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Canto XXVI
Mentre che sì per l’orlo, uno innanzi altro,
ce n’andavamo, e spesso il buon maestro
diceami: «Guarda: giovi ch’io ti scaltro»; 3
Mentre ce ne andavamo così lungo il margine, uno davanti [all’] altro, e spesso il valente maestro mi diceva: «Bada: [ti] sia utile che io ti scaltrisca (=ti renda accorto)»; 3
feriami il sole in su l’omero destro,
che già, raggiando, tutto l’occidente
mutava in bianco aspetto di cilestro; 6
il sole che già, con i suoi raggi, cambiava tutto l’occidente da azzurro in bianco mi colpiva il fianco destro; 6
e io facea con l’ombra più rovente
parer la fiamma; e pur a tanto indizio
vidi molt’ombre, andando, poner mente. 9
e io, con la mia ombra, facevo sembrare la fiamma più rossa; e vidi molte anime, mentre camminavano, prestare attenzione insistentemente a [un] indizio [per loro] così straordinario. 9
Questa fu la cagion che diede inizio
loro a parlar di me; e cominciarsi
a dir: «Colui non par corpo fittizio»; 12
Questa fu la ragione che offrì loro [l’] occasione di parlare di me; e cominciarono a dirsi: «Quello non sembra [un] corpo apparente»; 12
poi verso me, quanto potean farsi,
certi si fero, sempre con riguardo
di non uscir dove non fosser arsi. 15
poi alcuni si diressero verso [di] me, quanto potevano avvicinarsi, sempre con [l’] avvertenza di non uscire [dalle fiamme per entrare] in una zona in cui non fossero bruciati. 15
«O tu che vai, non per esser più tardo,
ma forse reverente, a li altri dopo,
rispondi a me che ’n sete e ’n foco ardo. 18
«O tu che cammini dietro agli altri, non perché sei più pigro, ma forse [perchè] reverente, rispondi a me che ardo ne[lla] sete e ne[l] fuoco. 18
Né solo a me la tua risposta è uopo;
ché tutti questi n’hanno maggior sete
che d’acqua fredda Indo o Etïopo. 21
La tua risposta non è necessaria solo a me; perchè tutti questi (=queste anime) ne hanno [una] sete maggiore che [l’] Indiano o [l’] Etiope di acqua fredda. 21
Dinne com’è che fai di te parete
al sol, pur come tu non fossi ancora
di morte intrato dentro da la rete». 24
Dicci come accade che fai impedimento al sole con il tuo corpo, proprio come se tu non fossi ancora entrato nella rete de[lla] morte (=non fossi ancora morto)». 24
Sì mi parlava un d’essi; e io mi fora
già manifesto, s’io non fossi atteso
ad altra novità ch’apparve allora; 27
Così mi parlava uno di loro; e io mi sarei già manifestato, se io non avessi rivolto l’attenzione a [un’] altra novità che apparve allora; 27
ché per lo mezzo del cammino acceso
venne gente col viso incontro a questa,
la qual mi fece a rimirar sospeso. 30
perchè in mezzo alla via infuocata venne un gruppo [di] anime (=i sodomiti) con il viso contrapposto a queste (=che procedevano in direzione opposta: da destra a sinistra), la qual [cosa] mi rese tutto assorto ne[ll’] osservar[la]. 30
Lì veggio d’ogne parte farsi presta
ciascun’ombra e basciarsi una con una
sanza restar, contente a brieve festa; 33
Lì (=nel luogo dell’incontro) vedo da ogni parte [delle due schiere] ciascun’ ombra affrettarsi e baciarsi [l’] una con [l’] altra senza fermarsi, contente de[lla] breve festosa accoglienza. 33
così per entro loro schiera bruna
s’ammusa l’una con l’altra formica,
forse a spiar lor via e lor fortuna. 36
allo stesso modo [una] formica tocca il muso dell’altra dentro [la] loro schiera scura, forse per chiedere notizie su[l] loro cammino e su[lla] loro fortuna (=sulla possibilità di trovar cibo). 36
Tosto che parton l’accoglienza amica,
prima che ’l primo passo lì trascorra,
