(ideale per la visualizzazione su dispositivi mobili)
Canto XVII
Ricorditi, lettor, se mai ne l’alpe
ti colse nebbia per la qual vedessi
non altrimenti che per pelle talpe, 3
Lettore, se per caso in montagna ti colse [la] nebbia attraverso la quale vedevi come le talpe attraverso [la] pelle [che hanno sugli occhi], ricordati 3
come, quando i vapori umidi e spessi
a diradar cominciansi, la spera
del sol debilemente entra per essi; 6
come, quando i vapori umidi e densi cominciano a diradarsi, il disco del sole (=la luce del sole) entra debolmente attraverso essi; 6
e fia la tua imagine leggera
in giugnere a veder com’io rividi
lo sole in pria, che già nel corcar era. 9
allora la tua immaginazione sarà pronta per arrivare a percepire come io rividi in un primo momento il sole, che già era prossimo a coricarsi. 9
Sì, pareggiando i miei co’ passi fidi
del mio maestro, usci’ fuor di tal nube
ai raggi morti già ne’ bassi lidi. 12
Così, adeguando i miei con i passi fidati del mio maestro, uscii fuori da tale nube ai raggi (=alla luce) [del sole] ormai spenti nelle zone basse (=sulla spiaggia). 12
O imaginativa che ne rube
talvolta sì di fuor, ch’om non s’accorge
perché dintorno suonin mille tube, 15
O immaginazione che talvolta ci rapisci a tal punto dalla realtà, che non ci s’accorge [di nulla] nonostante intorno suonino mille trombe, 15
chi move te, se ‘l senso non ti porge?
Moveti lume che nel ciel s’informa,
per sé o per voler che giù lo scorge. 18
chi ti fa operare, se i sensi non ti offrono [la materia]? Ti fa operare [la] luce che prende forma nel cielo, naturalmente o per volontà [di Dio] che la dirige quaggiù. 18
De l’empiezza di lei che mutò forma
ne l’uccel ch’a cantar più si diletta,
ne l’imagine mia apparve l’orma; 21
Nella mia fantasia apparve l’impronta (=la raffigurazione) dell’empietà di colei (=di Progne) che fu trasformata nell’uccello che più si diletta a cantare (=nell’usignolo); 21
e qui fu la mia mente sì ristretta
dentro da sé, che di fuor non venìa
cosa che fosse allor da lei ricetta. 24
e qui (=su tale visione) la mia mente fu così concentrata, che dall’esterno non proveniva nulla che potesse essere recepito da lei. 24
Poi piovve dentro a l’alta fantasia
un crucifisso dispettoso e fero
ne la sua vista, e cotal si morìa; 27
Poi piovve dentro la mia profonda fantasia, [l’immagine di] un [uomo] crocifisso (=Aman) sdegnoso e feroce nel suo aspetto, e in tale atteggiamento stava morendo; 27
intorno ad esso era il grande Assuero,
Estèr sua sposa e ‘l giusto Mardoceo,
che fu al dire e al far così intero. 30
intorno a lui c’erano il grande Assuero, [la] sua sposa Estèr e il giusto Mardocheo, che fu così integro nelle parole e nei fatti. 30
E come questa imagine rompeo
sé per sé stessa, a guisa d’una bulla
cui manca l’acqua sotto qual si feo, 33
E non appena questa visione svanì da sola, come una bolla a cui manca l’acqua sotto [alla] quale si formò, 33
surse in mia visione una fanciulla
piangendo forte, e dicea: «O regina,
perché per ira hai voluto esser nulla? 36
comparve ne[lla] mia visione una fanciulla che piangeva disperatamente, e diceva: «O regina, perché hai voluto annullarti (=ucciderti) per ira? 36
Ancisa t’hai per non perder Lavina;
or m’hai perduta! Io son essa che lutto,
madre, a la tua pria ch’a l’altrui ruina». 39
Ti sei uccisa per non perdere Lavinia; ora mi hai [ugualmente] perduta! Sono proprio io che piango, madre, per la tua rovina (=morte) prima che per quella d’altri (=di Turno)». 39
Come si frange il sonno ove di butto
nova luce percuote il viso chiuso,
