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Canto XVIII
Posto avea fine al suo ragionamento
l’alto dottore, e attento guardava
ne la mia vista s’io parea contento; 3
Il grande maestro (=Virgilio) aveva posto fine al suo ragionamento, e guardava attentamente nei miei occhi [per vedere] se io apparivo soddisfatto; 3
e io, cui nova sete ancor frugava,
di fuor tacea, e dentro dicea: ‘Forse
lo troppo dimandar ch’io fo li grava’. 6
e io, che ero già stimolato da [una] nuova sete [di conoscenza], esteriormente tacevo, ma dentro [mi] dicevo: ‘Forse le troppe domande che io faccio gli sono di peso (=lo infastidiscono)”. 6
Ma quel padre verace, che s’accorse
del timido voler che non s’apriva,
parlando, di parlare ardir mi porse. 9
Ma quel padre di verità (=Virgilio), che si accorse del [mio] timido desiderio che non si manifestava, parlando, mi diede [il] coraggio di parlare. 9
Ond’io: «Maestro, il mio veder s’avviva
sì nel tuo lume, ch’io discerno chiaro
quanto la tua ragion parta o descriva. 12
Per cui io: «Maestro, la mia vista [intellettuale] si ravviva a tal punto nella tua luce (=nella luce del tuo sapere), che io intendo chiaramente quanto il tuo ragionamento distingua o analizzi. 12
Però ti prego, dolce padre caro,
che mi dimostri amore, a cui reduci
ogne buono operare e ‘l suo contraro». 15
Perciò ti prego, dolce caro padre, che mi mostri [cosa sia l’] amore, a cui riconduci ogni azione buona e il suo contrario». 15
«Drizza», disse, «ver’ me l’agute luci
de lo ‘ntelletto, e fieti manifesto
l’error de’ ciechi che si fanno duci. 18
Disse: «Volgi verso me gli occhi penetranti del [tuo] intelletto, e ti sarà chiaro l’errore dei ciechi che si fanno guide [agli altri] (=di coloro che non conoscono la verità e presumono di guidare gli altri). 18
L’animo, ch’è creato ad amar presto,
ad ogne cosa è mobile che piace,
tosto che dal piacere in atto è desto. 21
L’anima, che è creata disposta ad amare, si muove verso ogni cosa che piace, appena è risvegliata ad agire (=tale disposizione è posta in atto) dal[l’oggetto del] piacere. 21
Vostra apprensiva da esser verace
tragge intenzione, e dentro a voi la spiega,
sì che l’animo ad essa volger face; 24
[La] vostra facoltà conoscitiva trae dalle cose vere [un’] immagine, e la sviluppa dentro di voi, così che fa volgere l’animo verso essa; 24
e se, rivolto, inver’ di lei si piega,
quel piegare è amor, quell’è natura
che per piacer di novo in voi si lega. 27
e se [l’animo], [così] indirizzato, si inclina verso di lei, quell’inclinazione è amore, quella è [la] natura (=l’amore naturale) che si lega di nuovo in voi a causa de[l] piacere (=ad opera della cosa piacente). 27
Poi, come ‘l foco movesi in altura
per la sua forma ch’è nata a salire
là dove più in sua matera dura, 30
Poi, come il fuoco si muove verso l’alto per la sua essenza che è predisposta a salire là dove (=verso la sfera del fuoco) dura [di] più nel suo elemento, 30
così l’animo preso entra in disire,
ch’è moto spiritale, e mai non posa
fin che la cosa amata il fa gioire. 33
così l’animo, preso [da amore], entra in [un] desiderio che è moto spirituale, e non trova mai quiete per tutto il tempo che la cosa amata lo fa gioire. 33
Or ti puote apparer quant’è nascosa
la veritate a la gente ch’avvera
ciascun amore in sé laudabil cosa; 36
Ora ti può apparire [chiaro] quanto sia nascosta la verità a coloro che ritengono ogni amore cosa lodevole in sè; 36
