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CANTO XI
«O Padre nostro, che ne’ cieli stai,
non circunscritto, ma per più amore
ch’ai primi effetti di là sù tu hai, 3
«O Padre nostro, che stai nei cieli, non [perchè la tua grandezza sia] circoscritta [in essi], ma per [il] più grande amore che tu hai per i primi risultati di lassù (=della creazione: per i cieli e gli angeli) 3
laudato sia ‘l tuo nome e ‘l tuo valore
da ogni creatura, com’è degno
di render grazie al tuo dolce vapore. 6
sia lodato il tuo nome e la tua potenza da ogni creatura, come è giusto rendere grazie al tuo dolce spirito. 6
Vegna ver’ noi la pace del tuo regno,
ché noi ad essa non potem da noi,
s’ella non vien, con tutto nostro ingegno. 9
Venga a noi la pace del tuo regno, poiché noi non possiamo [arrivare] a essa da soli, con tutto [il] nostro impegno, se essa non viene (=non ci viene data). 9
Come del suo voler li angeli tuoi
fan sacrificio a te, cantando osanna,
così facciano li uomini de’ suoi. 12
Come i tuoi angeli fanno sacrificio a te della loro volontà, cantando osanna, così facciano gli uomini della loro. 12
Dà oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto
a retro va chi più di gir s’affanna. 15
Dacci oggi il pane quotidiano, senza il quale in questo arido deserto (=sulla Terra) indietreggia chi più si sforza di avanzare. 15
E come noi lo mal ch’avem sofferto
perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto. 18
E come noi perdoniamo a ciascuno il male che abbiamo subito, anche tu perdona [noi] benevolo, senza guardare i nostri meriti. 18
Nostra virtù che di legger s’adona,
non spermentar con l’antico avversaro,
ma libera da lui che sì la sprona. 21
Non mettere alla prova con l’antico avversario (=il demonio) [la] nostra forza morale che si piega facilmente, ma libera[la] da lui che tanto la spinge [al male]. 21
Quest’ultima preghiera, segnor caro,
già non si fa per noi, ché non bisogna,
ma per color che dietro a noi restaro». 24
Quest'ultima [parte della] preghiera, caro Signore, già non la facciamo per noi, che non ne abbiamo bisogno, ma per coloro che sono rimasti dietro di noi (=per i vivi)». 24
Così a sé e noi buona ramogna
quell’ombre orando, andavan sotto ‘l pondo,
simile a quel che tal volta si sogna, 27
Così quelle ombre, chiedendo [una] buona sorte per sè e [per] noi, andavano sotto il peso, simile a quello che talvolta si sogna, 27
disparmente angosciate tutte a tondo
e lasse su per la prima cornice,
purgando la caligine del mondo. 30
tutte in tondo e stanche lungo la prima cornice oppresse in modi diversi, purificando[si] dalla caligine del mondo (=dal peccato terreno). 30
Se di là sempre ben per noi si dice,
di qua che dire e far per lor si puote
da quei ch’hanno al voler buona radice? 33
Se di là (=in Purgatorio) si prega sempre per noi, qua (=sulla Terra) che [cosa] si può dire e fare per loro da [parte di] quelli la cui volontà ha [un] buon fondamento (=di quelli che alla volontà pongono come fondamento la grazia)? 33
Ben si de’ loro atar lavar le note
che portar quinci, sì che, mondi e lievi,
possano uscire a le stellate ruote. 36
E’ giusto aiutarli [a] lavare le macchie che portano da qui (=dalla Terra), cosicché, purificati e lievi, possano salire alle sfere delle stelle (=al cielo). 36
«Deh, se giustizia e pietà vi disgrievi
tosto, sì che possiate muover l’ala,
che secondo il disio vostro vi lievi, 39
«Oh, possano [la] giustizia e [la] misericordia [divine] sgravarvi presto, così che possiate muovere le ali (=volare), che vi sollevino secondo il vostro desiderio, 39