che fratto guizza pria che muoia tutto; 42
Come il sonno si rompe quando improvvisamente [una] luce insolita colpisce gli occhi chiusi, [sonno] che [però, sebbene] rotto, persiste a sprazzi prima di svanire completamente; 42
così l’imaginar mio cadde giuso
tosto che lume il volto mi percosse,
maggior assai che quel ch’è in nostro uso. 45
così la mia visione svanì appena [una] luce, molto più intensa di quella a cui siamo abituati (=di quella del sole) mi colpì gli occhi. 45
I’ mi volgea per veder ov’io fosse,
quando una voce disse «Qui si monta»,
che da ogne altro intento mi rimosse; 48
Io mi guardavo intorno per vedere dove io fossi, quando una voce, che mi distolse da ogni altro intendimento, disse: «Si sale da qui»; 48
e fece la mia voglia tanto pronta
di riguardar chi era che parlava,
che mai non posa, se non si raffronta. 51
e rese il mio desiderio tanto ansioso di guardare chi era che parlava, [desiderio] che mai non si placa, se non si trova di fronte [all’oggetto desiderato]. 51
Ma come al sol che nostra vista grava
e per soverchio sua figura vela,
così la mia virtù quivi mancava. 54
Ma come [davanti] al sole che abbaglia [la] nostra vista e [che] per eccesso [di luce] nasconde [la] sua immagine, così la mia capacità visiva era impotente a questo compito. 54
«Questo è divino spirito, che ne la
via da ir sù ne drizza sanza prego,
e col suo lume sé medesmo cela. 57
«Questo è [uno] spirito divino (=un angelo), che ci indirizza per la via da salire senza essere pregato, e nasconde se stesso con la sua luce. 57
Sì fa con noi, come l’uom si fa sego;
ché quale aspetta prego e l’uopo vede,
malignamente già si mette al nego. 60
Si comporta con noi, come l’uomo si comporta con se stesso; perchè chi vede il bisogno e aspetta di essere pregato, si dispone già malignamente al rifiuto. 60
Or accordiamo a tanto invito il piede;
procacciam di salir pria che s’abbui,
ché poi non si poria, se ‘l dì non riede». 63
Ora accordiamo i [nostri] passi a [un] così autorevole invito; cerchiamo di salire prima che si faccia buio, perchè poi non si potrebbe, se il giorno non ritorna». 63
Così disse il mio duca, e io con lui
volgemmo i nostri passi ad una scala;
e tosto ch’io al primo grado fui, 66
Così disse la mia guida, e insieme volgemmo i nostri passi verso una scala; e appena io fui sul primo gradino, 66
senti’mi presso quasi un muover d’ala
e ventarmi nel viso e dir: ‘Beati
pacifici, che son sanz’ira mala!’. 69
sentii vicino a me quasi un muover d’ali e ventilarmi sul viso e dire: “Beati [i] pacifici, perchè sono privi di ira malvagia!’. 69
Già eran sovra noi tanto levati
li ultimi raggi che la notte segue,
che le stelle apparivan da più lati. 72
Gli ultimi raggi, a cui segue la notte, si erano già tanto sollevati sopra [di] noi, che le stelle apparivano da più parti [del cielo]. 72
’O virtù mia, perché sì ti dilegue?’,
fra me stesso dicea, ché mi sentiva
la possa de le gambe posta in triegue. 75
’O mio vigore, perchè ti dilegui così? ’, dicevo tra me, poichè mi sentivo la forza delle gambe momentaneamente sospesa. 75
Noi eravam dove più non saliva
la scala sù, ed eravamo affissi,
pur come nave ch’a la piaggia arriva. 78
Noi eravamo dove la scala non saliva più su, ed eravamo fermi, proprio come [una] nave che arriva alla spiaggia. 78
E io attesi un poco, s’io udissi
alcuna cosa nel novo girone;
poi mi volsi al maestro mio, e dissi: 81
E io attesi un poco, se mai io udissi cosa alcuna (=un rumore) nel nuovo girone; poi mi volsi al mio maestro, e dissi: 81
«Dolce mio padre, dì , quale offensione
si purga qui nel giro dove semo?