però che forse appar la sua matera
sempre esser buona, ma non ciascun segno
è buono, ancor che buona sia la cera». 39
forse per il fatto che la sua materia (=la naturale disposizione ad amare) appare essere sempre buona, ma non ogni impronta è buona, anche se la cera è buona». 39
«Le tue parole e ‘l mio seguace ingegno»,
rispuos’io lui, «m’hanno amor discoverto,
ma ciò m’ha fatto di dubbiar più pregno; 42
Io gli risposi: «Le tue parole e il mio intelletto che segue attentamente mi hanno svelato [la natura del] l’amore, ma ciò mi ha reso più pieno di dubbi; 42
ché, s’amore è di fuori a noi offerto,
e l’anima non va con altro piede,
se dritta o torta va, non è suo merto». 45
poichè, se l’amore ci è offerto da fattori esterni e l’anima non può procedere in modo diverso (=è mossa dall’impulso naturale di amare), non è suo merito [o demerito], se procede bene o male». 45
Ed elli a me: «Quanto ragion qui vede,
dir ti poss’io; da indi in là t’aspetta
pur a Beatrice, ch’è opra di fede. 48
Ed egli a me: «Io posso dirti [solo] quanto [la] ragione conosce su questo punto; per ciò che va oltre, affidati solo a Beatrice, perchè [questo] è argomento di fede. 48
Ogne forma sustanzial, che setta
è da matera ed è con lei unita,
specifica vertute ha in sé colletta, 51
Ogni forma sostanziale (=anima), che è distinta da[lla] materia (=dal corpo) ed è congiunta con lei, ha raccolta in sè [un’] attitudine specifica, 51
la qual sanza operar non è sentita,
né si dimostra mai che per effetto,
come per verdi fronde in pianta vita. 54
che non è avvertita se non opera, nè si manifesta se non per [i suoi] effetti, come in [una] pianta [la] vita [si manifesta] ne[lle] fronde verdi. 54
Però, là onde vegna lo ‘ntelletto
de le prime notizie, omo non sape,
e de’ primi appetibili l’affetto, 57
Perciò, l’uomo non sa da dove vengano la conoscenza delle nozioni innate (=dei principi primi) e l’amore per i primi [beni] desiderabili, 57
che sono in voi sì come studio in ape
di far lo mele; e questa prima voglia
merto di lode o di biasmo non cape. 60
che sono (=sono innati); in voi così come ne[ll’] ape [la] tendenza a fare il miele e questa prima inclinazione non contiene [in sé] [alcun] merito di lode o di biasimo (non merita né lode né biasimo). 60
Or perché a questa ogn’altra si raccoglia,
innata v’è la virtù che consiglia,
e de l’assenso de’ tener la soglia. 63
Ora affinchè ogni altra [inclinazione] si accordi a questa, è innata in voi la facoltà che consiglia (=la ragione), che deve controllare la soglia dell’assenso [al bene o al male]. 63
Quest’è ‘l principio là onde si piglia
ragion di meritare in voi, secondo
che buoni e rei amori accoglie e viglia. 66
Questo è il principio da cui deriva in voi [il] motivo di meritare [premio o pena], a seconda che accolga e scelga [gli] amori buoni e cattivi. 66
Color che ragionando andaro al fondo,
s’accorser d’esta innata libertate;
però moralità lasciaro al mondo. 69
Coloro (=i filosofi), che ragionando andarono al fondo [delle cose], si accorsero di questa libertà innata; perciò lasciarono [in eredità] al mondo [la dottrina]. morale. 69
Onde, poniam che di necessitate
surga ogne amor che dentro a voi s’accende,
di ritenerlo è in voi la podestate. 72
Per cui, ammesso che ogni amore che si accende in voi nasca per necessità (=per forza istintiva), in voi c’è il potere di trattenerlo [o meno]. 72
