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Canto IV
Quando per dilettanze o ver per doglie,
che alcuna virtù nostra comprenda
l’anima bene ad essa si raccoglie, 3
Quando, a causa di [un’impressione di] piacere o di dolore che una qualche nostra facoltà accolga [dentro di sé], l’anima si concentra completamente in essa, 3
par ch’a nulla potenza più intenda;
e questo è contra quello error che crede
ch’un’anima sovr’altra in noi s’accenda. 6
sembra che non si interessi più di nessun’[altra] facoltà; e questo è contro l’erronea opinione secondo cui si crede che in noi un’anima prenda vita sopra un’altra (=in noi vivrebbero più anime una oltre l’altra). 6
E però, quando s’ode cosa o vede
che tegna forte a sé l’anima volta,
vassene ‘l tempo e l’uom non se n’avvede; 9
E perciò, quando si sente o [si] vede [una] cosa che tenga fortemente rivolta a sé l’anima, il tempo se ne va e l’uomo non se ne accorge; 9
ch’altra potenza è quella che l’ascolta,
e altra è quella c’ha l’anima intera:
questa è quasi legata, e quella è sciolta. 12
poichè una facoltà è quella che lo (=il tempo) percepisce (=l’anima intellettiva), e [un’] altra è quella che possiede l’anima intera (=l’anima sensitiva che ode o vede): questa è quasi legata [dalla grande concentrazione], quella è sciolta [da ogni impegno]. 12
Di ciò ebb’io esperienza vera,
udendo quello spirto e ammirando;
ché ben cinquanta gradi salito era 15
lo sole, e io non m’era accorto, quando
venimmo ove quell’anime ad una
gridaro a noi: «Qui è vostro dimando». 18
Di ciò io ebbi [un’] esperienza vera, mentre ascoltavo quello spirito (=Manfredi) e mi meravigliavo [di ciò che diceva]; infatti il sole era salito di ben cinquanta gradi, e io non me [n’] ero accorto, quando giungemmo dove quelle anime ad una [voce] ci gridarono: «Qui è [l’oggetto della] vostra domanda (= il luogo di cui chiedevate)». 15-18
Maggiore aperta molte volte impruna
con una forcatella di sue spine
l’uom de la villa quando l’uva imbruna, 21
L’uomo del contado, quando l’uva si fa scura, (=diventa matura; cioè d’autunno) molte volte chiude, con una piccola forcata di spine, [un’] apertura più grande 21
che non era la calla onde saline
lo duca mio, e io appresso, soli,
come da noi la schiera si partìne. 24
che (=di quanto) non fosse il sentiero per cui salì la mia guida, e io dietro, soli, non appena la schiera [delle anime] si allontanò da noi. 24
Vassi in Sanleo e discendesi in Noli,
montasi su in Bismantova ‘n Cacume
con esso i piè; ma qui convien ch’om voli; 27
Si va a San Leo e si discende a Noli, si sale a Bismantova [e] su[l] Cacume coi propri piedi (solo camminando); ma qui è necessario che si voli; 27
dico con l’ale snelle e con le piume
del gran disio, di retro a quel condotto
che speranza mi dava e facea lume. 30
intendo dire con le ali veloci e con le penne del grande desiderio, dietro a quella guida che mi dava speranza e [mi] faceva luce (=mi guidava illuminandomi). 30
Noi salavam per entro ‘l sasso rotto,
e d’ogne lato ne stringea lo stremo,
e piedi e man volea il suol di sotto. 33
Noi salivamo attraverso la roccia spaccata [in due] (=un sentiero scavato nella roccia), e la strettezza delle pareti ci stringeva da ogni lato, e il suolo sottostante richiedeva [l’aiuto di] mani e piedi. 33
Poi che noi fummo in su l’orlo suppremo
de l’alta ripa, a la scoperta piaggia,
«Maestro mio», diss’io, «che via faremo?». 36
Dopo che noi giungemmo sull’orlo superiore della parete scoscesa, su un pendio scoperto, io dissi: «Maestro mio, che via prenderemo?». 36
Ed elli a me: «Nessun tuo passo caggia;
pur su al monte dietro a me acquista,
fin che n’appaia alcuna scorta saggia». 39
Ed egli a me: «Nessun tuo passo cada invano (=devii); avanza solo verso il monte dietro [di] me, finchè ci appaia qualche guida esperta». 39
Lo sommo er’alto che vincea la vista,
e la costa superba più assai
che da mezzo quadrante a centro lista. 42