Se i piè si stanno, non stea tuo sermone». 84
«Dolce padre mio, dì, quale peccato si purifica qui nel girone dove siamo? Se i piedi stanno fermi, non si fermi [il] tuo discorso». 84
Ed elli a me: «L’amor del bene, scemo
del suo dover, quiritta si ristora;
qui si ribatte il mal tardato remo. 87
Ed egli a me: «L’amore del bene, manchevole rispetto al dovuto (=difettoso), si ripara proprio qui; qui si batte più velocemente il remo [che] colpevolmente [è stato] lento (=si ricompensa con la sollecitudine la colpevole tiepidezza verso il bene). 87
Ma perché più aperto intendi ancora,
volgi la mente a me, e prenderai
alcun buon frutto di nostra dimora». 90
Ma affinchè [tu] intenda ancora più chiaramente, volgi a me l’attenzione, e raccoglierai qualche buon frutto da[lla] nostra sosta». 90
«Né creator né creatura mai»,
cominciò el, «figliuol, fu sanza amore,
o naturale o d’animo; e tu ‘l sai. 93
Egli cominciò: «Figliuol, né [il] creatore né [alcuna] creatura furono mai senza amore, o innato o voluto; e tu lo sai. 93
Lo naturale è sempre sanza errore,
ma l’altro puote errar per malo obietto
o per troppo o per poco di vigore. 96
Quello innato è sempre senza errore, ma l’altro può errare [o] per [l’] oggetto sbagliato o per eccessiva o per scarsa forza. 96
Mentre ch’elli è nel primo ben diretto,
e ne’ secondi sé stesso misura,
esser non può cagion di mal diletto; 99
Finchè esso (=l’amore) è diretto verso il primo bene (=Dio), e sa moderarsi verso i [beni] secondari (=terreni), non può essere causa di piacere peccaminoso; 99
ma quando al mal si torce, o con più cura
o con men che non dee corre nel bene,
contra ‘l fattore adovra sua fattura. 102
ma quando [esso] si volge al male, o corre al bene con sollecitudine maggiore o minore rispetto a quanto dovrebbe, [la] creatura opera contro il [suo] creatore. 102
Quinci comprender puoi ch’esser convene
amor sementa in voi d’ogne virtute
e d’ogne operazion che merta pene. 105
Da ciò puoi comprendere che è necessario che [l’] amore sia in voi il seme di ogni virtù e di ogni azione che merita [una] punizione. 105
Or, perché mai non può da la salute
amor del suo subietto volger viso,
da l’odio proprio son le cose tute; 108
Ora, poichè [l’] amore non può mai distogliere [lo] sguardo dal bene del suo soggetto, [tutti] gli esseri sono protetti dall’odio verso se stessi; 108
e perché intender non si può diviso,
e per sé stante, alcuno esser dal primo,
da quello odiare ogne effetto è deciso. 111
e poichè nessun essere può considerarsi diviso dal[l’essere] Primo (=da Dio), ed esistente per se [stesso], ogni creatura è aliana da[ll’] odiare quello (=Dio). 111
Resta, se dividendo bene stimo,
che ‘l mal che s’ama è del prossimo; ed esso
amor nasce in tre modi in vostro limo. 114
Rimane [il fatto], se distinguendo giudico bene, che il male che si ama è contro il prossimo; e questo amore, ne[l] vostro fango (=nella vostra natura fatta di fango), nasce in tre modi. 114
È chi, per esser suo vicin soppresso,
spera eccellenza, e sol per questo brama
ch’el sia di sua grandezza in basso messo; 117
C’è chi (=il superbo) spera di eccellere, per il fatto che [il] suo prossimo è abbattuto, e solo per questo brama che esso decada da[lla] sua grandezza; 117
è chi podere, grazia, onore e fama
teme di perder perch’altri sormonti,
onde s’attrista sì che ‘l contrario ama; 120
c’è chi (=l’invidioso) teme di perdere potere, favori e fama per il fatto che un altro [lo] superi, per cui si rattrista a tal punto che desidera [per costui] il contrario; 120
ed è chi per ingiuria par ch’aonti,
