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Canto XXXII
Tant’eran li occhi miei fissi e attenti
a disbramarsi la decenne sete,
che li altri sensi m’eran tutti spenti. 3
I miei occhi erano tanto fissi e attenti a saziarsi della sete decennale, che gli altri miei sensi erano tutti sopiti. 3
Ed essi quinci e quindi avien parete
di non caler - così lo santo riso
a sé traéli con l’antica rete! -; 6
Ed essi da una parte e dall’altra avevano [uno] schermo di noncuranza (=non si curavano della realtà circostante) –a tal punto il santo sorriso (=il sorriso di Beatrice) li traeva a sé con l’antica rete (=con l’antico fascino)! -; 6
quando per forza mi fu vòlto il viso
ver’ la sinistra mia da quelle dee,
perch’io udi’ da loro un «Troppo fiso!»; 9
quando a forza il mio sguardo fu fatto volgere, da quelle dee, verso la mia sinistra, perchè io udii da loro un «[Guardi] troppo fissamente!»; 9
e la disposizion ch’a veder èe
ne li occhi pur testé dal sol percossi,
sanza la vista alquanto esser mi fée. 12
e la disposizione a vedere che è negli occhi, appena colpiti dal sole (=abbagliati), mi fece restare alquanto senza la vista. 12
Ma poi ch’al poco il viso riformossi
(e dico ‘al poco’ per rispetto al molto
sensibile onde a forza mi rimossi), 15
Ma dopo che la vista si riprese per [cogliere] una [luce] minore (e dico ‘minore’ rispetto alla potente sensazione dalla quale mi ero distolto a forza), 15
vidi ‘n sul braccio destro esser rivolto
lo glorioso essercito, e tornarsi
col sole e con le sette fiamme al volto. 18
vidi la processione trionfale rivolta sul lato destro, e ritornare indietro con il sole e con le sette luci [i candelabri] di fronte. 18
Come sotto li scudi per salvarsi
volgesi schiera, e sé gira col segno,
prima che possa tutta in sé mutarsi; 21
Come [una] schiera [di soldati] ripiega (=esegue una conversione) [proteggendosi] sotto gli scudi per salvarsi, e si gira [insieme] con la [sua] insegna (=con la prima squadra che porta l’insegna), prima che tutta possa mutare direzione [di marcia]; 21
quella milizia del celeste regno
che procedeva, tutta trapassonne
pria che piegasse il carro il primo legno. 24
[così] quell’esercito del regno celeste (=i ventiquattro seniori), che precedeva [gli altri], ci oltrepassò tutto prima che il carro voltasse il timone. 24
Indi a le rote si tornar le donne,
e ‘l grifon mosse il benedetto carco
sì, che però nulla penna crollonne. 27
Poi le donne (=le virtù cardinali e teologali) tornarono accanto alle ruote [del carro], e il grifone mosse il carico benedetto (=il carro) in modo tale [tuttavia], che per questo (=per aver tirato il carro) nessuna [sua] penna si mosse. 27
La bella donna che mi trasse al varco
e Stazio e io seguitavam la rota
che fé l’orbita sua con minore arco. 30
La bella donna (=Matelda) che mi aveva portato al varco (=al passaggio del Letè) e Stazio e io seguivamo la ruota (=la ruota destra) che fece il suo giro con [un] arco minore. 30
Sì passeggiando l’alta selva vòta,
colpa di quella ch’al serpente crese,
temprava i passi un’angelica nota. 33
Così un canto angelico regolava i [nostri] passi mentre percorrevamo lentamente la profonda selva vuota, per colpa di colei (=Eva) che credette al serpente. 33
Forse in tre voli tanto spazio prese
disfrenata saetta, quanto eramo
rimossi, quando Beatrice scese. 36
Forse [una] freccia scoccata con tre tiri percorre tanto spazio, quanto ci eravamo spostati [noi], quando Beatrice scese. 36
Io senti’ mormorare a tutti «Adamo»;
poi cerchiaro una pianta dispogliata
di foglie e d’altra fronda in ciascun ramo. 39
Io sentii mormorare da tutti «Adamo»; poi circondarono una pianta spogliata di foglie e di [ogni] altra fronda in ogni [suo] ramo. 39
La coma sua, che tanto si dilata
più quanto più è sù, fora da l’Indi
ne’ boschi lor per altezza ammirata. 42
La sua chioma, che si dilata tanto più quanto è più in alto, sarebbe ammirata per [l’] altezza [persino] dagli Indiani nei loro boschi. 42
«Beato se’, grifon, che non discindi
col becco d’esto legno dolce al gusto,