La nobile virtù Beatrice intende
per lo libero arbitrio, e però guarda
che l’abbi a mente, s’a parlar ten prende». 75
Beatrice intende questa nobile virtù (=la ragione) come libero arbitrio, e perciò guarda di tenerlo a mente, se [lei] ha occasione di parlartene». 75
La luna, quasi a mezza notte tarda,
facea le stelle a noi parer più rade,
fatta com’un secchion che tuttor arda; 78
La luna, sorta in ritardo quasi a mezzanotte, ci faceva sembrare le stelle più rare, [ed era] simile a un paiolo ancora ardente; 78
e correa contro ‘l ciel per quelle strade
che ‘l sole infiamma allor che quel da Roma
tra Sardi e ‘ Corsi il vede quando cade. 81
e saliva in senso contrario al [movimento del] cielo attraverso quelle vie che il sole scalda quando chi è a Roma lo vede tramontare tra [i] Sardi e i Corsi (=al solstizio d’inverno). 81
E quell’ombra gentil per cui si noma
Pietola più che villa mantoana,
del mio carcar diposta avea la soma; 84
E quell’anima nobile (=Virgilio) per cui Pietole è più nominata (=famosa) che [la] città di Mantova, aveva deposto il peso di cui l’avevo caricata (=si era liberata del peso che le avevo imposto con i miei dubbi); 84
per ch’io, che la ragione aperta e piana
sovra le mie quistioni avea ricolta,
stava com’om che sonnolento vana. 87
per cui io, che avevo accolto il ragionamento chiaro e semplice in merito alle mie domande, ero come uno che vaneggia per il sonno. 87
Ma questa sonnolenza mi fu tolta
subitamente da gente che dopo
le nostre spalle a noi era già volta. 90
Ma questa sonnolenza mi fu tolta improvvisamente da una schiera di anime che, [sopraggiungendo] alle nostre spalle, già veniva verso di noi. 90
E quale Ismeno già vide e Asopo
lungo di sè di notte furia e calca,
pur che i Teban di Bacco avesser uopo, 93
E come un tempo [i fiumi] Ismeno e Asopo, videro di notte lungo le loro rive [una] calca furiosa, ogni volta che i Tebani avevano bisogno [dell’aiuto] di Bacco, 93
cotal per quel giron suo passo falca,
per quel ch’io vidi di color, venendo,
cui buon volere e giusto amor cavalca. 96
una simile [calca] corre a grandi falcate, avanzando, attraverso quel girone, per quel che io potei vedere di coloro, spronata da buona volontà e da giusto amore, 96
Tosto fur sovr’a noi, perché correndo
si movea tutta quella turba magna;
e due dinanzi gridavan piangendo: 99
Rapidamente giunsero vicino a noi, poichè tutta quella grande schiera [d’anime] si muoveva correndo; e due davanti [agli altri] gridavano piangendo: 99
«Maria corse con fretta a la montagna;
e Cesare, per soggiogare Ilerda,
punse Marsilia e poi corse in Ispagna». 102
«Maria corse velocemente verso la montagna; e Cesare, per soggiogare Ilerda (=la città di Ilerda), colpì Marsiglia e poi corse in Spagna». 102
«Ratto, ratto, che ‘l tempo non si perda
per poco amor», gridavan li altri appresso,
«che studio di ben far grazia rinverda». 105
Gli altri dietro [di loro] gridavano: «Presto, presto, non si perda il tempo per scarso amore, affinchè [lo] zelo ne[l] fare bene rinverdisca [in noi la] grazia». 105
«O gente in cui fervore aguto adesso
ricompie forse negligenza e indugio
da voi per tepidezza in ben far messo, 108
«O anime in cui [l’] acuto fervore ora compensa forse [la] negligenza e [l’] indugio da voi impiegati per poco vigore ne[ll’] operare bene, 108