sì che si fa de la vendetta ghiotto,
e tal convien che ‘l male altrui impronti. 123
e c’è chi (=l’iracondo) sembra che si sdegni talmente per [un’] ingiuria che diventa avido di vendetta, e [in quanto] tale avviene necessariamente che [egli] prepari il male altrui. 123
Questo triforme amor qua giù di sotto
si piange; or vo’ che tu de l’altro intende,
che corre al ben con ordine corrotto. 126
Questo amore di tre tipi (=volto al male del prossimo) si espia qua giù di sotto; ora voglio che tu sappia dell’altro [amore], che corre verso il bene (=Dio) in modo disordinato. 126
Ciascun confusamente un bene apprende
nel qual si queti l’animo, e disira;
per che di giugner lui ciascun contende. 129
Ciascuno conosce confusamente e desidera un bene (=Dio), nel quale l’animo trovi quiete; per questo, ciascuno si sforza di raggiungerlo. 129
Se lento amore a lui veder vi tira
o a lui acquistar, questa cornice,
dopo giusto penter, ve ne martira. 132
Se [un] amore debole (=l’accidia) vi spinge a conoscerlo o a ottenerlo, questa cornice, dopo [il] giusto pentimento, vi punisce per ciò. 132
Altro ben è che non fa l’uom felice;
non è felicità, non è la buona
essenza, d’ogne ben frutto e radice. 135
C’è [un] altro bene che non rende l’uomo felice (=il bene materiale); [esso] non è [la] felicità, non è la buona essenza, premio e origine di ogni bene. 135
L’amor ch’ad esso troppo s’abbandona,
di sovr’a noi si piange per tre cerchi;
ma come tripartito si ragiona, 138
L’ amore che si abbandona troppo a esso (=al bene terreno), è punito sopra a noi in tre cerchi (=nelle tre cornici superiori); ma come, ragionando, lo si divida in tre parti (=avarizia, gola, lussuria), 138
tacciolo, acciò che tu per te ne cerchi». 139
non te lo dico, affinchè tu ne faccia ricerca da solo. 139
🖥️ Parafrasi affiancata
(ideale per la visualizzazione su pc)
Canto XVII
Ricorditi, lettor, se mai ne l’alpe
ti colse nebbia per la qual vedessi
non altrimenti che per pelle talpe, 3
come, quando i vapori umidi e spessi
a diradar cominciansi, la spera
del sol debilemente entra per essi; 6
e fia la tua imagine leggera
in giugnere a veder com’io rividi
lo sole in pria, che già nel corcar era. 9
Sì, pareggiando i miei co’ passi fidi
del mio maestro, usci’ fuor di tal nube
ai raggi morti già ne’ bassi lidi. 12
O imaginativa che ne rube
talvolta sì di fuor, ch’om non s’accorge
perché dintorno suonin mille tube, 15
chi move te, se ‘l senso non ti porge?
Moveti lume che nel ciel s’informa,
per sé o per voler che giù lo scorge. 18
De l’empiezza di lei che mutò forma
ne l’uccel ch’a cantar più si diletta,
ne l’imagine mia apparve l’orma; 21
e qui fu la mia mente sì ristretta
dentro da sé, che di fuor non venìa
cosa che fosse allor da lei ricetta. 24
Poi piovve dentro a l’alta fantasia
un crucifisso dispettoso e fero
ne la sua vista, e cotal si morìa; 27
intorno ad esso era il grande Assuero,
Estèr sua sposa e ‘l giusto Mardoceo,
che fu al dire e al far così intero. 30
E come questa imagine rompeo
sé per sé stessa, a guisa d’una bulla
cui manca l’acqua sotto qual si feo, 33
surse in mia visione una fanciulla
piangendo forte, e dicea: «O regina,
perché per ira hai voluto esser nulla? 36
Ancisa t’hai per non perder Lavina;
or m’hai perduta! Io son essa che lutto,
madre, a la tua pria ch’a l’altrui ruina». 39
Come si frange il sonno ove di butto
nova luce percuote il viso chiuso,
che fratto guizza pria che muoia tutto; 42
così l’imaginar mio cadde giuso
tosto che lume il volto mi percosse,
maggior assai che quel ch’è in nostro uso. 45
I’ mi volgea per veder ov’io fosse,