sopragridar ciascuna s’affatica: 39
Appena terminano l’accoglienza amichevole, prima che sia compiuto [da ciascuns] il primo passo oltre quel punto, ciascuna si sforza di gridare più forte [dell’altra schiera]: 39
la nova gente: «Soddoma e Gomorra»;
e l’altra: «Ne la vacca entra Pasife,
perché ’l torello a sua lussuria corra». 42
la nuova schiera [di anime grida]: «Sodoma e Gomorra»; e l’ altra: «Pasife entra nella vacca (=nella vacca di legno), affinchè il toro accorra alla sua lussuria [per soddisfarla]». 42
Poi, come grue ch’a le montagne Rife
volasser parte, e parte inver’ l’arene,
queste del gel, quelle del sole schife, 45
Poi, come gru che [per assurdo] volassero [in] parte verso i monti Rifei (=monti del nord Europa), e [in] parte verso i deserti [sabbiosi], queste [ultime] per rifuggire dal gelo, quelle dal sole, 45
l’una gente sen va, l’altra sen vene;
e tornan, lagrimando, a’ primi canti
e al gridar che più lor si convene; 48
una schiera (=i sodomiti) se ne va, l’altra (=i lussuriosi) se ne viene (=viene con noi); e, piangendo, tornano ai [loro] canti iniziali (=Summae Deus clementiae) e alle grida [degli esempi] che più addicono a loro (=al peccato commesso in terra); 48
e raccostansi a me, come davanti,
essi medesmi che m’avean pregato,
attenti ad ascoltar ne’ lor sembianti. 51
e quegli stessi che mi avevano pregato [di parlare], con l’espressione di chi è attento ad ascoltare, si riaccostano a me, come prima. 51
Io, che due volte avea visto lor grato,
incominciai: «O anime sicure
d’aver, quando che sia, di pace stato, 54
Io, che [per] due volte avevo capito [il] loro desiderio (=ciò che essi desideravano sapere), incominciai: «O anime sicure di ottenere, quando che sia, [la] condizione di beatitudine, 54
non son rimase acerbe né mature
le membra mie di là, ma son qui meco
col sangue suo e con le sue giunture. 57
le mie membra non sono rimaste di là (=sulla terra) [né] giovani nè vecchie (=non sono morto nè giovane nè vecchio: sono ancora vivo), ma sono qui con me con il loro sangue e con i loro nervi. 57
Quinci sù vo per non esser più cieco;
donna è di sopra che m’acquista grazia,
per che ’l mortal per vostro mondo reco. 60
Da qui vado su [verso il cielo] per non essere più cieco [intellettualmente] (=ottenebrato dal peccato); di sopra (=nel Paradiso) c’è una donna (=Beatrice oppure la Vergine) che mi procura [la] grazia, per la quale porto il corpo attraverso [il] vostro mondo. 60
Ma se la vostra maggior voglia sazia
tosto divegna, sì che ’l ciel v’alberghi
ch’è pien d’amore e più ampio si spazia, 63
Ma possa (=vi auguro che) il vostro maggior desiderio (=il desiderio di vedere Dio) essere presto soddisfatto, così che vi ospiti il cielo che è pieno d’amore e si estende più largamente (=l’Empireo), 63
ditemi, acciò ch’ancor carte ne verghi,
chi siete voi, e chi è quella turba
che se ne va di retro a’ vostri terghi». 66
[e voi] ditemi [a compenso di questo augurio], affinchè [io] ne possa scrivere ancora, chi voi siete, e chi è quella schiera che si allontana dietro alle vostre spalle». 66
Non altrimenti stupido si turba
lo montanaro, e rimirando ammuta,
quando rozzo e salvatico s’inurba, 69
Il montanaro stupito si turba, e ammutolisce mentre guarda con meraviglia, quando rozzo e selvatico arriva [per la prima volta] in città, non diversamente 69
che ciascun’ombra fece in sua paruta;
ma poi che furon di stupore scarche,
lo qual ne li alti cuor tosto s’attuta, 72
da come fece ciascun’anima ne[l] suo aspetto; ma dopo che furono libere da[llo] stupore, che si attenua presto negli animi saggi, 72