La cima era [così] alta che superava la facoltà visiva (=la possibilità di vederla), e il pendio [era] assai più ripido di una linea [condotta] da1)] mezzo [di un] quadrante a[l] centro [del cerchio] (=la pendenza era di 45°). 42
Io era lasso, quando cominciai:
«O dolce padre, volgiti, e rimira
com’io rimango sol, se non restai». 45
Io ero stanco, quando cominciai: «O dolce padre, voltati, e guarda come io rimango solo, se non ti fermi». 45
«Figliuol mio», disse, «infin quivi ti tira»,
additandomi un balzo poco in sùe
che da quel lato il poggio tutto gira. 48
[Lui] disse: «Figliolo mio, tirati su fino a qui», additandomi un ripiano poco più in su che girava tutto il monte da quel lato (=dal lato dov’eravamo). 48
Sì mi spronaron le parole sue,
ch’i’ mi sforzai carpando appresso lui,
tanto che ‘l cinghio sotto i piè mi fue. 51
Le sue parole mi spronarono tanto, che io mi sforzai andando carponi dietro di lui, finchè la cintura [che gira il monte] fu sotto ai miei piedi. 51
A seder ci ponemmo ivi ambedui
vòlti a levante ond’eravam saliti,
che suole a riguardar giovare altrui 54
Entrambi ci ponemmo a sedere lì rivolti a levante da dove eravamo saliti, [levante] che suole essere di buon auspicio a chi lo guarda. 54
Li occhi prima drizzai ai bassi liti;
poscia li alzai al sole, e ammirava
che da sinistra n’eravam feriti. 57
Prima di tutto rivolsi lo sguardo in basso verso la spiaggia; poi lo alzai verso il sole, e osservavo stupefatto che ne eravamo colpiti da sinistra. 57
Ben s’avvide il poeta ch’io stava
stupido tutto al carro de la luce,
ove tra noi e Aquilone intrava. 60
Il poeta si accorse facilmente che io rimanevo tutto stupito davanti al carro della luce (=al sole), nel punto in cui [esso] avanzava tra noi e Aquilone (=il vento del nord, cioè il nord). 60
Ond’elli a me: «Se Castore e Poluce
fossero in compagnia di quello specchio
che sù e giù del suo lume conduce, 63
Per cui egli a me: «Se Castore e Polluce (=la costellazione dei Gemelli) fossero in compagnia (=in congiunzione con) di quello specchio (=di quell’astro) che conduce su e giù la sua luce (=del sole che rischiara alternativamente l’emisfero settentrionale e meridionale), 63
tu vedresti il Zodiaco rubecchio
ancora a l’Orse più stretto rotare,
se non uscisse fuor del cammin vecchio. 66
tu vedresti [la parte] rosseggiante [del]lo Zodiaco ruotare ancora più vicino alle Orse (=alla costellazione delle Orse, all’Orsa Maggiore e all’Orsa minore, cioè a nord), a meno che [il sole] non uscisse dal cammino abituale. 66
Come ciò sia, se ‘l vuoi poter pensare,
dentro raccolto, imagina Siòn
con questo monte in su la terra stare 69
Se vuoi capire come ciò accada, concentrandoti in te stesso, immagina Gerusalemme stare sulla terra con questo monte 69
sì, ch’amendue hanno un solo orizzòn
e diversi emisperi; onde la strada
che mal non seppe carreggiar Fetòn, 72
vedrai come a costui convien che vada
da l’un, quando a colui da l’altro fianco,
se lo ‘ntelletto tuo ben chiaro bada». 75
in modo che entrambi abbiano un solo orizzonte e diversi emisferi; per cui vedrai come la strada, che Fetonte purtroppo non seppe percorrere col carro (=il percorso diurno del sole), deve andare da un lato (=da destra a sinistra) rispetto a questo [monte] (=al monte del Purgatorio), dall’altro lato (=da sinistra a destra) rispetto a quello (=il monte di Sion), se il tuo intelletto vede con chiarezza». 72-75
«Certo, maestro mio», diss’io, «unquanco
non vid’io chiaro sì com’io discerno
là dove mio ingegno parea manco, 78
Io dissi: «Certo, maestro mio, finora io non ho mai compreso così chiaramente come io [ora] capisco là dove (=rispetto a una questione per la quale prima) [il] mio intelletto sembrava manchevole, 78
che ‘l mezzo cerchio del moto superno,
che si chiama Equatore in alcun’arte,
e che sempre riman tra ‘l sole e ‘l verno, 81
[cioè] che il cerchio mediano del movimento più alto (=del Primo Mobile), che in una certa arte (=in astronomia) si chiama Equatore, e che rimane sempre [in mezzo] tra il sole (=la posizione del sole nel suo corso annuo) e l’inverno (=l’emisfero in cui è inverno), 81