poscia che mal si torce il ventre quindi». 45
«Sei beato, grifone, che con il becco non strappi questa pianta dolce al gusto, poichè a causa sua il ventre si contorce dal dolore». 45
Così dintorno a l’albero robusto
gridaron li altri; e l’animal binato:
«Sì si conserva il seme d’ogne giusto». 48
Così gli altri gridarono intorno all’albero robusto; e l’animale dalla doppia natura: «Così si conserva il seme di ogni giustizia». 48
E vòlto al temo ch’elli avea tirato,
trasselo al piè de la vedova frasca,
e quel di lei a lei lasciò legato. 51
E rivolto al timone che egli aveva tirato, lo trasse ai piedi della pianta spoglia, e lasciò legato a essa quello (=il timone) [che era fatto] de[l] suo [legno]. 51
Come le nostre piante, quando casca
giù la gran luce mischiata con quella
che raggia dietro a la celeste lasca, 54
turgide fansi, e poi si rinovella
di suo color ciascuna, pria che ‘l sole
giunga li suoi corsier sotto altra stella; 57
Come le nostre piante diventano turgide, quando la luce del sole scende mescolata con quella [della costellazione] (=l’Ariete) che splende a seguito dei Pesci (=seguendo la costellazione dei Pesci), e poi ciascuna [pianta] si rinnova con [il] suo colore (=nel diverso colore dei propri fiori), prima che il sole congiunga i suoi cavalli sotto [un’] altra costellazione (=passi nella costellazione successiva: quella del Toro, cioè prima del compiersi di un mese); 54-57
men che di rose e più che di viole
colore aprendo, s’innovò la pianta,
che prima avea le ramora sì sole. 60
[così] la pianta (=la pianta dell’Eden), che prima aveva i rami così spogli, si rinnovò, mostrando [allo schiudersi dei fiori] [un] colore meno [intenso] di [quello delle] rose e più di [quello delle] viole. 60
Io non lo ‘ntesi, né qui non si canta
l’inno che quella gente allor cantaro,
né la nota soffersi tutta quanta. 63
Io non lo compresi, nè qui (=sulla Terra) si canta l’inno che in quel momento quella gente cantò, nè ressi (=ebbi la forza di ascoltare) tutta quanta la melodia. 63
S’io potessi ritrar come assonnaro
li occhi spietati udendo di Siringa,
li occhi a cui pur vegghiar costò sì caro; 66
Se io potessi descrivere come gli occhi spietati (=spietatamente vigili) [di Argo] si chiusero per il sonno udendo [narrare] di Siringa, gli occhi a cui costò tanto caro [il] continuo vegliare; 66
come pintor che con essempro pinga,
disegnerei com’io m’addormentai;
ma qual vuol sia che l’assonnar ben finga. 69
raffigurerei come io mi addormentai, come [un] pittore che dipinga con [un] modello; ma sia (=ma provi) chi vuole che [sa] rappresentare bene l’addormentarsi. 69
Però trascorro a quando mi svegliai,
e dico ch’un splendor mi squarciò ‘l velo
del sonno e un chiamar: «Surgi: che fai?». 72
Perciò passo a [descrivere] quando mi svegliai, e dico che uno splendore e un richiamo «Alzati: che fai?» mi squarciarono il velo del sonno. 72
Quali a veder de’ fioretti del melo
che del suo pome li angeli fa ghiotti
e perpetue nozze fa nel cielo, 75
Pietro e Giovanni e Iacopo condotti
e vinti, ritornaro a la parola
da la qual furon maggior sonni rotti, 78
Come Pietro e Giovanni e Giacomo, condotti a vedere i fiorellini del melo (simbolo di Cristo) (=condotti a vedere la trasfigurazione) che rende gli angeli ghiotti del suo frutto (=desiderosi della sua visione) e fa perpetue nozze nel cielo (=li nutre spiritualmente), e sopraffatti [da quella vista], ritornarono [in sé] alla parola [di Gesù] dalla quale furono rotti sonni [ben] più profondi, 75-78
e videro scemata loro scuola
così di Moisè come d’Elia,
e al maestro suo cangiata stola; 81
e videro scemata [la] loro compagnia, sia di Mosè che di Elia, e [videro che] al loro maestro (=a Gesù) [era] cambiato [il] vestito (=il vestito era tornato normale); 81
tal torna’ io, e vidi quella pia
sovra me starsi che conducitrice
fu de’ miei passi lungo ‘l fiume pria. 84
così io tornai [in me], e vidi quella pia [donna] (=Matelda) che prima era stata guida dei miei passi lungo il fiume [Lete] stare sopra [di] me. 84
E tutto in dubbio dissi: «Ov’è Beatrice?».