«Beato te, che de le nostre marche»,
ricominciò colei che pria m’inchiese,
«per morir meglio, esperienza imbarche! 75
colei che per prima mi aveva interrogato ricominciò: «Beato te che fai esperienza dei nostri luoghi per morire meglio (=in grazia di Dio)!». 75
La gente che non vien con noi, offese
di ciò per che già Cesar, triunfando,
‘Regina’ contra sé chiamar s’intese: 78
Le anime che non vengono con noi (=camminano in direzione opposta) offesero [Dio] in merito a ciò per cui Cesare una volta, durante il trionfo, si sentì chiamare, a proprio scherno, ‘Regina’: 78
però si parton ‘Soddoma’ gridando,
rimproverando a sé, com’hai udito,
e aiutan l’arsura vergognando. 81
perciò si allontanano [da noi] gridando ‘Sodoma’ rimproverando se stesse, come hai udito, e vergognandosi favoriscono [la pena de]l fuoco. 81
Nostro peccato fu ermafrodito;
ma perché non servammo umana legge,
seguendo come bestie l’appetito, 84
[Il] nostro peccato fu eterosessuale; ma poichè non osservammo [la] legge degli uomini (=della ragione: la moderazione), seguendo come bestie la voglia, 84
in obbrobrio di noi, per noi si legge,
quando partinci, il nome di colei
che s’imbestiò ne le ’mbestiate schegge. 87
quando ci dividiamo, per nostra vergogna, da noi si grida il nome di colei che si fece bestia nel legno a forma di bestia (=di Pasife). 87
Or sai nostri atti e di che fummo rei:
se forse a nome vuo’ saper chi semo,
tempo non è di dire, e non saprei. 90
Ora conosci [le] nostre azioni e di che [cosa] fummo colpevoli: se forse vuoi sapere chi siamo per nome, non c’è tempo di dirl[o], e non saprei [farlo]. 90
Farotti ben di me volere scemo:
son Guido Guinizzelli; e già mi purgo
per ben dolermi prima ch’a lo stremo». 93
[Tuttavia] soddisferò [il tuo] desiderio su di me: sono Guido Guinizzelli; e mi purifico già per essermi pentito bene prima del momento estremo [della vita]». 93
Quali ne la tristizia di Ligurgo
si fer due figli a riveder la madre,
tal mi fec’io, ma non a tanto insurgo, 96
Come si fecero [i] due figli [di Isifile] (=con lo stesso stato d’animo in cui si trovarono), durante il lutto di Licurgo, ne[l] rivedere la madre, così mi feci io, ma non arrivo a tanto (=ad avvicinarmi alle fiamme), 96
quand’io odo nomar sé stesso il padre
mio e de li altri miei miglior che mai
rime d’amore usar dolci e leggiadre; 99
quando io sento nominare se stesso (=il proprio nome) il mio padre [poetico] e degli altri migliori di me che in qualsiasi tempo scrissero rime d’amore dolci ed eleganti; 99
e sanza udire e dir pensoso andai
lunga fiata rimirando lui,
né, per lo foco, in là più m’appressai. 102
e senza [più] ascoltare e parlare camminai pensoso [per] molto tempo osservandolo fissamente, nè mi avvicinai di più, a causa del fuoco. 102
Poi che di riguardar pasciuto fui,
tutto m’offersi pronto al suo servigio
con l’affermar che fa credere altrui. 105
Dopo che mi fui saziato di guardar[lo], mi offrii tutto pronto al suo servizio con quel[l’] affermazione che spinge gli altri a credere (=con il giuramento). 105
Ed elli a me: «Tu lasci tal vestigio,
per quel ch’i’ odo, in me, e tanto chiaro,
che Leté nol può tòrre né far bigio. 108
Ed egli a me: «Tu lasci in me, per quel che io sento, [un’] impronta tale, e tanto luminosa, che il Lete non la può cancellare nè affievolire. 108
Ma se le tue parole or ver giuraro,
dimmi che è cagion per che dimostri
nel dire e nel guardar d’avermi caro». 111
Ma se le tue parole ora giurarono [il] vero, dimmi qual è [il] motivo per cui nel parlare e nel guardar[mi] dimostri di considerarmi caro». 111