mostrate da qual mano inver’ la scala
si va più corto; e se c’è più d’un varco,
quel ne ‘nsegnate che men erto cala; 42
[a compenso di questo augurio] mostrate[ci] da quale parte si va più rapidamente verso la scala; e se c'è più di un passaggio, indicateci quello che scende meno ripido; 42
ché questi che vien meco, per lo ‘ncarco
de la carne d’Adamo onde si veste,
al montar sù, contra sua voglia, è parco». 45
poichè costui (=Dante) che viene con me, è lento a salire, contro [il] suo volere, per il peso della carne di Adamo di cui è rivestito». 45
Le lor parole, che rendero a queste
che dette avea colui cu’ io seguiva,
non fur da cui venisser manifeste; 48
Non fu chiaro da chi venissero le loro parole, che risposero a queste che aveva pronunciato colui che io seguivo (=Virgilio); 48
ma fu detto: «A man destra per la riva
con noi venite, e troverete il passo
possibile a salir persona viva. 51
ma fu detto: «Venite con noi verso destra lungo la parete, e troverete il passaggio possibile a salire da [una] persona viva. 51
E s’io non fossi impedito dal sasso
che la cervice mia superba doma,
onde portar convienmi il viso basso, 54
E se io non fossi impedito dal masso che piega il mio capo superbo, per cui è necessario tenere lo sguardo basso, 54
cotesti, ch’ancor vive e non si noma,
guardere’ io, per veder s’i’ ‘l conosco,
e per farlo pietoso a questa soma. 57
io guarderei costui, che è ancora vivo e non si nomina (=non dice il suo nome), per vedere se io lo conosco, e per renderlo pietoso nei confronti di questo carico (=di questa mia pena). 57
Io fui latino e nato d’un gran Tosco:
Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre;
non so se ‘l nome suo già mai fu vosco. 60
Io fui italiano e nato da un nobile Toscano: mio padre fu Guglielmo Aldobrandeschi; non so se il suo nome fu mai con voi (=vi fu mai noto). 60
L’antico sangue e l’opere leggiadre
d’i miei maggior mi fer sì arrogante,
che, non pensando a la comune madre, 63
Il sangue antico (=l’antichità della stirpe) e le nobili opere dei miei antenati mi resero così arrogante, che, non pensando alla [nostra] madre comune, 63
ogn’uomo ebbi in despetto tanto avante,
ch’io ne mori’, come i Sanesi sanno,
e sallo in Campagnatico ogne fante. 66
ebbi in disprezzo ogni uomo a tal punto, che io ne morii, come sanno i Senesi, e lo sa ogni bambino a Campagnatico. 66
Io sono Omberto; e non pur a me danno
superbia fa, ché tutti miei consorti
ha ella tratti seco nel malanno. 69
Io sono Omberto; e [la] superbia non reca danno solamente a me, perché essa ha trascinato con sé nella rovina tutti [i] miei consanguinei. 69
E qui convien ch’io questo peso porti
per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia,
poi ch’io nol fe’ tra ‘ vivi, qui tra ‘ morti». 72
Ed è necessario che io qui porti questo peso a causa sua (=a causa della superbia), qui tra i morti, poiché io non lo feci tra i vivi, finché Dio non sarà soddisfatto ». 72
Ascoltando chinai in giù la faccia;
e un di lor, non questi che parlava,
si torse sotto il peso che li ‘mpaccia, 75
Per ascoltare chinai il viso verso il basso; e uno di loro, non questo che parlava, si torse sotto il peso che li impedisce [nei movimenti], 75
e videmi e conobbemi e chiamava,
tenendo li occhi con fatica fisi
a me che tutto chin con loro andava. 78
e mi vide e mi riconobbe e [mi] chiamava, tenendo gli occhi faticosamente fissi su di me che procedevo con loro tutto chinato. 78