Ond’ella: «Vedi lei sotto la fronda
nova sedere in su la sua radice. 87
E tutto preoccupato dissi: «Dov’è Beatrice?». Per cui lei: «La [puoi] vedere sotto le fronde appena nate (=sotto l’albero che ha appena rinnovato le sue fronde) seduta sulla sua radice. 87
Vedi la compagnia che la circonda:
li altri dopo ‘l grifon sen vanno suso
con più dolce canzone e più profonda». 90
Guarda la compagnia (=le sette donne-virtù) che la circonda: gli altri (=tutti gli altri componenti della processione) [invece] tornano su [in cielo] dietro al grifone con [una] canzone (=cantando una canzone) più dolce e più profonda». 90
E se più fu lo suo parlar diffuso,
non so, però che già ne li occhi m’era
quella ch’ad altro intender m’avea chiuso. 93
E non so se il suo discorso fu più esteso, perchè nei miei occhi c’era già colei (=Beatrice) che mi aveva impedito di intendere altro. 93
Sola sedeasi in su la terra vera,
come guardia lasciata lì del plaustro
che legar vidi a la biforme fera. 96
Sedeva sola sulla nuda terra, come [una] guardia lasciata lì per il carro che avevo visto legare [all’albero] dalla fiera dalla doppia natura (=dal grifone). 96
In cerchio le facean di sé claustro
le sette ninfe, con quei lumi in mano
che son sicuri d’Aquilone e d’Austro. 99
Le sette ninfe (simbolo delle sette donne-virtù) in cerchio le facevano corona di sé (=la chiudevano in un cerchio), con in mano quelle lampade che sono sicure da Aquilone e da Austro (=non vengono spente né da Aquilone né da Austro). 99
«Qui sarai tu poco tempo silvano;
e sarai meco sanza fine cive
di quella Roma onde Cristo è romano. 102
«Qui tu rimarrai nella selva (=nel Paradiso terrestre) [per] poco tempo; e [poi] sarai con me in eterno cittadino di quella Roma (=del Paradiso) di cui Cristo è cittadino. 102
Però, in pro del mondo che mal vive,
al carro tieni or li occhi, e quel che vedi,
ritornato di là, fa che tu scrive». 105
Perciò, a vantaggio del mondo che vive nel peccato, ora tieni fissi gli occhi [fissi] sul carro, e, [una volta] tornato là (=sulla Terra), fa in modo di scrivere quello che vedi». 105
Così Beatrice; e io, che tutto ai piedi
d’i suoi comandamenti era divoto,
la mente e li occhi ov’ella volle diedi. 108
Così [si espresse] Beatrice; e io, che ero interamente pronto ai piedi dei suoi comandi (=a ubbidire umilmente ai suoi ordini), rivolsi la mente e gli occhi dove ella volle (=al carro). 108
Non scese mai con sì veloce moto
foco di spessa nube, quando piove
da quel confine che più va remoto, 111
[Un] fulmine non scese mai da [una] nuvola densa con [un] movimento così veloce, quando precipita da quella zona dell’atmosfera che è più lontana [dalla Terra], 111
com’io vidi calar l’uccel di Giove
per l’alber giù, rompendo de la scorza,
non che d’i fiori e de le foglie nove; 114
di quanto io vidi piombare l’uccello [sacro] a Giove (=l’aquila, simbolo dell’impero che, all’inizio, perseguitando i cristiani offese la giustizia divina e colpì gravemente la Chiesa) giù lungo l’albero, rompendo [parte] della corteccia, nonchè dei fiori e delle nuove foglie; 114
e ferì ‘l carro di tutta sua forza;
ond’el piegò come nave in fortuna,
vinta da l’onda, or da poggia, or da orza. 117
e colpì il carro con tutta [la] sua forza; per cui quello si piegò, ora di qua, ora di là, come [una] nave ne[lla] tempesta, sopraffatta dalle onde. 117
Poscia vidi avventarsi ne la cuna
del triunfal veiculo una volpe
che d’ogne pasto buon parea digiuna; 120
Poi vidi una volpe (simbolo dell’eresia) che sembrava digiuna di ogni cibo buono avventarsi nel fondo del carro trionfale; 120