E io a lui: «Li dolci detti vostri,
che, quanto durerà l’uso moderno,
faranno cari ancora i loro incostri». 114
E io a lui: «I vostri dolci versi, che, finchè durerà lo scrivere moderno (=in volgare), renderanno preziosi anche i loro inchiostri [usati per scriverli]». 114
«O frate», disse, «questi ch’io ti cerno
col dito», e additò un spirto innanzi,
«fu miglior fabbro del parlar materno. 117
Disse: «O fratello questi (=Arnaut Daniel) che io ti indico col dito», e additò uno spirito davanti [a lui], «fu miglior artefice nella [sua] lingua materna (=il provenzale). 117
Versi d’amore e prose di romanzi
soverchiò tutti; e lascia dir li stolti
che quel di Lemosì credon ch’avanzi. 120
Superò tutti [nelle] poesie d’amore e [nei] componimenti narrativi; e lascia parlare gli sciocchi che credono [che] quello de[l] Lemosino (=Giraut de Bornelh) [sia] superiore. 120
A voce più ch’al ver drizzan li volti,
e così ferman sua oppinione
prima ch’arte o ragion per lor s’ascolta. 123
[Essi] prestano attenzione più a[lle] voci che alla verità, e così fissano [la] loro opinione prima che da essi si dia ascolto a[ll’] arte o a [lla] ragione. 123
Così fer molti antichi di Guittone,
di grido in grido pur lui dando pregio,
fin che l’ha vinto il ver con più persone. 126
Così fecero molti antichi (=poeti della vecchia generazione) riguardo a Guittone (=Guittone d’Arezzo), continuando a dar lode a lui di bocca in bocca, finchè la verità l’ha superata (=ha superato la lode) grazie a[l giudizio di] più persone. 126
Or se tu hai sì ampio privilegio,
che licito ti sia l’andare al chiostro
nel quale è Cristo abate del collegio, 129
Ora se tu hai [un] privilegio tanto grande che ti è lecito andare nel monastero (=in Paradiso) dove Cristo è [l’] abate della comunità, 129
falli per me un dir d’un paternostro,
quanto bisogna a noi di questo mondo,
dove poter peccar non è più nostro». 132
recita per me un Padre nostro [davanti a lui], quel tanto che è necessario a noi di questo mondo (=del Purgatorio), dove non è più in nostro [potere] peccare». 132
Poi, forse per dar luogo altrui secondo
che presso avea, disparve per lo foco,
come per l’acqua il pesce andando al fondo. 135
Poi, forse per dare [il] posto ad altri che aveva vicino [e doveva parlare] come secondo, sparì nel fuoco, come il pesce che nell’acqua va verso il fondo. 135
Io mi fei al mostrato innanzi un poco,
e dissi ch’al suo nome il mio disire
apparecchiava grazioso loco. 138
Io avanzai un poco verso colui che era stato indicato, e dissi che il mio desiderio [di conoscerlo] preparava al suo nome [un] luogo gradito (=l’accoglievo con cortesia). 138
El cominciò liberamente a dire:
«Tan m’abellis vostre cortes deman,
qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire. 141
[Ed] egli cominciò a parlare volentieri: «La vostra cortese domanda mi piace tanto che non posso nè voglio nascondermi a voi. 141
Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan;
consiros vei la passada folor,
e vei jausen lo joi qu’esper, denan. 144
Io sono Arnaut, che piango e vado cantando; afflitto contemplo la [mia] passata follia e vedo gioiendo, davanti a me, la beatitudine che spero. 144
Ara vos prec, per aquella valor
que vos guida al som de l’escalina,
sovenha vos a temps de ma dolor!». 147
Ora vi prego, per quel valore che vi guida in cima alla scala, ricordatevi del mio dolore al momento giusto!». 147
Poi s’ascose nel foco che li affina. 148
Poi si nascose nel fuoco che li purifica. 148