questi che vive, e certo i’ non vi bugio,
vuole andar sù, pur che ‘l sol ne riluca;
però ne dite ond’è presso il pertugio». 111
costui che è vivo, e certo io non vi mento, vuole salire, non appena il sole torni a risplendere su [di] noi; perciò diteci dove il passaggio è più vicino». 111
Parole furon queste del mio duca;
e un di quelli spirti disse: «Vieni
di retro a noi, e troverai la buca. 114
Queste furono [le] parole della mia guida; e uno di quegli spiriti disse: «Vieni dietro a noi, e troverai l’apertura. 114
Noi siam di voglia a muoverci sì pieni,
che restar non potem; però perdona,
se villania nostra giustizia tieni. 117
Noi siamo così pieni di desiderio di muoverci, che non possiamo sostare; perciò perdona[ci], se consideri [una] scortesia [il] nostro dovere (=la nostra giusta punizione). 117
Io fui abate in San Zeno a Verona
sotto lo ‘mperio del buon Barbarossa,
di cui dolente ancor Milan ragiona. 120
Io fui abate in San Zeno a Verona sotto il regno del valente Barbarossa, di cui Milano parla ancora con dolore. 120
E tale ha già l’un piè dentro la fossa,
che tosto piangerà quel monastero,
e tristo fia d’avere avuta possa; 123
E ha già un piede nella fossa [un] tale (=Alberto della Scala) che presto piangerà [per l’offesa recata a] quel monastero, e si rattristerà di avere avuto potere [su di esso]; 123
perché suo figlio, mal del corpo intero,
e de la mente peggio, e che mal nacque,
ha posto in loco di suo pastor vero». 126
perchè, al posto del suo vero pastore (=dell’abate legittimo), ha messo suo figlio (=Giuseppe), non integro nel corpo, e [ancor] peggio nell’animo, e nato illegittimo». 126
Io non so se più disse o s’ei si tacque,
tant’era già di là da noi trascorso;
ma questo intesi, e ritener mi piacque. 129
Io non so se disse altro o se egli tacque, tanto si era già allontanato da noi; ma questo compresi, e mi piacque ricordare. 129
E quei che m’era ad ogne uopo soccorso
disse: «Volgiti qua: vedine due
venir dando a l’accidia di morso». 132
E colui che mi aiutava a ogni bisogno (=Virgilio) disse: «Voltati [di] qua: guardane [altre] due (=guarda altre due anime) che vengono mordendo (=biasimando) l’accidia (il peccato di accidia)». 132
Di retro a tutti dicean: «Prima fue
morta la gente a cui il mar s’aperse,
che vedesse Iordan le rede sue. 135
Dietro a tutti dicevano: «La gente (=gli Ebrei) di fronte alla quale si aprì il mare (=il Mar Rosso) morì prima che il Giordano (=la Palestina) vedesse i suoi eredi. 135
E quella che l’affanno non sofferse
fino a la fine col figlio d’Anchise,
sé stessa a vita sanza gloria offerse». 138
E quella [gente] (=i Troiani) che non sopportò fino alla fine le fatiche col figlio di Anchise (=Enea) condannò se stessa a [una] vita senza gloria». 138
Poi quando fuor da noi tanto divise
quell’ombre, che veder più non potiersi,
novo pensiero dentro a me si mise, 141
Poi quando quelle ombre si furono tanto allontanate da noi, che non si potevano più vedere, [un] nuovo pensiero si introdusse dentro di me, 141
del qual più altri nacquero e diversi;
e tanto d’uno in altro vaneggiai,
che li occhi per vaghezza ricopersi, 144
da questo nacquero numerosi altri [pensieri] e diversi [tra loro]; e vaneggiai da[ll’] uno a[ll’] altro tanto che chiusi gli occhi per stanchezza, 144
e ‘l pensamento in sogno trasmutai. 145
e tramutai i pensieri in sogno. 145