«Oh!», diss’io lui, «non se’ tu Oderisi,
l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte
ch’alluminar chiamata è in Parisi?». 81
Io gli dissi: «Oh! Non sei tu Oderisi, la gloria di Gubbio e l’onore di quell’arte che a Parigi è chiamata alluminare (=miniare)?». 81
«Frate», diss’elli, «più ridon le carte
che pennelleggia Franco Bolognese;
l’onore è tutto or suo, e mio in parte. 84
Egli disse: «Fratello, splendono [di] più le pergamene che dipinge Franco Bolognese; la gloria è ora tutta sua, e mia [solo] in parte. 84
Ben non sare’ io stato sì cortese
mentre ch’io vissi, per lo gran disio
de l’eccellenza ove mio core intese. 87
Certo io non sarei stato così cortese [nei confronti di Franco Bolognese] mentre io vissi, per il gran desiderio di eccellere verso cui [il] mio cuore si rivolse. 87
Di tal superbia qui si paga il fio;
e ancor non sarei qui, se non fosse
che, possendo peccar, mi volsi a Dio. 90
Di tale superbia qui si paga il conto; e non sarei ancora qui, se non fosse che, pur potendo peccare (=essendo ancora vivo), mi rivolsi a Dio. 90
Oh vana gloria de l’umane posse!
com’poco verde in su la cima dura,
se non è giunta da l’etati grosse! 93
Oh vana gloria del potere umano! quanto poco [tempo essa] rimane verde sulla cima [di un ramo], se non è seguita da età rozze (=da età di decadenza). 93
Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
sì che la fama di colui è scura: 96
Cimabue credette di occupare [da vincitore] avere il campo della pittura (=di eccellere nella pittura), mentre ora Giotto ha la fama, tanto che la celebrità di quello è oscurata: 96
così ha tolto l’uno a l’altro Guido
la gloria de la lingua; e forse è nato
chi l’uno e l’altro caccerà del nido. 99
allo stesso modo un Guido (=Guido Cavalcanti) ha tolto all'altro (=Guido Guinizzelli) la gloria della lingua (=del dire in volgare); e forse è [già] nato chi caccerà l’uno e l’altro dal nido (=dalla posizione di eccellenza). 99
Non è il mondan romore altro ch’un fiato
di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perché muta lato. 102
La fama terrena non è altro che un alito di vento, che ora spira da una parte e ora spira dall'altra, e cambia nome perchè cambia direzione. 102
Che voce avrai tu più, se vecchia scindi
da te la carne, che se fossi morto
anzi che tu lasciassi il ‘pappo’ e ‘l ‘dindi’, 105
Quale fama maggiore tu avrai, se separi da te il corpo da vecchio (=se muori vecchio), [di quella] che [avresti] se fossi morto prima di lasciare [le parole imfantili] il ‘pappo’ e ‘l ‘dindi’ (=se fossi morto bambino), 105
pria che passin mill’anni? ch’è più corto
spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia
al cerchio che più tardi in cielo è torto. 108
prima che trascorrano mille anni? i quali [mille anni] rispetto all’eternità sono [uno] spazio più breve, di un battito di ciglia [rispetto] al [movimento del] cerchio che ruota più lento ne[l] cielo (=al movimento del cielo delle stelle fisse). 108
Colui che del cammin sì poco piglia
dinanzi a me, Toscana sonò tutta;
e ora a pena in Siena sen pispiglia, 111
Colui che avanza così poco davanti a me fece risuonare [il suo nome in] tutta [la] Toscana; mentre ora a malapena se ne bisbiglia a Siena (=è ricordato a Siena) 111
ond’era sire quando fu distrutta
la rabbia fiorentina, che superba
fu a quel tempo sì com’ora è putta. 114
di cui era signore quando fu distrutta la proterva fiorentina (=l’orgoglio rabbioso dei fiorentini) [a Montaperti], che a quel tempo fu superba così come ora è corrotta. 114