ma, riprendendo lei di laide colpe,
la donna mia la volse in tanta futa
quanto sofferser l’ossa sanza polpe. 123
ma, la mia donna (=Beatrice), rimproverandola di colpe infami, la costrinse a [una] fuga così precipitosa quanto [glielo] permisero le [sue] ossa spolpate. 123
Poscia per indi ond’era pria venuta,
l’aguglia vidi scender giù ne l’arca
del carro e lasciar lei di sé pennuta; 126
Poi, per la stessa parte da cui era venuta la prima volta (=dall’albero), vidi l’aquila scendere nel fondo del carro e lasciarlo ricoperto delle sue penne (allegoria della donazione di Costantino); 126
e qual esce di cuor che si rammarca,
tal voce uscì del cielo e cotal disse:
«O navicella mia, com’mal se’ carca!». 129
e come esce da[l] cuore che si rammarica, così uscì [una] voce dal cielo e disse ciò: «O navicella mia (=o barca di San Pietro), come sei caricata malamente! (il carico è simbolo del potere temporale)». 129
Poi parve a me che la terra s’aprisse
tr’ambo le ruote, e vidi uscirne un drago
che per lo carro sù la coda fisse; 132
Poi mi sembrò che la terra si aprisse tra le due ruote, e ne vidi uscire un drago (simbolo di scismi che, per opera del demonio, sottraggono fedeli alla Chiesa) che conficcò la coda su per il carro; 132
e come vespa che ritragge l’ago,
a sé traendo la coda maligna,
trasse del fondo, e gissen vago vago. 135
e, tirando a sè la coda maligna, come [una] vespa che ritrae il pungiglione, asportò [una parte] del fondo [del carro], e se ne andò serpeggiando. 135
Quel che rimase, come da gramigna
vivace terra, da la piuma, offerta
forse con intenzion sana e benigna, 138
si ricoperse, e funne ricoperta
e l’una e l’altra rota e ’l temo, in tanto
che più tiene un sospir la bocca aperta. 141
Quello che rimase [del carro] fu ricoperto dalle penne [dell’aquila], offerte forse con intenzione giusta e benevola, come [una] terra fertile [è ricoperta] da gramigna, e ne furono ricoperte l’una e l’altra ruota e il timone, così rapidamente che un respiro fa tenere aperta la bocca [per] più tempo. 138-141
Trasformato così ’l dificio santo
mise fuor teste per le parti sue,
tre sovra ’l temo e una in ciascun canto. 144
Il veicolo santo (=il carro), così trasformato, fece spuntare [delle] teste (simbolo dei sette peccati capitali) nelle sue [varie] parti, tre sopra il timone (simbolo dei tre peccati che offendono Dio e il prossimo) e una in ciascun angolo (simbolo dei quattro peccati che offendono solo Dio). 144
Le prime eran cornute come bue,
ma le quattro un sol corno avean per fronte:
simile mostro visto ancor non fue. 147
Le prime [tre] avevano corna come [di] bue, ma le [altre] quattro avevano un solo corno per fronte: [un] mostro simile non fu mai visto. 147
Sicura, quasi rocca in alto monte,
seder sovresso una puttana sciolta
m’apparve con le ciglia intorno pronte; 150
Sicura [di sé], come [una] rocca su [un] alto monte, seduta su di esso mi apparve una puttana discinta (simbolo della Curia romana) con gli occhi [che guardavano] intorno pronti [a sedurre]; 150
e come perché non li fosse tolta,
vidi di costa a lei dritto un gigante;
e baciavansi insieme alcuna volta. 153
e vidi un gigante (simbolo di Filippo il Bello) dritto [di fianco] a lei come per evitare che gli fosse sottratta; e di tanto in tanto si baciavano l’un l’altro. 153
Ma perché l’occhio cupido e vagante
a me rivolse, quel feroce drudo
la flagellò dal capo infin le piante; 156
Ma poichè [quella] mi rivolse lo sguardo bramoso e mobile, quel feroce amante la flagellò dalla testa ai piedi; 156
poi, di sospetto pieno e d’ira crudo,
disciolse il mostro, e trassel per la selva,