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto XVIII
Posto avea fine al suo ragionamento
l’alto dottore, e attento guardava
ne la mia vista s’io parea contento; 3
e io, cui nova sete ancor frugava,
di fuor tacea, e dentro dicea: ‘Forse
lo troppo dimandar ch’io fo li grava’. 6
Ma quel padre verace, che s’accorse
del timido voler che non s’apriva,
parlando, di parlare ardir mi porse. 9
Ond’io: «Maestro, il mio veder s’avviva
sì nel tuo lume, ch’io discerno chiaro
quanto la tua ragion parta o descriva. 12
Però ti prego, dolce padre caro,
che mi dimostri amore, a cui reduci
ogne buono operare e ‘l suo contraro». 15
«Drizza», disse, «ver’ me l’agute luci
de lo ‘ntelletto, e fieti manifesto
l’error de’ ciechi che si fanno duci. 18
L’animo, ch’è creato ad amar presto,
ad ogne cosa è mobile che piace,
tosto che dal piacere in atto è desto. 21
Vostra apprensiva da esser verace
tragge intenzione, e dentro a voi la spiega,
sì che l’animo ad essa volger face; 24
e se, rivolto, inver’ di lei si piega,
quel piegare è amor, quell’è natura
che per piacer di novo in voi si lega. 27
Poi, come ‘l foco movesi in altura
per la sua forma ch’è nata a salire
là dove più in sua matera dura, 30
così l’animo preso entra in disire,
ch’è moto spiritale, e mai non posa
fin che la cosa amata il fa gioire. 33
Or ti puote apparer quant’è nascosa
la veritate a la gente ch’avvera
ciascun amore in sé laudabil cosa; 36
però che forse appar la sua matera
sempre esser buona, ma non ciascun segno
è buono, ancor che buona sia la cera». 39
«Le tue parole e ‘l mio seguace ingegno»,
rispuos’io lui, «m’hanno amor discoverto,
ma ciò m’ha fatto di dubbiar più pregno; 42
ché, s’amore è di fuori a noi offerto,
e l’anima non va con altro piede,
se dritta o torta va, non è suo merto». 45
Ed elli a me: «Quanto ragion qui vede,
dir ti poss’io; da indi in là t’aspetta
pur a Beatrice, ch’è opra di fede. 48
Ogne forma sustanzial, che setta
è da matera ed è con lei unita,
specifica vertute ha in sé colletta, 51
la qual sanza operar non è sentita,
né si dimostra mai che per effetto,
come per verdi fronde in pianta vita. 54
Però, là onde vegna lo ‘ntelletto
de le prime notizie, omo non sape,
e de’ primi appetibili l’affetto, 57
che sono in voi sì come studio in ape
di far lo mele; e questa prima voglia
merto di lode o di biasmo non cape. 60
Or perché a questa ogn’altra si raccoglia,
innata v’è la virtù che consiglia,
e de l’assenso de’ tener la soglia. 63
Quest’è ‘l principio là onde si piglia
ragion di meritare in voi, secondo
che buoni e rei amori accoglie e viglia. 66
Color che ragionando andaro al fondo,
s’accorser d’esta innata libertate;
però moralità lasciaro al mondo. 69
Onde, poniam che di necessitate
surga ogne amor che dentro a voi s’accende,
di ritenerlo è in voi la podestate. 72
La nobile virtù Beatrice intende
per lo libero arbitrio, e però guarda
che l’abbi a mente, s’a parlar ten prende». 75
La luna, quasi a mezza notte tarda,
facea le stelle a noi parer più rade,
fatta com’un secchion che tuttor arda; 78
e correa contro ‘l ciel per quelle strade
che ‘l sole infiamma allor che quel da Roma
tra Sardi e ‘ Corsi il vede quando cade. 81
E quell’ombra gentil per cui si noma
Pietola più che villa mantoana,
del mio carcar diposta avea la soma; 84
per ch’io, che la ragione aperta e piana
sovra le mie quistioni avea ricolta,
