere lode a quel Signore, che [mi auguro] li avvii presto su». 72
Così ci disse; e poichè si gode del bere tanto quanto è grande la sete, non saprei dire quanto egli mi procurò giovamento. 75
E la [mia] saggia guida: «Ormai vedo [chiaramente] [qual è] la rete (=l’impedimento) che vi impiglia qui e come si scioglie il laccio, perchè [il monte] trema qui e di cosa vi rallegrate tutti insieme. 78
Ora ti piaccia farmi sapere chi fosti, e sia racchiuso per me nelle tue parole perchè sei giaciuto qui [per] tanti secoli». 81
«Nel tempo in cui il valoroso Tito, con l’aiuto del sommo re (=Dio), punì giustamente i fori (=le ferite dei chiodi) da cui uscì il sangue [di Cristo] venduto da Giuda, 84
io ero di là (=sulla terra) col nome che dura di più e che onora di più (=con il nome di poeta)», rispose quello spirito, «assai famoso, ma non ancora con [la] fede [cristiana]. 87
[Il] mio canto poetico fu tanto dolce che, benchè nato a Tolosa, mi attrasse a sé Roma, dove meritai [di] ornare le tempie con [il] mirto (=con la corona poetica). 90
La gente di là (=sulla terra) mi chiama ancora Stazio: cantai di Tebe, e poi del grande Achille; ma caddi lungo il cammino (=morii) con il secondo peso (=prima di aver compiuto la seconda fatica poetica: l’Achilleide). 93
Al mio ardore [poetico] diedero origine le scintille, che mi scaldarono, della fiamma divina (=della poesia virgiliana) alla quale moltissimi [poeti] si sono accesi; 96
parlo dell’Eneide, la quale mi fu mamma e mi fu nutrice nel poetare: senza [di] essa non fissai [parola] che avesse un minimo peso. 99
E per essere vissuto di là (=sulla terra) quando visse Virgilio, accetterei un anno in più rispetto al dovuto per la mia liberazione da [questo] esilio. 102
Queste parole fecero volgere Virgilio verso di me con [un’] espressione che, pur [egli] tacendo, diceva ‘Taci’; ma la volontà non può tutto; 105
poichè [il] riso e [il] pianto seguono tanto la passione da cui ciascuno [di essi] scaturisce, che nelle [persone] più sincere obbediscono meno [alla] volontà. 108
Io sorrisi appena appena come chi ammicca; per cui l’ombra tacque, e mi guardò negli occhi dove si imprime più [fortemente] l’espressione dell’animo; 111
e disse: «Così tu possa condurre a buon termine tanta fatica (=il viaggio ultraterreno), [ma dimmi] perchè testè il tuo volto mi ha mostrato un lampeggiare di sorriso?». 114
Ora io sono [come] preso da una parte e da[ll’] altra: l’una mi fa tacere, l’altra [mi] scongiura perchè io parli; per cui io sospiro, e vengo compreso 117
dal mio maestro, e mi dice: «Non aver paura di parlare; ma parla e digli ciò che egli domanda con tanta sollecitudine». 120
Per cui io: «Forse tu ti meravigli, spirito antico, del sorriso che feci; ma voglio che ti prenda una meraviglia [anche] più grande (=voglio darti modo di trarne molta più meraviglia). 123
Questo che guida i miei occhi verso [l’] alto è quel Virgilio dal quale tu traesti [la] maestria per cantare degli uomini e degli dei. 126
Se credesti che [la] ragione del mio sorriso fosse [un’] altra, lasciala [da parte] come non vera, e credi che [a farmi sorridere] furono quelle parole che dicesti di lui». 129
Già si inchinava per abbracciare i piedi alla mia guida, ma egli gli disse: «Fratello, non far[lo], perché tu sei [un’] ombra e vedi [un’] ombra». 132
Ed egli rialzandosi: «Ora puoi comprendere la grandezza dell’amore che mi infiamma per te, poichè io dimentico [la] nostra inconsistenza, 135
trattando le ombre come cose consistenti». 136