tanto che sol di lei mi fece scudo 159
a la puttana e a la nova belva. 160
poi, pieno di sospetto e crudele per [l’] ira, slegò il mostro (=il carro mostruoso), e lo trascinò nella selva, tanto [lontano] che solamente con essa (= con gli alberi della selva) mi impedì [di vedere] la puttana e lo strano animale. 159-60
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto XXXII
Tant’eran li occhi miei fissi e attenti
a disbramarsi la decenne sete,
che li altri sensi m’eran tutti spenti. 3
Ed essi quinci e quindi avien parete
di non caler - così lo santo riso
a sé traéli con l’antica rete! -; 6
quando per forza mi fu vòlto il viso
ver’ la sinistra mia da quelle dee,
perch’io udi’ da loro un «Troppo fiso!»; 9
e la disposizion ch’a veder èe
ne li occhi pur testé dal sol percossi,
sanza la vista alquanto esser mi fée. 12
Ma poi ch’al poco il viso riformossi
(e dico ‘al poco’ per rispetto al molto
sensibile onde a forza mi rimossi), 15
vidi ‘n sul braccio destro esser rivolto
lo glorioso essercito, e tornarsi
col sole e con le sette fiamme al volto. 18
Come sotto li scudi per salvarsi
volgesi schiera, e sé gira col segno,
prima che possa tutta in sé mutarsi; 21
quella milizia del celeste regno
che procedeva, tutta trapassonne
pria che piegasse il carro il primo legno. 24
Indi a le rote si tornar le donne,
e ‘l grifon mosse il benedetto carco
sì, che però nulla penna crollonne. 27
La bella donna che mi trasse al varco
e Stazio e io seguitavam la rota
che fé l’orbita sua con minore arco. 30
Sì passeggiando l’alta selva vòta,
colpa di quella ch’al serpente crese,
temprava i passi un’angelica nota. 33
Forse in tre voli tanto spazio prese
disfrenata saetta, quanto eramo
rimossi, quando Beatrice scese. 36
Io senti’ mormorare a tutti «Adamo»;
poi cerchiaro una pianta dispogliata
di foglie e d’altra fronda in ciascun ramo. 39
La coma sua, che tanto si dilata
più quanto più è sù, fora da l’Indi
ne’ boschi lor per altezza ammirata. 42
«Beato se’, grifon, che non discindi
col becco d’esto legno dolce al gusto,
poscia che mal si torce il ventre quindi». 45
Così dintorno a l’albero robusto
gridaron li altri; e l’animal binato:
«Sì si conserva il seme d’ogne giusto». 48
E vòlto al temo ch’elli avea tirato,
trasselo al piè de la vedova frasca,
e quel di lei a lei lasciò legato. 51
Come le nostre piante, quando casca
giù la gran luce mischiata con quella
che raggia dietro a la celeste lasca, 54
turgide fansi, e poi si rinovella
di suo color ciascuna, pria che ‘l sole
giunga li suoi corsier sotto altra stella; 57
men che di rose e più che di viole
colore aprendo, s’innovò la pianta,
che prima avea le ramora sì sole. 60
Io non lo ‘ntesi, né qui non si canta
l’inno che quella gente allor cantaro,
né la nota soffersi tutta quanta. 63
S’io potessi ritrar come assonnaro
li occhi spietati udendo di Siringa,
li occhi a cui pur vegghiar costò sì caro; 66
come pintor che con essempro pinga,
disegnerei com’io m’addormentai;
ma qual vuol sia che l’assonnar ben finga. 69
Però trascorro a quando mi svegliai,
e dico ch’un splendor mi squarciò ‘l velo
del sonno e un chiamar: «Surgi: che fai?». 72
Quali a veder de’ fioretti del melo
che del suo pome li angeli fa ghiotti
e perpetue nozze fa nel cielo, 75
Pietro e Giovanni e Iacopo condotti
e vinti, ritornaro a la parola
da la qual furon maggior sonni rotti, 78
e videro scemata loro scuola
così di Moisè come d’Elia,
e al maestro suo cangiata stola; 81
tal torna’ io, e vidi quella pia
sovra me starsi che conducitrice
fu de’ miei passi lungo ‘l fiume pria. 84
E tutto in dubbio dissi: «Ov’è Beatrice?».