quando una voce disse «Qui si monta»,
che da ogne altro intento mi rimosse; 48
e fece la mia voglia tanto pronta
di riguardar chi era che parlava,
che mai non posa, se non si raffronta. 51
Ma come al sol che nostra vista grava
e per soverchio sua figura vela,
così la mia virtù quivi mancava. 54
«Questo è divino spirito, che ne la
via da ir sù ne drizza sanza prego,
e col suo lume sé medesmo cela. 57
Sì fa con noi, come l’uom si fa sego;
ché quale aspetta prego e l’uopo vede,
malignamente già si mette al nego. 60
Or accordiamo a tanto invito il piede;
procacciam di salir pria che s’abbui,
ché poi non si poria, se ‘l dì non riede». 63
Così disse il mio duca, e io con lui
volgemmo i nostri passi ad una scala;
e tosto ch’io al primo grado fui, 66
senti’mi presso quasi un muover d’ala
e ventarmi nel viso e dir: ‘Beati
pacifici, che son sanz’ira mala!’. 69
Già eran sovra noi tanto levati
li ultimi raggi che la notte segue,
che le stelle apparivan da più lati. 72
’O virtù mia, perché sì ti dilegue?’,
fra me stesso dicea, ché mi sentiva
la possa de le gambe posta in triegue. 75
Noi eravam dove più non saliva
la scala sù, ed eravamo affissi,
pur come nave ch’a la piaggia arriva. 78
E io attesi un poco, s’io udissi
alcuna cosa nel novo girone;
poi mi volsi al maestro mio, e dissi: 81
«Dolce mio padre, dì , quale offensione
si purga qui nel giro dove semo?
Se i piè si stanno, non stea tuo sermone». 84
Ed elli a me: «L’amor del bene, scemo
del suo dover, quiritta si ristora;
qui si ribatte il mal tardato remo. 87
Ma perché più aperto intendi ancora,
volgi la mente a me, e prenderai
alcun buon frutto di nostra dimora». 90
«Né creator né creatura mai»,
cominciò el, «figliuol, fu sanza amore,
o naturale o d’animo; e tu ‘l sai. 93
Lo naturale è sempre sanza errore,
ma l’altro puote errar per malo obietto
o per troppo o per poco di vigore. 96
Mentre ch’elli è nel primo ben diretto,
e ne’ secondi sé stesso misura,
esser non può cagion di mal diletto; 99
ma quando al mal si torce, o con più cura
o con men che non dee corre nel bene,
contra ‘l fattore adovra sua fattura. 102
Quinci comprender puoi ch’esser convene
amor sementa in voi d’ogne virtute
e d’ogne operazion che merta pene. 105
Or, perché mai non può da la salute
amor del suo subietto volger viso,
da l’odio proprio son le cose tute; 108
e perché intender non si può diviso,
e per sé stante, alcuno esser dal primo,
da quello odiare ogne effetto è deciso. 111
Resta, se dividendo bene stimo,
che ‘l mal che s’ama è del prossimo; ed esso
amor nasce in tre modi in vostro limo. 114
È chi, per esser suo vicin soppresso,
spera eccellenza, e sol per questo brama
ch’el sia di sua grandezza in basso messo; 117
è chi podere, grazia, onore e fama
teme di perder perch’altri sormonti,
onde s’attrista sì che ‘l contrario ama; 120
ed è chi per ingiuria par ch’aonti,
sì che si fa de la vendetta ghiotto,
e tal convien che ‘l male altrui impronti. 123
Questo triforme amor qua giù di sotto
si piange; or vo’ che tu de l’altro intende,
che corre al ben con ordine corrotto. 126
Ciascun confusamente un bene apprende
nel qual si queti l’animo, e disira;
per che di giugner lui ciascun contende. 129
Se lento amore a lui veder vi tira
o a lui acquistar, questa cornice,
dopo giusto penter, ve ne martira. 132
Altro ben è che non fa l’uom felice;
non è felicità, non è la buona
essenza, d’ogne ben frutto e radice. 135
L’amor ch’ad esso troppo s’abbandona,
di sovr’a noi si piange per tre cerchi;
ma come tripartito si ragiona, 138
tacciolo, acciò che tu per te ne cerchi». 139
Canto XVII