stava com’om che sonnolento vana. 87
Ma questa sonnolenza mi fu tolta
subitamente da gente che dopo
le nostre spalle a noi era già volta. 90
E quale Ismeno già vide e Asopo
lungo di sè di notte furia e calca,
pur che i Teban di Bacco avesser uopo, 93
cotal per quel giron suo passo falca,
per quel ch’io vidi di color, venendo,
cui buon volere e giusto amor cavalca. 96
Tosto fur sovr’a noi, perché correndo
si movea tutta quella turba magna;
e due dinanzi gridavan piangendo: 99
«Maria corse con fretta a la montagna;
e Cesare, per soggiogare Ilerda,
punse Marsilia e poi corse in Ispagna». 102
«Ratto, ratto, che ‘l tempo non si perda
per poco amor», gridavan li altri appresso,
«che studio di ben far grazia rinverda». 105
«O gente in cui fervore aguto adesso
ricompie forse negligenza e indugio
da voi per tepidezza in ben far messo, 108
questi che vive, e certo i’ non vi bugio,
vuole andar sù, pur che ‘l sol ne riluca;
però ne dite ond’è presso il pertugio». 111
Parole furon queste del mio duca;
e un di quelli spirti disse: «Vieni
di retro a noi, e troverai la buca. 114
Noi siam di voglia a muoverci sì pieni,
che restar non potem; però perdona,
se villania nostra giustizia tieni. 117
Io fui abate in San Zeno a Verona
sotto lo ‘mperio del buon Barbarossa,
di cui dolente ancor Milan ragiona. 120
E tale ha già l’un piè dentro la fossa,
che tosto piangerà quel monastero,
e tristo fia d’avere avuta possa; 123
perché suo figlio, mal del corpo intero,
e de la mente peggio, e che mal nacque,
ha posto in loco di suo pastor vero». 126
Io non so se più disse o s’ei si tacque,
tant’era già di là da noi trascorso;
ma questo intesi, e ritener mi piacque. 129
E quei che m’era ad ogne uopo soccorso
disse: «Volgiti qua: vedine due
venir dando a l’accidia di morso». 132
Di retro a tutti dicean: «Prima fue
morta la gente a cui il mar s’aperse,
che vedesse Iordan le rede sue. 135
E quella che l’affanno non sofferse
fino a la fine col figlio d’Anchise,
sé stessa a vita sanza gloria offerse». 138
Poi quando fuor da noi tanto divise
quell’ombre, che veder più non potiersi,
novo pensiero dentro a me si mise, 141
del qual più altri nacquero e diversi;
e tanto d’uno in altro vaneggiai,
che li occhi per vaghezza ricopersi, 144
e ‘l pensamento in sogno trasmutai. 145
Canto XVIII
Il grande maestro (=Virgilio) aveva posto fine al suo ragionamento, e guardava attentamente nei miei occhi [per vedere] se io apparivo soddisfatto; 3
e io, che ero già stimolato da [una] nuova sete [di conoscenza], esteriormente tacevo, ma dentro [mi] dicevo: ‘Forse le troppe domande che io faccio gli sono di peso (=lo infastidiscono)”. 6
Ma quel padre di verità (=Virgilio), che si accorse del [mio] timido desiderio che non si manifestava, parlando, mi diede [il] coraggio di parlare. 9
Per cui io: «Maestro, la mia vista [intellettuale] si ravviva a tal punto nella tua luce (=nella luce del tuo sapere), che io intendo chiaramente quanto il tuo ragionamento distingua o analizzi. 12
Perciò ti prego, dolce caro padre, che mi mostri [cosa sia l’] amore, a cui riconduci ogni azione buona e il suo contrario». 15
Disse: «Volgi verso me gli occhi penetranti del [tuo] intelletto, e ti sarà chiaro l’errore dei ciechi che si fanno guide [agli altri] (=di coloro che non conoscono la verità e presumono di guidare gli altri). 18