per la ragion che di’, quinci si parte
verso settentrion, quanto li Ebrei
vedevan lui verso la calda parte. 84
per la ragione che dici, dista da qui a settentrione (=a nord), [tanto] quanto gli Ebrei lo vedevano [distare] verso la parte calda (=verso il sud). 84
Ma se a te piace, volontier saprei
quanto avemo ad andar; ché ‘l poggio sale
più che salir non posson li occhi miei». 87
Ma se tu vuoi, vorrei sapere quanto dobbiamo [ancora] camminare; perchè il monte sale più di quanto possano salire i miei occhi». 87
Ed elli a me: «Questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant’om più va sù, e men fa male. 90
Ed egli a me: «Questa montagna è [fatta in modo] tale, che sempre è faticosa a cominciar[ne la salita] da[l] basso; ma quanto più si sale, [tanto] meno provoca affanno. 90
Però, quand’ella ti parrà soave
tanto, che sù andar ti fia leggero
com’a seconda giù andar per nave, 93
Perciò, quando essa ti sembrerà tanto dolce, che [il] salire ti risulterà facile come andare per nave seguendo la corrente, 93
allor sarai al fin d’esto sentiero;
quivi di riposar l’affanno aspetta.
Più non rispondo, e questo so per vero». 96
allora sarai alla fine di questo cammino; aspetta di riposarti là dall’affanno. Di più non dico, ma questo [lo] so per certo». 96
E com’elli ebbe sua parola detta,
una voce di presso sonò: «Forse
che di sedere in pria avrai distretta!». 99
E quando egli ebbe pronunciato [il] suo discorso, vicino [a noi] risuonò una voce: «Forse prima avrai bisogno di seder[ti] (=riposarti)!». 99
Al suon di lei ciascun di noi si torse,
e vedemmo a mancina un gran petrone,
del qual né io né ei prima s’accorse. 102
Al suono di questa [voce] ciascuno di noi si girò, e vedemmo a sinistra un gran macigno, del quale nè io nè lui prima ci eravamo accorti. 102
Là ci traemmo; e ivi eran persone
che si stavano a l’ombra dietro al sasso
come l’uom per negghienza a star si pone. 105
[Faticosamente] ci spingemmo là; e lì [c’] erano [delle] anime che stavano all’ombra dietro al macigno come chi si mette a giacere per pigrizia. 105
E un di lor, che mi sembiava lasso,
sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo ‘l viso giù tra esse basso. 108
E una di loro, che mi sembrava stanco, sedeva e [si] abbracciava le ginocchia, tenendo il viso basso tra [di] esse. 108
«O dolce segnor mio», diss’io, «adocchia
colui che mostra sé più negligente
che se pigrizia fosse sua serocchia». 111
Io dissi: «O mia dolce guida, osserva colui che si mostra più negligente che se [la] pigrizia fosse sua sorella». 111
Allor si volse a noi e puose mente,
movendo ‘l viso pur su per la coscia,
e disse: «Or va tu sù, che se’ valente!» 114
Allora si girò verso [di] noi e [ci] fissò attentamente, sollevando solamente lo sguardo lungo le cosce, e disse: «Allora vai su tu, che sei [così] bravo!» 114
Conobbi allor chi era, e quella angoscia
che m’avacciava un poco ancor la lena,
non m’impedì l’andare a lui; e poscia 117
ch’a lui fu’ giunto, alzò la testa a pena,
dicendo: «Hai ben veduto come ‘l sole
da l’omero sinistro il carro mena?». 120
Allora riconobbi chi era, e quell’affanno che accelerava ancora un poco il mio respiro non m’impedì di andare da lui; e dopo che fui giunto da lui, alzò a stento la testa, dicendo: «Hai capito bene come il sole conduce il carro dalla parte sinistra?». 117-120
Li atti suoi pigri e le corte parole
mosser le labbra mie un poco a riso;
poi cominciai: «Belacqua, a me non dole 123
di te omai; ma dimmi: perché assiso
quiritto se’? attendi tu iscorta,
o pur lo modo usato t’ha’ ripriso?». 126
Il suo atteggiamento pigro e le [sue] frasi brevi mossero un poco le mie labbra a[l] sorriso; poi cominciai: «Belacqua, ormai non mi affliggo [più] per te (=per la tua sorte); ma dimmi: perché stai seduto qui? aspetti [una] guida, oppure ti ha ripreso la [tua] solita abitudine (=la pigrizia)?». 123-126
Ed elli: «O frate, andar in sù che porta?