Lettore, se per caso in montagna ti colse [la] nebbia attraverso la quale vedevi come le talpe attraverso [la] pelle [che hanno sugli occhi], ricordati 3
come, quando i vapori umidi e densi cominciano a diradarsi, il disco del sole (=la luce del sole) entra debolmente attraverso essi; 6
allora la tua immaginazione sarà pronta per arrivare a percepire come io rividi in un primo momento il sole, che già era prossimo a coricarsi. 9
Così, adeguando i miei con i passi fidati del mio maestro, uscii fuori da tale nube ai raggi (=alla luce) [del sole] ormai spenti nelle zone basse (=sulla spiaggia). 12
O immaginazione che talvolta ci rapisci a tal punto dalla realtà, che non ci s’accorge [di nulla] nonostante intorno suonino mille trombe, 15
chi ti fa operare, se i sensi non ti offrono [la materia]? Ti fa operare [la] luce che prende forma nel cielo, naturalmente o per volontà [di Dio] che la dirige quaggiù. 18
Nella mia fantasia apparve l’impronta (=la raffigurazione) dell’empietà di colei (=di Progne) che fu trasformata nell’uccello che più si diletta a cantare (=nell’usignolo); 21
e qui (=su tale visione) la mia mente fu così concentrata, che dall’esterno non proveniva nulla che potesse essere recepito da lei. 24
Poi piovve dentro la mia profonda fantasia, [l’immagine di] un [uomo] crocifisso (=Aman) sdegnoso e feroce nel suo aspetto, e in tale atteggiamento stava morendo; 27
intorno a lui c’erano il grande Assuero, [la] sua sposa Estèr e il giusto Mardocheo, che fu così integro nelle parole e nei fatti. 30
E non appena questa visione svanì da sola, come una bolla a cui manca l’acqua sotto [alla] quale si formò, 33
comparve ne[lla] mia visione una fanciulla che piangeva disperatamente, e diceva: «O regina, perché hai voluto annullarti (=ucciderti) per ira? 36
Ti sei uccisa per non perdere Lavinia; ora mi hai [ugualmente] perduta! Sono proprio io che piango, madre, per la tua rovina (=morte) prima che per quella d’altri (=di Turno)». 39
Come il sonno si rompe quando improvvisamente [una] luce insolita colpisce gli occhi chiusi, [sonno] che [però, sebbene] rotto, persiste a sprazzi prima di svanire completamente; 42
così la mia visione svanì appena [una] luce, molto più intensa di quella a cui siamo abituati (=di quella del sole) mi colpì gli occhi. 45
Io mi guardavo intorno per vedere dove io fossi, quando una voce, che mi distolse da ogni altro intendimento, disse: «Si sale da qui»; 48
e rese il mio desiderio tanto ansioso di guardare chi era che parlava, [desiderio] che mai non si placa, se non si trova di fronte [all’oggetto desiderato]. 51
Ma come [davanti] al sole che abbaglia [la] nostra vista e [che] per eccesso [di luce] nasconde [la] sua immagine, così la mia capacità visiva era impotente a questo compito. 54
«Questo è [uno] spirito divino (=un angelo), che ci indirizza per la via da salire senza essere pregato, e nasconde se stesso con la sua luce. 57
Si comporta con noi, come l’uomo si comporta con se stesso; perchè chi vede il bisogno e aspetta di essere pregato, si dispone già malignamente al rifiuto. 60
Ora accordiamo i [nostri] passi a [un] così autorevole invito; cerchiamo di salire prima che si faccia buio, perchè poi non si potrebbe, se il giorno non ritorna». 63
Così disse la mia guida, e insieme volgemmo i nostri passi verso una scala; e appena io fui sul primo gradino, 66
sentii vicino a me quasi un muover d’ali e ventilarmi sul viso e dire: “Beati [i] pacifici, perchè sono privi di ira malvagia!’. 69
Gli ultimi raggi, a cui segue la notte, si erano già tanto sollevati sopra [di] noi, che le stelle apparivano da più parti [del cielo]. 72