L’anima, che è creata disposta ad amare, si muove verso ogni cosa che piace, appena è risvegliata ad agire (=tale disposizione è posta in atto) dal[l’oggetto del] piacere. 21
[La] vostra facoltà conoscitiva trae dalle cose vere [un’] immagine, e la sviluppa dentro di voi, così che fa volgere l’animo verso essa; 24
e se [l’animo], [così] indirizzato, si inclina verso di lei, quell’inclinazione è amore, quella è [la] natura (=l’amore naturale) che si lega di nuovo in voi a causa de[l] piacere (=ad opera della cosa piacente). 27
Poi, come il fuoco si muove verso l’alto per la sua essenza che è predisposta a salire là dove (=verso la sfera del fuoco) dura [di] più nel suo elemento, 30
così l’animo, preso [da amore], entra in [un] desiderio che è moto spirituale, e non trova mai quiete per tutto il tempo che la cosa amata lo fa gioire. 33
Ora ti può apparire [chiaro] quanto sia nascosta la verità a coloro che ritengono ogni amore cosa lodevole in sè; 36
forse per il fatto che la sua materia (=la naturale disposizione ad amare) appare essere sempre buona, ma non ogni impronta è buona, anche se la cera è buona». 39
Io gli risposi: «Le tue parole e il mio intelletto che segue attentamente mi hanno svelato [la natura del] l’amore, ma ciò mi ha reso più pieno di dubbi; 42
poichè, se l’amore ci è offerto da fattori esterni e l’anima non può procedere in modo diverso (=è mossa dall’impulso naturale di amare), non è suo merito [o demerito], se procede bene o male». 45
Ed egli a me: «Io posso dirti [solo] quanto [la] ragione conosce su questo punto; per ciò che va oltre, affidati solo a Beatrice, perchè [questo] è argomento di fede. 48
Ogni forma sostanziale (=anima), che è distinta da[lla] materia (=dal corpo) ed è congiunta con lei, ha raccolta in sè [un’] attitudine specifica, 51
che non è avvertita se non opera, nè si manifesta se non per [i suoi] effetti, come in [una] pianta [la] vita [si manifesta] ne[lle] fronde verdi. 54
Perciò, l’uomo non sa da dove vengano la conoscenza delle nozioni innate (=dei principi primi) e l’amore per i primi [beni] desiderabili, 57
che sono (=sono innati); in voi così come ne[ll’] ape [la] tendenza a fare il miele e questa prima inclinazione non contiene [in sé] [alcun] merito di lode o di biasimo (non merita né lode né biasimo). 60
Ora affinchè ogni altra [inclinazione] si accordi a questa, è innata in voi la facoltà che consiglia (=la ragione), che deve controllare la soglia dell’assenso [al bene o al male]. 63
Questo è il principio da cui deriva in voi [il] motivo di meritare [premio o pena], a seconda che accolga e scelga [gli] amori buoni e cattivi. 66
Coloro (=i filosofi), che ragionando andarono al fondo [delle cose], si accorsero di questa libertà innata; perciò lasciarono [in eredità] al mondo [la dottrina]. morale. 69
Per cui, ammesso che ogni amore che si accende in voi nasca per necessità (=per forza istintiva), in voi c’è il potere di trattenerlo [o meno]. 72
Beatrice intende questa nobile virtù (=la ragione) come libero arbitrio, e perciò guarda di tenerlo a mente, se [lei] ha occasione di parlartene». 75
La luna, sorta in ritardo quasi a mezzanotte, ci faceva sembrare le stelle più rare, [ed era] simile a un paiolo ancora ardente; 78
e saliva in senso contrario al [movimento del] cielo attraverso quelle vie che il sole scalda quando chi è a Roma lo vede tramontare tra [i] Sardi e i Corsi (=al solstizio d’inverno). 81