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto XXVI
Mentre che sì per l’orlo, uno innanzi altro,
ce n’andavamo, e spesso il buon maestro
diceami: «Guarda: giovi ch’io ti scaltro»; 3
feriami il sole in su l’omero destro,
che già, raggiando, tutto l’occidente
mutava in bianco aspetto di cilestro; 6
e io facea con l’ombra più rovente
parer la fiamma; e pur a tanto indizio
vidi molt’ombre, andando, poner mente. 9
Questa fu la cagion che diede inizio
loro a parlar di me; e cominciarsi
a dir: «Colui non par corpo fittizio»; 12
poi verso me, quanto potean farsi,
certi si fero, sempre con riguardo
di non uscir dove non fosser arsi. 15
«O tu che vai, non per esser più tardo,
ma forse reverente, a li altri dopo,
rispondi a me che ’n sete e ’n foco ardo. 18
Né solo a me la tua risposta è uopo;
ché tutti questi n’hanno maggior sete
che d’acqua fredda Indo o Etïopo. 21
Dinne com’è che fai di te parete
al sol, pur come tu non fossi ancora
di morte intrato dentro da la rete». 24
Sì mi parlava un d’essi; e io mi fora
già manifesto, s’io non fossi atteso
ad altra novità ch’apparve allora; 27
ché per lo mezzo del cammino acceso
venne gente col viso incontro a questa,
la qual mi fece a rimirar sospeso. 30
Lì veggio d’ogne parte farsi presta
ciascun’ombra e basciarsi una con una
sanza restar, contente a brieve festa; 33
così per entro loro schiera bruna
s’ammusa l’una con l’altra formica,
forse a spiar lor via e lor fortuna. 36
Tosto che parton l’accoglienza amica,
prima che ’l primo passo lì trascorra,
sopragridar ciascuna s’affatica: 39
la nova gente: «Soddoma e Gomorra»;
e l’altra: «Ne la vacca entra Pasife,
perché ’l torello a sua lussuria corra». 42
Poi, come grue ch’a le montagne Rife
volasser parte, e parte inver’ l’arene,
queste del gel, quelle del sole schife, 45
l’una gente sen va, l’altra sen vene;
e tornan, lagrimando, a’ primi canti
e al gridar che più lor si convene; 48
e raccostansi a me, come davanti,
essi medesmi che m’avean pregato,
attenti ad ascoltar ne’ lor sembianti. 51
Io, che due volte avea visto lor grato,
incominciai: «O anime sicure
d’aver, quando che sia, di pace stato, 54
non son rimase acerbe né mature
le membra mie di là, ma son qui meco
col sangue suo e con le sue giunture. 57
Quinci sù vo per non esser più cieco;
donna è di sopra che m’acquista grazia,
per che ’l mortal per vostro mondo reco. 60
Ma se la vostra maggior voglia sazia
tosto divegna, sì che ’l ciel v’alberghi
ch’è pien d’amore e più ampio si spazia, 63
ditemi, acciò ch’ancor carte ne verghi,
chi siete voi, e chi è quella turba
che se ne va di retro a’ vostri terghi». 66
Non altrimenti stupido si turba
lo montanaro, e rimirando ammuta,
quando rozzo e salvatico s’inurba, 69
che ciascun’ombra fece in sua paruta;
ma poi che furon di stupore scarche,
lo qual ne li alti cuor tosto s’attuta, 72
«Beato te, che de le nostre marche»,
ricominciò colei che pria m’inchiese,
«per morir meglio, esperienza imbarche! 75
La gente che non vien con noi, offese
di ciò per che già Cesar, triunfando,
‘Regina’ contra sé chiamar s’intese: 78
però si parton ‘Soddoma’ gridando,
rimproverando a sé, com’hai udito,
e aiutan l’arsura vergognando. 81
Nostro peccato fu ermafrodito;
ma perché non servammo umana legge,
seguendo come bestie l’appetito, 84
in obbrobrio di noi, per noi si legge,
quando partinci, il nome di colei
che s’imbestiò ne le ’mbestiate schegge. 87
Or sai nostri atti e di che fummo rei:
se forse a nome vuo’ saper chi semo,
tempo non è di dire, e non saprei. 90
Farotti ben di me volere scemo:
son Guido Guinizzelli; e già mi purgo
per ben dolermi prima ch’a lo stremo». 93
Quali ne la tristizia di Ligurgo
si fer due figli a riveder la madre,
tal mi fec’io, ma non a tanto insurgo, 96
quand’io odo nomar sé stesso il padre
mio e de li altri miei miglior che mai
rime d’amore usar dolci e leggiadre; 99
e sanza udire e dir pensoso andai
lunga fiata rimirando lui,
né, per lo foco, in là più m’appressai. 102
Poi che di riguardar pasciuto fui,
tutto m’offersi pronto al suo servigio
con l’affermar che fa credere altrui. 105
Ed elli a me: «Tu lasci tal vestigio,
per quel ch’i’ odo, in me, e tanto chiaro,
che Leté nol può tòrre né far bigio. 108
Ma se le tue parole or ver giuraro,
dimmi che è cagion per che dimostri
nel dire e nel guardar d’avermi caro». 111
E io a lui: «Li dolci detti vostri,
che, quanto durerà l’uso moderno,
faranno cari ancora i loro incostri». 114
«O frate», disse, «questi ch’io ti cerno
col dito», e additò un spirto innanzi,
«fu miglior fabbro del parlar materno. 117
Versi d’amore e prose di romanzi
soverchiò tutti; e lascia dir li stolti
che quel di Lemosì credon ch’avanzi. 120
A voce più ch’al ver drizzan li volti,
e così ferman sua oppinione
prima ch’arte o ragion per lor s’ascolta. 123
Così fer molti antichi di Guittone,
di grido in grido pur lui dando pregio,
fin che l’ha vinto il ver con più persone. 126
Or se tu hai sì ampio privilegio,
che licito ti sia l’andare al chiostro
nel quale è Cristo abate del collegio, 129
falli per me un dir d’un paternostro,
quanto bisogna a noi di questo mondo,
dove poter peccar non è più nostro». 132
Poi, forse per dar luogo altrui secondo
che presso avea, disparve per lo foco,
come per l’acqua il pesce andando al fondo. 135
Io mi fei al mostrato innanzi un poco,
e dissi ch’al suo nome il mio disire
apparecchiava grazioso loco. 138
El cominciò liberamente a dire:
«Tan m’abellis vostre cortes deman,
qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire. 141
Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan;
consiros vei la passada folor,
e vei jausen lo joi qu’esper, denan. 144
Ara vos prec, per aquella valor
que vos guida al som de l’escalina,
sovenha vos a temps de ma dolor!». 147
Poi s’ascose nel foco che li affina. 148
Canto XXVI
Mentre ce ne andavamo così lungo il margine, uno davanti [all’] altro, e spesso il valente maestro mi diceva: «Bada: [ti] sia utile che io ti scaltrisca (=ti renda accorto)»; 3
il sole che già, con i suoi raggi, cambiava tutto l’occidente da azzurro in bianco mi colpiva il fianco destro; 6
e io, con la mia ombra, facevo sembrare la fiamma più rossa; e vidi molte anime, mentre camminavano, prestare attenzione insistentemente a [un] indizio [per loro] così straordinario. 9
Questa fu la ragione che offrì loro [l’] occasione di parlare di me; e cominciarono a dirsi: «Quello non sembra [un] corpo apparente»; 12
poi alcuni si diressero verso [di] me, quanto potevano avvicinarsi, sempre con [l’] avvertenza di non uscire [dalle fiamme per entrare] in una zona in cui non fossero bruciati. 15
«O tu che cammini dietro agli altri, non perché sei più pigro, ma forse [perchè] reverente, rispondi a me che ardo ne[lla] sete e ne[l] fuoco. 18
La tua risposta non è necessaria solo a me; perchè tutti questi (=queste anime) ne hanno [una] sete maggiore che [l’] Indiano o [l’] Etiope di acqua fredda. 21
Dicci come accade che fai impedimento al sole con il tuo corpo, proprio come se tu non fossi ancora entrato nella rete de[lla] morte (=non fossi ancora morto)». 24