ché non mi lascerebbe ire a’ martìri
l’angel di Dio che siede in su la porta. 129
Ed egli: «O fratello, [a] che serve salire? dal momento che l’angelo di Dio, che siede sulla porta [del Purgatorio], non mi lascerebbe andare ai tormenti (=alle pene espiatorie). 129
Prima convien che tanto il ciel m’aggiri
di fuor da essa, quanto fece in vita,
perch’io ‘ndugiai al fine i buon sospiri, 132
Prima è necessario che il cielo mi giri intorno, fuori da quella [porta], tanto quanto fece [quand’ero] in vita, poichè io rimandai all’ultimo momento il pentimento, 132
se orazione in prima non m’aita
che surga sù di cuor che in grazia viva;
l’altra che val, che ‘n ciel non è udita?». 135
a meno che prima non mi aiutano [le] preghiere che [si] alzano da [un] cuore che viva in grazia [di Dio]; a che [cosa] servono le altre [preghiere] (=le preghiere dei peccatori), che non sono ascoltate in cielo?». 135
E già il poeta innanzi mi saliva,
e dicea: «Vienne omai; vedi ch’è tocco
meridian dal sole e a la riva 138
E il poeta saliva già davanti a me, e diceva: «Vieni ormai; vedi che [il] meridiano [del Purgatorio] è toccato dal sole (=è mezzogiorno) e sulla riva [dell’Oceano] 138
cuopre la notte già col piè Morrocco». 139
la notte copre già col piede [il] Marocco (=si distende fino al Marocco)». 139
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Canto IV
Quando per dilettanze o ver per doglie,
che alcuna virtù nostra comprenda
l’anima bene ad essa si raccoglie, 3
par ch’a nulla potenza più intenda;
e questo è contra quello error che crede
ch’un’anima sovr’altra in noi s’accenda. 6
E però, quando s’ode cosa o vede
che tegna forte a sé l’anima volta,
vassene ‘l tempo e l’uom non se n’avvede; 9
ch’altra potenza è quella che l’ascolta,
e altra è quella c’ha l’anima intera:
questa è quasi legata, e quella è sciolta. 12
Di ciò ebb’io esperienza vera,
udendo quello spirto e ammirando;
ché ben cinquanta gradi salito era 15
lo sole, e io non m’era accorto, quando
venimmo ove quell’anime ad una
gridaro a noi: «Qui è vostro dimando». 18
Maggiore aperta molte volte impruna
con una forcatella di sue spine
l’uom de la villa quando l’uva imbruna, 21
che non era la calla onde saline
lo duca mio, e io appresso, soli,
come da noi la schiera si partìne. 24
Vassi in Sanleo e discendesi in Noli,
montasi su in Bismantova ‘n Cacume
con esso i piè; ma qui convien ch’om voli; 27
dico con l’ale snelle e con le piume
del gran disio, di retro a quel condotto
che speranza mi dava e facea lume. 30
Noi salavam per entro ‘l sasso rotto,
e d’ogne lato ne stringea lo stremo,
e piedi e man volea il suol di sotto. 33
Poi che noi fummo in su l’orlo suppremo
de l’alta ripa, a la scoperta piaggia,
«Maestro mio», diss’io, «che via faremo?». 36
Ed elli a me: «Nessun tuo passo caggia;
pur su al monte dietro a me acquista,
fin che n’appaia alcuna scorta saggia». 39
Lo sommo er’alto che vincea la vista,
e la costa superba più assai
che da mezzo quadrante a centro lista. 42
Io era lasso, quando cominciai:
«O dolce padre, volgiti, e rimira
com’io rimango sol, se non restai». 45
«Figliuol mio», disse, «infin quivi ti tira»,