E quell’anima nobile (=Virgilio) per cui Pietole è più nominata (=famosa) che [la] città di Mantova, aveva deposto il peso di cui l’avevo caricata (=si era liberata del peso che le avevo imposto con i miei dubbi); 84
per cui io, che avevo accolto il ragionamento chiaro e semplice in merito alle mie domande, ero come uno che vaneggia per il sonno. 87
Ma questa sonnolenza mi fu tolta improvvisamente da una schiera di anime che, [sopraggiungendo] alle nostre spalle, già veniva verso di noi. 90
E come un tempo [i fiumi] Ismeno e Asopo, videro di notte lungo le loro rive [una] calca furiosa, ogni volta che i Tebani avevano bisogno [dell’aiuto] di Bacco, 93
una simile [calca] corre a grandi falcate, avanzando, attraverso quel girone, per quel che io potei vedere di coloro, spronata da buona volontà e da giusto amore, 96
Rapidamente giunsero vicino a noi, poichè tutta quella grande schiera [d’anime] si muoveva correndo; e due davanti [agli altri] gridavano piangendo: 99
«Maria corse velocemente verso la montagna; e Cesare, per soggiogare Ilerda (=la città di Ilerda), colpì Marsiglia e poi corse in Spagna». 102
Gli altri dietro [di loro] gridavano: «Presto, presto, non si perda il tempo per scarso amore, affinchè [lo] zelo ne[l] fare bene rinverdisca [in noi la] grazia». 105
«O anime in cui [l’] acuto fervore ora compensa forse [la] negligenza e [l’] indugio da voi impiegati per poco vigore ne[ll’] operare bene, 108
costui che è vivo, e certo io non vi mento, vuole salire, non appena il sole torni a risplendere su [di] noi; perciò diteci dove il passaggio è più vicino». 111
Queste furono [le] parole della mia guida; e uno di quegli spiriti disse: «Vieni dietro a noi, e troverai l’apertura. 114
Noi siamo così pieni di desiderio di muoverci, che non possiamo sostare; perciò perdona[ci], se consideri [una] scortesia [il] nostro dovere (=la nostra giusta punizione). 117
Io fui abate in San Zeno a Verona sotto il regno del valente Barbarossa, di cui Milano parla ancora con dolore. 120
E ha già un piede nella fossa [un] tale (=Alberto della Scala) che presto piangerà [per l’offesa recata a] quel monastero, e si rattristerà di avere avuto potere [su di esso]; 123
perchè, al posto del suo vero pastore (=dell’abate legittimo), ha messo suo figlio (=Giuseppe), non integro nel corpo, e [ancor] peggio nell’animo, e nato illegittimo». 126
Io non so se disse altro o se egli tacque, tanto si era già allontanato da noi; ma questo compresi, e mi piacque ricordare. 129
E colui che mi aiutava a ogni bisogno (=Virgilio) disse: «Voltati [di] qua: guardane [altre] due (=guarda altre due anime) che vengono mordendo (=biasimando) l’accidia (il peccato di accidia)». 132
Dietro a tutti dicevano: «La gente (=gli Ebrei) di fronte alla quale si aprì il mare (=il Mar Rosso) morì prima che il Giordano (=la Palestina) vedesse i suoi eredi. 135
E quella [gente] (=i Troiani) che non sopportò fino alla fine le fatiche col figlio di Anchise (=Enea) condannò se stessa a [una] vita senza gloria». 138
Poi quando quelle ombre si furono tanto allontanate da noi, che non si potevano più vedere, [un] nuovo pensiero si introdusse dentro di me, 141
da questo nacquero numerosi altri [pensieri] e diversi [tra loro]; e vaneggiai da[ll’] uno a[ll’] altro tanto che chiusi gli occhi per stanchezza, 144
e tramutai i pensieri in sogno. 145