Così mi parlava uno di loro; e io mi sarei già manifestato, se io non avessi rivolto l’attenzione a [un’] altra novità che apparve allora; 27
perchè in mezzo alla via infuocata venne un gruppo [di] anime (=i sodomiti) con il viso contrapposto a queste (=che procedevano in direzione opposta: da destra a sinistra), la qual [cosa] mi rese tutto assorto ne[ll’] osservar[la]. 30
Lì (=nel luogo dell’incontro) vedo da ogni parte [delle due schiere] ciascun’ ombra affrettarsi e baciarsi [l’] una con [l’] altra senza fermarsi, contente de[lla] breve festosa accoglienza. 33
allo stesso modo [una] formica tocca il muso dell’altra dentro [la] loro schiera scura, forse per chiedere notizie su[l] loro cammino e su[lla] loro fortuna (=sulla possibilità di trovar cibo). 36
Appena terminano l’accoglienza amichevole, prima che sia compiuto [da ciascuns] il primo passo oltre quel punto, ciascuna si sforza di gridare più forte [dell’altra schiera]: 39
la nuova schiera [di anime grida]: «Sodoma e Gomorra»; e l’ altra: «Pasife entra nella vacca (=nella vacca di legno), affinchè il toro accorra alla sua lussuria [per soddisfarla]». 42
Poi, come gru che [per assurdo] volassero [in] parte verso i monti Rifei (=monti del nord Europa), e [in] parte verso i deserti [sabbiosi], queste [ultime] per rifuggire dal gelo, quelle dal sole, 45
una schiera (=i sodomiti) se ne va, l’altra (=i lussuriosi) se ne viene (=viene con noi); e, piangendo, tornano ai [loro] canti iniziali (=Summae Deus clementiae) e alle grida [degli esempi] che più addicono a loro (=al peccato commesso in terra); 48
e quegli stessi che mi avevano pregato [di parlare], con l’espressione di chi è attento ad ascoltare, si riaccostano a me, come prima. 51
Io, che [per] due volte avevo capito [il] loro desiderio (=ciò che essi desideravano sapere), incominciai: «O anime sicure di ottenere, quando che sia, [la] condizione di beatitudine, 54
le mie membra non sono rimaste di là (=sulla terra) [né] giovani nè vecchie (=non sono morto nè giovane nè vecchio: sono ancora vivo), ma sono qui con me con il loro sangue e con i loro nervi. 57
Da qui vado su [verso il cielo] per non essere più cieco [intellettualmente] (=ottenebrato dal peccato); di sopra (=nel Paradiso) c’è una donna (=Beatrice oppure la Vergine) che mi procura [la] grazia, per la quale porto il corpo attraverso [il] vostro mondo. 60
Ma possa (=vi auguro che) il vostro maggior desiderio (=il desiderio di vedere Dio) essere presto soddisfatto, così che vi ospiti il cielo che è pieno d’amore e si estende più largamente (=l’Empireo), 63
[e voi] ditemi [a compenso di questo augurio], affinchè [io] ne possa scrivere ancora, chi voi siete, e chi è quella schiera che si allontana dietro alle vostre spalle». 66
Il montanaro stupito si turba, e ammutolisce mentre guarda con meraviglia, quando rozzo e selvatico arriva [per la prima volta] in città, non diversamente 69
da come fece ciascun’anima ne[l] suo aspetto; ma dopo che furono libere da[llo] stupore, che si attenua presto negli animi saggi, 72
colei che per prima mi aveva interrogato ricominciò: «Beato te che fai esperienza dei nostri luoghi per morire meglio (=in grazia di Dio)!». 75
Le anime che non vengono con noi (=camminano in direzione opposta) offesero [Dio] in merito a ciò per cui Cesare una volta, durante il trionfo, si sentì chiamare, a proprio scherno, ‘Regina’: 78
perciò si allontanano [da noi] gridando ‘Sodoma’ rimproverando se stesse, come hai udito, e vergognandosi favoriscono [la pena de]l fuoco. 81