additandomi un balzo poco in sùe
che da quel lato il poggio tutto gira. 48
Sì mi spronaron le parole sue,
ch’i’ mi sforzai carpando appresso lui,
tanto che ‘l cinghio sotto i piè mi fue. 51
A seder ci ponemmo ivi ambedui
vòlti a levante ond’eravam saliti,
che suole a riguardar giovare altrui 54
Li occhi prima drizzai ai bassi liti;
poscia li alzai al sole, e ammirava
che da sinistra n’eravam feriti. 57
Ben s’avvide il poeta ch’io stava
stupido tutto al carro de la luce,
ove tra noi e Aquilone intrava. 60
Ond’elli a me: «Se Castore e Poluce
fossero in compagnia di quello specchio
che sù e giù del suo lume conduce, 63
tu vedresti il Zodiaco rubecchio
ancora a l’Orse più stretto rotare,
se non uscisse fuor del cammin vecchio. 66
Come ciò sia, se ‘l vuoi poter pensare,
dentro raccolto, imagina Siòn
con questo monte in su la terra stare 69
sì, ch’amendue hanno un solo orizzòn
e diversi emisperi; onde la strada
che mal non seppe carreggiar Fetòn, 72
vedrai come a costui convien che vada
da l’un, quando a colui da l’altro fianco,
se lo ‘ntelletto tuo ben chiaro bada». 75
«Certo, maestro mio», diss’io, «unquanco
non vid’io chiaro sì com’io discerno
là dove mio ingegno parea manco, 78
che ‘l mezzo cerchio del moto superno,
che si chiama Equatore in alcun’arte,
e che sempre riman tra ‘l sole e ‘l verno, 81
per la ragion che di’, quinci si parte
verso settentrion, quanto li Ebrei
vedevan lui verso la calda parte. 84
Ma se a te piace, volontier saprei
quanto avemo ad andar; ché ‘l poggio sale
più che salir non posson li occhi miei». 87
Ed elli a me: «Questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant’om più va sù, e men fa male. 90
Però, quand’ella ti parrà soave
tanto, che sù andar ti fia leggero
com’a seconda giù andar per nave, 93
allor sarai al fin d’esto sentiero;
quivi di riposar l’affanno aspetta.
Più non rispondo, e questo so per vero». 96
E com’elli ebbe sua parola detta,
una voce di presso sonò: «Forse
che di sedere in pria avrai distretta!». 99
Al suon di lei ciascun di noi si torse,
e vedemmo a mancina un gran petrone,
del qual né io né ei prima s’accorse. 102
Là ci traemmo; e ivi eran persone
che si stavano a l’ombra dietro al sasso
come l’uom per negghienza a star si pone. 105
E un di lor, che mi sembiava lasso,
sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo ‘l viso giù tra esse basso. 108
«O dolce segnor mio», diss’io, «adocchia
colui che mostra sé più negligente
che se pigrizia fosse sua serocchia». 111
Allor si volse a noi e puose mente,
movendo ‘l viso pur su per la coscia,
e disse: «Or va tu sù, che se’ valente!» 114
Conobbi allor chi era, e quella angoscia
che m’avacciava un poco ancor la lena,
non m’impedì l’andare a lui; e poscia 117
ch’a lui fu’ giunto, alzò la testa a pena,
dicendo: «Hai ben veduto come ‘l sole
da l’omero sinistro il carro mena?». 120
Li atti suoi pigri e le corte parole
mosser le labbra mie un poco a riso;
poi cominciai: «Belacqua, a me non dole 123
di te omai; ma dimmi: perché assiso
quiritto se’? attendi tu iscorta,
o pur lo modo usato t’ha’ ripriso?». 126
Ed elli: «O frate, andar in sù che porta?