Ond’ella: «Vedi lei sotto la fronda
nova sedere in su la sua radice. 87
Vedi la compagnia che la circonda:
li altri dopo ‘l grifon sen vanno suso
con più dolce canzone e più profonda». 90
E se più fu lo suo parlar diffuso,
non so, però che già ne li occhi m’era
quella ch’ad altro intender m’avea chiuso. 93
Sola sedeasi in su la terra vera,
come guardia lasciata lì del plaustro
che legar vidi a la biforme fera. 96
In cerchio le facean di sé claustro
le sette ninfe, con quei lumi in mano
che son sicuri d’Aquilone e d’Austro. 99
«Qui sarai tu poco tempo silvano;
e sarai meco sanza fine cive
di quella Roma onde Cristo è romano. 102
Però, in pro del mondo che mal vive,
al carro tieni or li occhi, e quel che vedi,
ritornato di là, fa che tu scrive». 105
Così Beatrice; e io, che tutto ai piedi
d’i suoi comandamenti era divoto,
la mente e li occhi ov’ella volle diedi. 108
Non scese mai con sì veloce moto
foco di spessa nube, quando piove
da quel confine che più va remoto, 111
com’io vidi calar l’uccel di Giove
per l’alber giù, rompendo de la scorza,
non che d’i fiori e de le foglie nove; 114
e ferì ‘l carro di tutta sua forza;
ond’el piegò come nave in fortuna,
vinta da l’onda, or da poggia, or da orza. 117
Poscia vidi avventarsi ne la cuna
del triunfal veiculo una volpe
che d’ogne pasto buon parea digiuna; 120
ma, riprendendo lei di laide colpe,
la donna mia la volse in tanta futa
quanto sofferser l’ossa sanza polpe. 123
Poscia per indi ond’era pria venuta,
l’aguglia vidi scender giù ne l’arca
del carro e lasciar lei di sé pennuta; 126
e qual esce di cuor che si rammarca,
tal voce uscì del cielo e cotal disse:
«O navicella mia, com’mal se’ carca!». 129
Poi parve a me che la terra s’aprisse
tr’ambo le ruote, e vidi uscirne un drago
che per lo carro sù la coda fisse; 132
e come vespa che ritragge l’ago,
a sé traendo la coda maligna,
trasse del fondo, e gissen vago vago. 135
Quel che rimase, come da gramigna
vivace terra, da la piuma, offerta
forse con intenzion sana e benigna, 138
si ricoperse, e funne ricoperta
e l’una e l’altra rota e ’l temo, in tanto
che più tiene un sospir la bocca aperta. 141
Trasformato così ’l dificio santo
mise fuor teste per le parti sue,
tre sovra ’l temo e una in ciascun canto. 144
Le prime eran cornute come bue,
ma le quattro un sol corno avean per fronte:
simile mostro visto ancor non fue. 147
Sicura, quasi rocca in alto monte,
seder sovresso una puttana sciolta
m’apparve con le ciglia intorno pronte; 150
e come perché non li fosse tolta,
vidi di costa a lei dritto un gigante;
e baciavansi insieme alcuna volta. 153
Ma perché l’occhio cupido e vagante
a me rivolse, quel feroce drudo
la flagellò dal capo infin le piante; 156
poi, di sospetto pieno e d’ira crudo,
disciolse il mostro, e trassel per la selva,
tanto che sol di lei mi fece scudo 159
a la puttana e a la nova belva. 160
Canto XXXII
I miei occhi erano tanto fissi e attenti a saziarsi della sete decennale, che gli altri miei sensi erano tutti sopiti. 3
Ed essi da una parte e dall’altra avevano [uno] schermo di noncuranza (=non si curavano della realtà circostante) –a tal punto il santo sorriso (=il sorriso di Beatrice) li traeva a sé con l’antica rete (=con l’antico fascino)! -; 6
quando a forza il mio sguardo fu fatto volgere, da quelle dee, verso la mia sinistra, perchè io udii da loro un «[Guardi] troppo fissamente!»; 9
e la disposizione a vedere che è negli occhi, appena colpiti dal sole (=abbagliati), mi fece restare alquanto senza la vista. 12
Ma dopo che la vista si riprese per [cogliere] una [luce] minore (e dico ‘minore’ rispetto alla potente sensazione dalla quale mi ero distolto a forza), 15
vidi la processione trionfale rivolta sul lato destro, e ritornare indietro con il sole e con le sette luci [i candelabri] di fronte. 18
Come [una] schiera [di soldati] ripiega (=esegue una conversione) [proteggendosi] sotto gli scudi per salvarsi, e si gira [insieme] con la [sua] insegna (=con la prima squadra che porta l’insegna), prima che tutta possa mutare direzione [di marcia]; 21