’O mio vigore, perchè ti dilegui così? ’, dicevo tra me, poichè mi sentivo la forza delle gambe momentaneamente sospesa. 75
Noi eravamo dove la scala non saliva più su, ed eravamo fermi, proprio come [una] nave che arriva alla spiaggia. 78
E io attesi un poco, se mai io udissi cosa alcuna (=un rumore) nel nuovo girone; poi mi volsi al mio maestro, e dissi: 81
«Dolce padre mio, dì, quale peccato si purifica qui nel girone dove siamo? Se i piedi stanno fermi, non si fermi [il] tuo discorso». 84
Ed egli a me: «L’amore del bene, manchevole rispetto al dovuto (=difettoso), si ripara proprio qui; qui si batte più velocemente il remo [che] colpevolmente [è stato] lento (=si ricompensa con la sollecitudine la colpevole tiepidezza verso il bene). 87
Ma affinchè [tu] intenda ancora più chiaramente, volgi a me l’attenzione, e raccoglierai qualche buon frutto da[lla] nostra sosta». 90
Egli cominciò: «Figliuol, né [il] creatore né [alcuna] creatura furono mai senza amore, o innato o voluto; e tu lo sai. 93
Quello innato è sempre senza errore, ma l’altro può errare [o] per [l’] oggetto sbagliato o per eccessiva o per scarsa forza. 96
Finchè esso (=l’amore) è diretto verso il primo bene (=Dio), e sa moderarsi verso i [beni] secondari (=terreni), non può essere causa di piacere peccaminoso; 99
ma quando [esso] si volge al male, o corre al bene con sollecitudine maggiore o minore rispetto a quanto dovrebbe, [la] creatura opera contro il [suo] creatore. 102
Da ciò puoi comprendere che è necessario che [l’] amore sia in voi il seme di ogni virtù e di ogni azione che merita [una] punizione. 105
Ora, poichè [l’] amore non può mai distogliere [lo] sguardo dal bene del suo soggetto, [tutti] gli esseri sono protetti dall’odio verso se stessi; 108
e poichè nessun essere può considerarsi diviso dal[l’essere] Primo (=da Dio), ed esistente per se [stesso], ogni creatura è aliana da[ll’] odiare quello (=Dio). 111
Rimane [il fatto], se distinguendo giudico bene, che il male che si ama è contro il prossimo; e questo amore, ne[l] vostro fango (=nella vostra natura fatta di fango), nasce in tre modi. 114
C’è chi (=il superbo) spera di eccellere, per il fatto che [il] suo prossimo è abbattuto, e solo per questo brama che esso decada da[lla] sua grandezza; 117
c’è chi (=l’invidioso) teme di perdere potere, favori e fama per il fatto che un altro [lo] superi, per cui si rattrista a tal punto che desidera [per costui] il contrario; 120
e c’è chi (=l’iracondo) sembra che si sdegni talmente per [un’] ingiuria che diventa avido di vendetta, e [in quanto] tale avviene necessariamente che [egli] prepari il male altrui. 123
Questo amore di tre tipi (=volto al male del prossimo) si espia qua giù di sotto; ora voglio che tu sappia dell’altro [amore], che corre verso il bene (=Dio) in modo disordinato. 126
Ciascuno conosce confusamente e desidera un bene (=Dio), nel quale l’animo trovi quiete; per questo, ciascuno si sforza di raggiungerlo. 129
Se [un] amore debole (=l’accidia) vi spinge a conoscerlo o a ottenerlo, questa cornice, dopo [il] giusto pentimento, vi punisce per ciò. 132
C’è [un] altro bene che non rende l’uomo felice (=il bene materiale); [esso] non è [la] felicità, non è la buona essenza, premio e origine di ogni bene. 135
L’ amore che si abbandona troppo a esso (=al bene terreno), è punito sopra a noi in tre cerchi (=nelle tre cornici superiori); ma come, ragionando, lo si divida in tre parti (=avarizia, gola, lussuria), 138
non te lo dico, affinchè tu ne faccia ricerca da solo. 139