ché non mi lascerebbe ire a’ martìri
l’angel di Dio che siede in su la porta. 129
Prima convien che tanto il ciel m’aggiri
di fuor da essa, quanto fece in vita,
perch’io ‘ndugiai al fine i buon sospiri, 132
se orazione in prima non m’aita
che surga sù di cuor che in grazia viva;
l’altra che val, che ‘n ciel non è udita?». 135
E già il poeta innanzi mi saliva,
e dicea: «Vienne omai; vedi ch’è tocco
meridian dal sole e a la riva 138
cuopre la notte già col piè Morrocco». 139
Canto IV
Quando, a causa di [un’impressione di] piacere o di dolore che una qualche nostra facoltà accolga [dentro di sé], l’anima si concentra completamente in essa, 3
sembra che non si interessi più di nessun’[altra] facoltà; e questo è contro l’erronea opinione secondo cui si crede che in noi un’anima prenda vita sopra un’altra (=in noi vivrebbero più anime una oltre l’altra). 6
E perciò, quando si sente o [si] vede [una] cosa che tenga fortemente rivolta a sé l’anima, il tempo se ne va e l’uomo non se ne accorge; 9
poichè una facoltà è quella che lo (=il tempo) percepisce (=l’anima intellettiva), e [un’] altra è quella che possiede l’anima intera (=l’anima sensitiva che ode o vede): questa è quasi legata [dalla grande concentrazione], quella è sciolta [da ogni impegno]. 12
Di ciò io ebbi [un’] esperienza vera, mentre ascoltavo quello spirito (=Manfredi) e mi meravigliavo [di ciò che diceva]; infatti il sole era salito di ben cinquanta gradi, 15
e io non me [n’] ero accorto, quando giungemmo dove quelle anime ad una [voce] ci gridarono: «Qui è [l’oggetto della] vostra domanda (= il luogo di cui chiedevate)». 18
L’uomo del contado, quando l’uva si fa scura, (=diventa matura; cioè d’autunno) molte volte chiude, con una piccola forcata di spine, [un’] apertura più grande 21
che (=di quanto) non fosse il sentiero per cui salì la mia guida, e io dietro, soli, non appena la schiera [delle anime] si allontanò da noi. 24
Si va a San Leo e si discende a Noli, si sale a Bismantova [e] su[l] Cacume coi propri piedi (solo camminando); ma qui è necessario che si voli; 27
intendo dire con le ali veloci e con le penne del grande desiderio, dietro a quella guida che mi dava speranza e [mi] faceva luce (=mi guidava illuminandomi). 30
Noi salivamo attraverso la roccia spaccata [in due] (=un sentiero scavato nella roccia), e la strettezza delle pareti ci stringeva da ogni lato, e il suolo sottostante richiedeva [l’aiuto di] mani e piedi. 33
Dopo che noi giungemmo sull’orlo superiore della parete scoscesa, su un pendio scoperto, io dissi: «Maestro mio, che via prenderemo?». 36
Ed egli a me: «Nessun tuo passo cada invano (=devii); avanza solo verso il monte dietro [di] me, finchè ci appaia qualche guida esperta». 39
La cima era [così] alta che superava la facoltà visiva (=la possibilità di vederla), e il pendio [era] assai più ripido di una linea [condotta] da1)] mezzo [di un] quadrante a[l] centro [del cerchio] (=la pendenza era di 45°). 42
Io ero stanco, quando cominciai: «O dolce padre, voltati, e guarda come io rimango solo, se non ti fermi». 45
[Lui] disse: «Figliolo mio, tirati su fino a qui», additandomi un ripiano poco più in su che girava tutto il monte da quel lato (=dal lato dov’eravamo). 48
Le sue parole mi spronarono tanto, che io mi sforzai andando carponi dietro di lui, finchè la cintura [che gira il monte] fu sotto ai miei piedi. 51
Entrambi ci ponemmo a sedere lì rivolti a levante da dove eravamo saliti, [levante] che suole essere di buon auspicio a chi lo guarda. 54
Prima di tutto rivolsi lo sguardo in basso verso la spiaggia; poi lo alzai verso il sole, e osservavo stupefatto che ne eravamo colpiti da sinistra. 57
Il poeta si accorse facilmente che io rimanevo tutto stupito davanti al carro della luce (=al sole), nel punto in cui [esso] avanzava tra noi e Aquilone (=il vento del nord, cioè il nord). 60
Per cui egli a me: «Se Castore e Polluce (=la costellazione dei Gemelli) fossero in compagnia (=in congiunzione con) di quello specchio (=di quell’astro) che conduce su e giù la sua luce (=del sole che rischiara alternativamente l’emisfero settentrionale e meridionale), 63