[così] quell’esercito del regno celeste (=i ventiquattro seniori), che precedeva [gli altri], ci oltrepassò tutto prima che il carro voltasse il timone. 24
Poi le donne (=le virtù cardinali e teologali) tornarono accanto alle ruote [del carro], e il grifone mosse il carico benedetto (=il carro) in modo tale [tuttavia], che per questo (=per aver tirato il carro) nessuna [sua] penna si mosse. 27
La bella donna (=Matelda) che mi aveva portato al varco (=al passaggio del Letè) e Stazio e io seguivamo la ruota (=la ruota destra) che fece il suo giro con [un] arco minore. 30
Così un canto angelico regolava i [nostri] passi mentre percorrevamo lentamente la profonda selva vuota, per colpa di colei (=Eva) che credette al serpente. 33
Forse [una] freccia scoccata con tre tiri percorre tanto spazio, quanto ci eravamo spostati [noi], quando Beatrice scese. 36
Io sentii mormorare da tutti «Adamo»; poi circondarono una pianta spogliata di foglie e di [ogni] altra fronda in ogni [suo] ramo. 39
La sua chioma, che si dilata tanto più quanto è più in alto, sarebbe ammirata per [l’] altezza [persino] dagli Indiani nei loro boschi. 42
«Sei beato, grifone, che con il becco non strappi questa pianta dolce al gusto, poichè a causa sua il ventre si contorce dal dolore». 45
Così gli altri gridarono intorno all’albero robusto; e l’animale dalla doppia natura: «Così si conserva il seme di ogni giustizia». 48
E rivolto al timone che egli aveva tirato, lo trasse ai piedi della pianta spoglia, e lasciò legato a essa quello (=il timone) [che era fatto] de[l] suo [legno]. 51
Come le nostre piante diventano turgide, quando la luce del sole scende mescolata con quella [della costellazione] (=l’Ariete) che splende a seguito dei Pesci (=seguendo la costellazione dei Pesci), 54
e poi ciascuna [pianta] si rinnova con [il] suo colore (=nel diverso colore dei propri fiori), prima che il sole congiunga i suoi cavalli sotto [un’] altra costellazione (=passi nella costellazione successiva: quella del Toro, cioè prima del compiersi di un mese); 57
[così] la pianta (=la pianta dell’Eden), che prima aveva i rami così spogli, si rinnovò, mostrando [allo schiudersi dei fiori] [un] colore meno [intenso] di [quello delle] rose e più di [quello delle] viole. 60
Io non lo compresi, nè qui (=sulla Terra) si canta l’inno che in quel momento quella gente cantò, nè ressi (=ebbi la forza di ascoltare) tutta quanta la melodia. 63
Se io potessi descrivere come gli occhi spietati (=spietatamente vigili) [di Argo] si chiusero per il sonno udendo [narrare] di Siringa, gli occhi a cui costò tanto caro [il] continuo vegliare; 66
raffigurerei come io mi addormentai, come [un] pittore che dipinga con [un] modello; ma sia (=ma provi) chi vuole che [sa] rappresentare bene l’addormentarsi. 69
Perciò passo a [descrivere] quando mi svegliai, e dico che uno splendore e un richiamo «Alzati: che fai?» mi squarciarono il velo del sonno. 72
Come Pietro e Giovanni e Giacomo, condotti a vedere i fiorellini del melo (simbolo di Cristo) (=condotti a vedere la trasfigurazione) che rende gli angeli ghiotti del suo frutto (=desiderosi della sua visione) e fa perpetue nozze nel cielo (=li nutre spiritualmente), e sopraffatti [da quella vista], ritornarono [in sé] alla parola [di Gesù] dalla quale furono rotti sonni [ben] più profondi, 75-78
e videro scemata [la] loro compagnia, sia di Mosè che di Elia, e [videro che] al loro maestro (=a Gesù) [era] cambiato [il] vestito (=il vestito era tornato normale); 81
così io tornai [in me], e vidi quella pia [donna] (=Matelda) che prima era stata guida dei miei passi lungo il fiume [Lete] stare sopra [di] me. 84
E tutto preoccupato dissi: «Dov’è Beatrice?». Per cui lei: «La [puoi] vedere sotto le fronde appena nate (=sotto l’albero che ha appena rinnovato le sue fronde) seduta sulla sua radice. 87
Guarda la compagnia (=le sette donne-virtù) che la circonda: gli altri (=tutti gli altri componenti della processione) [invece] tornano su [in cielo] dietro al grifone con [una] canzone (=cantando una canzone) più dolce e più profonda». 90
E non so se il suo discorso fu più esteso, perchè nei miei occhi c’era già colei (=Beatrice) che mi aveva impedito di intendere altro. 93