[Il] nostro peccato fu eterosessuale; ma poichè non osservammo [la] legge degli uomini (=della ragione: la moderazione), seguendo come bestie la voglia, 84
quando ci dividiamo, per nostra vergogna, da noi si grida il nome di colei che si fece bestia nel legno a forma di bestia (=di Pasife). 87
Ora conosci [le] nostre azioni e di che [cosa] fummo colpevoli: se forse vuoi sapere chi siamo per nome, non c’è tempo di dirl[o], e non saprei [farlo]. 90
[Tuttavia] soddisferò [il tuo] desiderio su di me: sono Guido Guinizzelli; e mi purifico già per essermi pentito bene prima del momento estremo [della vita]». 93
Come si fecero [i] due figli [di Isifile] (=con lo stesso stato d’animo in cui si trovarono), durante il lutto di Licurgo, ne[l] rivedere la madre, così mi feci io, ma non arrivo a tanto (=ad avvicinarmi alle fiamme), 96
quando io sento nominare se stesso (=il proprio nome) il mio padre [poetico] e degli altri migliori di me che in qualsiasi tempo scrissero rime d’amore dolci ed eleganti; 99
e senza [più] ascoltare e parlare camminai pensoso [per] molto tempo osservandolo fissamente, nè mi avvicinai di più, a causa del fuoco. 102
Dopo che mi fui saziato di guardar[lo], mi offrii tutto pronto al suo servizio con quel[l’] affermazione che spinge gli altri a credere (=con il giuramento). 105
Ed egli a me: «Tu lasci in me, per quel che io sento, [un’] impronta tale, e tanto luminosa, che il Lete non la può cancellare nè affievolire. 108
Ma se le tue parole ora giurarono [il] vero, dimmi qual è [il] motivo per cui nel parlare e nel guardar[mi] dimostri di considerarmi caro». 111
E io a lui: «I vostri dolci versi, che, finchè durerà lo scrivere moderno (=in volgare), renderanno preziosi anche i loro inchiostri [usati per scriverli]». 114
Disse: «O fratello questi (=Arnaut Daniel) che io ti indico col dito», e additò uno spirito davanti [a lui], «fu miglior artefice nella [sua] lingua materna (=il provenzale). 117
Superò tutti [nelle] poesie d’amore e [nei] componimenti narrativi; e lascia parlare gli sciocchi che credono [che] quello de[l] Lemosino (=Giraut de Bornelh) [sia] superiore. 120
[Essi] prestano attenzione più a[lle] voci che alla verità, e così fissano [la] loro opinione prima che da essi si dia ascolto a[ll’] arte o a [lla] ragione. 123
Così fecero molti antichi (=poeti della vecchia generazione) riguardo a Guittone (=Guittone d’Arezzo), continuando a dar lode a lui di bocca in bocca, finchè la verità l’ha superata (=ha superato la lode) grazie a[l giudizio di] più persone. 126
Ora se tu hai [un] privilegio tanto grande che ti è lecito andare nel monastero (=in Paradiso) dove Cristo è [l’] abate della comunità, 129
recita per me un Padre nostro [davanti a lui], quel tanto che è necessario a noi di questo mondo (=del Purgatorio), dove non è più in nostro [potere] peccare». 132
Poi, forse per dare [il] posto ad altri che aveva vicino [e doveva parlare] come secondo, sparì nel fuoco, come il pesce che nell’acqua va verso il fondo. 135
Io avanzai un poco verso colui che era stato indicato, e dissi che il mio desiderio [di conoscerlo] preparava al suo nome [un] luogo gradito (=l’accoglievo con cortesia). 138
[Ed] egli cominciò a parlare volentieri: «La vostra cortese domanda mi piace tanto che non posso nè voglio nascondermi a voi. 141
Io sono Arnaut, che piango e vado cantando; afflitto contemplo la [mia] passata follia e vedo gioiendo, davanti a me, la beatitudine che spero. 144
Ora vi prego, per quel valore che vi guida in cima alla scala, ricordatevi del mio dolore al momento giusto!». 147
Poi si nascose nel fuoco che li purifica. 148