tu vedresti [la parte] rosseggiante [del]lo Zodiaco ruotare ancora più vicino alle Orse (=alla costellazione delle Orse, all’Orsa Maggiore e all’Orsa minore, cioè a nord), a meno che [il sole] non uscisse dal cammino abituale. 66
Se vuoi capire come ciò accada, concentrandoti in te stesso, immagina Gerusalemme stare sulla terra con questo monte 69
in modo che entrambi abbiano un solo orizzonte e diversi emisferi; per cui vedrai come la strada, che Fetonte purtroppo non seppe percorrere col carro (=il percorso diurno del sole), 72
deve andare da un lato (=da destra a sinistra) rispetto a questo [monte] (=al monte del Purgatorio), dall’altro lato (=da sinistra a destra) rispetto a quello (=il monte di Sion), se il tuo intelletto vede con chiarezza». 75
Io dissi: «Certo, maestro mio, finora io non ho mai compreso così chiaramente come io [ora] capisco là dove (=rispetto a una questione per la quale prima) [il] mio intelletto sembrava manchevole, 78
[cioè] che il cerchio mediano del movimento più alto (=del Primo Mobile), che in una certa arte (=in astronomia) si chiama Equatore, e che rimane sempre [in mezzo] tra il sole (=la posizione del sole nel suo corso annuo) e l’inverno (=l’emisfero in cui è inverno), 81
per la ragione che dici, dista da qui a settentrione (=a nord), [tanto] quanto gli Ebrei lo vedevano [distare] verso la parte calda (=verso il sud). 84
Ma se tu vuoi, vorrei sapere quanto dobbiamo [ancora] camminare; perchè il monte sale più di quanto possano salire i miei occhi». 87
Ed egli a me: «Questa montagna è [fatta in modo] tale, che sempre è faticosa a cominciar[ne la salita] da[l] basso; ma quanto più si sale, [tanto] meno provoca affanno. 90
Perciò, quando essa ti sembrerà tanto dolce, che [il] salire ti risulterà facile come andare per nave seguendo la corrente, 93
allora sarai alla fine di questo cammino; aspetta di riposarti là dall’affanno. Di più non dico, ma questo [lo] so per certo». 96
E quando egli ebbe pronunciato [il] suo discorso, vicino [a noi] risuonò una voce: «Forse prima avrai bisogno di seder[ti] (=riposarti)!». 99
Al suono di questa [voce] ciascuno di noi si girò, e vedemmo a sinistra un gran macigno, del quale nè io nè lui prima ci eravamo accorti. 102
[Faticosamente] ci spingemmo là; e lì [c’] erano [delle] anime che stavano all’ombra dietro al macigno come chi si mette a giacere per pigrizia. 105
E una di loro, che mi sembrava stanco, sedeva e [si] abbracciava le ginocchia, tenendo il viso basso tra [di] esse. 108
Io dissi: «O mia dolce guida, osserva colui che si mostra più negligente che se [la] pigrizia fosse sua sorella». 111
Allora si girò verso [di] noi e [ci] fissò attentamente, sollevando solamente lo sguardo lungo le cosce, e disse: «Allora vai su tu, che sei [così] bravo!» 114
Allora riconobbi chi era, e quell’affanno che accelerava ancora un poco il mio respiro non m’impedì di andare da lui; e dopo 117
che fui giunto da lui, alzò a stento la testa, dicendo: «Hai capito bene come il sole conduce il carro dalla parte sinistra?». 120
Il suo atteggiamento pigro e le [sue] frasi brevi mossero un poco le mie labbra a[l] sorriso; poi cominciai: «Belacqua, ormai non mi affliggo [più] 123
per te (=per la tua sorte); ma dimmi: perché stai seduto qui? aspetti [una] guida, oppure ti ha ripreso la [tua] solita abitudine (=la pigrizia)?». 126
Ed egli: «O fratello, [a] che serve salire? dal momento che l’angelo di Dio, che siede sulla porta [del Purgatorio], non mi lascerebbe andare ai tormenti (=alle pene espiatorie). 129
Prima è necessario che il cielo mi giri intorno, fuori da quella [porta], tanto quanto fece [quand’ero] in vita, poichè io rimandai all’ultimo momento il pentimento, 132
a meno che prima non mi aiutano [le] preghiere che [si] alzano da [un] cuore che viva in grazia [di Dio]; a che [cosa] servono le altre [preghiere] (=le preghiere dei peccatori), che non sono ascoltate in cielo?». 135
E il poeta saliva già davanti a me, e diceva: «Vieni ormai; vedi che [il] meridiano [del Purgatorio] è toccato dal sole (=è mezzogiorno) e sulla riva [dell’Oceano] 138
la notte copre già col piede [il] Marocco (=si distende fino al Marocco)». 139