Sedeva sola sulla nuda terra, come [una] guardia lasciata lì per il carro che avevo visto legare [all’albero] dalla fiera dalla doppia natura (=dal grifone). 96
Le sette ninfe (simbolo delle sette donne-virtù) in cerchio le facevano corona di sé (=la chiudevano in un cerchio), con in mano quelle lampade che sono sicure da Aquilone e da Austro (=non vengono spente né da Aquilone né da Austro). 99
«Qui tu rimarrai nella selva (=nel Paradiso terrestre) [per] poco tempo; e [poi] sarai con me in eterno cittadino di quella Roma (=del Paradiso) di cui Cristo è cittadino. 102
Perciò, a vantaggio del mondo che vive nel peccato, ora tieni fissi gli occhi [fissi] sul carro, e, [una volta] tornato là (=sulla Terra), fa in modo di scrivere quello che vedi». 105
Così [si espresse] Beatrice; e io, che ero interamente pronto ai piedi dei suoi comandi (=a ubbidire umilmente ai suoi ordini), rivolsi la mente e gli occhi dove ella volle (=al carro). 108
[Un] fulmine non scese mai da [una] nuvola densa con [un] movimento così veloce, quando precipita da quella zona dell’atmosfera che è più lontana [dalla Terra], 111
di quanto io vidi piombare l’uccello [sacro] a Giove (=l’aquila, simbolo dell’impero che, all’inizio, perseguitando i cristiani offese la giustizia divina e colpì gravemente la Chiesa) giù lungo l’albero, rompendo [parte] della corteccia, nonchè dei fiori e delle nuove foglie; 114
e colpì il carro con tutta [la] sua forza; per cui quello si piegò, ora di qua, ora di là, come [una] nave ne[lla] tempesta, sopraffatta dalle onde. 117
Poi vidi una volpe (simbolo dell’eresia) che sembrava digiuna di ogni cibo buono avventarsi nel fondo del carro trionfale; 120
ma, la mia donna (=Beatrice), rimproverandola di colpe infami, la costrinse a [una] fuga così precipitosa quanto [glielo] permisero le [sue] ossa spolpate. 123
Poi, per la stessa parte da cui era venuta la prima volta (=dall’albero), vidi l’aquila scendere nel fondo del carro e lasciarlo ricoperto delle sue penne (allegoria della donazione di Costantino); 126
e come esce da[l] cuore che si rammarica, così uscì [una] voce dal cielo e disse ciò: «O navicella mia (=o barca di San Pietro), come sei caricata malamente! (il carico è simbolo del potere temporale)». 129
Poi mi sembrò che la terra si aprisse tra le due ruote, e ne vidi uscire un drago (simbolo di scismi che, per opera del demonio, sottraggono fedeli alla Chiesa) che conficcò la coda su per il carro; 132
e, tirando a sè la coda maligna, come [una] vespa che ritrae il pungiglione, asportò [una parte] del fondo [del carro], e se ne andò serpeggiando. 135
Quello che rimase [del carro] fu ricoperto dalle penne [dell’aquila], offerte forse con intenzione giusta e benevola, come [una] terra fertile [è ricoperta] da gramigna, 138
e ne furono ricoperte l’una e l’altra ruota e il timone, così rapidamente che un respiro fa tenere aperta la bocca [per] più tempo. 141
Il veicolo santo (=il carro), così trasformato, fece spuntare [delle] teste (simbolo dei sette peccati capitali) nelle sue [varie] parti, tre sopra il timone (simbolo dei tre peccati che offendono Dio e il prossimo) e una in ciascun angolo (simbolo dei quattro peccati che offendono solo Dio). 144
Le prime [tre] avevano corna come [di] bue, ma le [altre] quattro avevano un solo corno per fronte: [un] mostro simile non fu mai visto. 147
Sicura [di sé], come [una] rocca su [un] alto monte, seduta su di esso mi apparve una puttana discinta (simbolo della Curia romana) con gli occhi [che guardavano] intorno pronti [a sedurre]; 150
e vidi un gigante (simbolo di Filippo il Bello) dritto [di fianco] a lei come per evitare che gli fosse sottratta; e di tanto in tanto si baciavano l’un l’altro. 153
Ma poichè [quella] mi rivolse lo sguardo bramoso e mobile, quel feroce amante la flagellò dalla testa ai piedi; 156
poi, pieno di sospetto e crudele per [l’] ira, slegò il mostro (=il carro mostruoso), e lo trascinò nella selva, tanto [lontano] che solamente con essa (= con gli alberi della selva) mi impedì [di vedere] la puttana e lo strano animale. 159-60