La vostra nominanza è color d’erba,
che viene e va, e quei la discolora
per cui ella esce de la terra acerba». 117
La vostra fama è [del] colore de[ll']erba, che va e viene, e quello (=il sole) grazie al quale ella esce tenera dalla terra [poi] la fa scolorire (=la secca) 117
E io a lui: «Tuo vero dir m’incora
bona umiltà, e gran tumor m’appiani;
ma chi è quei di cui tu parlavi ora?». 120
E io a lui: «[Le] tue parole veritiere mi infondono nel cuore [una] buona umiltà, e mitighi [la] mia gonfia superbia; ma chi è colui di cui tu ora parlavi?» 120
«Quelli è», rispuose, «Provenzan Salvani;
ed è qui perché fu presuntuoso
a recar Siena tutta a le sue mani. 123
Rispose: «Quello è Provenzano Salvani; ed è qui perché ebbe la presunzione di ridurre tutta Siena in suo potere. 123
Ito è così e va, sanza riposo,
poi che morì; cotal moneta rende
a sodisfar chi è di là troppo oso». 126
Dopo che è morto, ha camminato così [curvo] e cammina [ancora], senza riposo; chi di là (=sulla Terra) ha osato troppo paga tale prezzo per soddisfare [Dio]». 126
E io: «Se quello spirito ch’attende,
pria che si penta, l’orlo de la vita,
qua giù dimora e qua sù non ascende, 129
E io: «Se quelle anime che attendono l’estremo [istante] della vita, prima di pentirsi, dimorano qui sotto (=nell'Antipurgatorio) e non possono salire qua (=in Purgatorio), 129
se buona orazion lui non aita,
prima che passi tempo quanto visse,
come fu la venuta lui largita?». 132
prima che passi [tanto] tempo quanto vissero, se non le aiuta [la] preghiera dei buoni, come [mai] a lui fu concessa la salita?». 132
«Quando vivea più glorioso», disse,
«liberamente nel Campo di Siena,
ogne vergogna diposta, s’affisse; 135
[Oderisi] disse: «Quando viveva al culmine della potenza, messa da parte ogni vergogna, spontaneamente si mise fermo nel Campo di Siena (=in mezzo alla piazza del Campo a Siena) [a chiedere l'elemosina]; 135
e lì, per trar l’amico suo di pena
ch’e’ sostenea ne la prigion di Carlo,
si condusse a tremar per ogne vena. 138
e lì, per liberare il suo amico da[lle] pene che egli sopportava nella prigione di Carlo (=di Carlo I d'Angiò), si ridusse a tremare per ogni vena (=si sottopose a una tremenda umiliazione). 138
Più non dirò, e scuro so che parlo;
ma poco tempo andrà, che ‘ tuoi vicini
faranno sì che tu potrai chiosarlo. 143
Non dirò altro, e so di parlare in modo oscuro; ma passerà poco tempo, che i tuoi concittadini faranno in modo che tu possa interpretarlo (=interpretare le mie parole). 143
Quest’opera li tolse quei confini». 142
Quest’azione (=l’atto di umiltà) lo liberò da quei confini (=dal confine tra Antipurgatorio e Purgatorio). 142
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto XI
«O Padre nostro, che ne’ cieli stai,
non circunscritto, ma per più amore
ch’ai primi effetti di là sù tu hai, 3
laudato sia ‘l tuo nome e ‘l tuo valore
da ogni creatura, com’è degno
di render grazie al tuo dolce vapore. 6
Vegna ver’ noi la pace del tuo regno,
ché noi ad essa non potem da noi,
s’ella non vien, con tutto nostro ingegno. 9
Come del suo voler li angeli tuoi
fan sacrificio a te, cantando osanna,
così facciano li uomini de’ suoi. 12
Dà oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto
a retro va chi più di gir s’affanna. 15
E come noi lo mal ch’avem sofferto
perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto. 18
Nostra virtù che di legger s’adona,
non spermentar con l’antico avversaro,
ma libera da lui che sì la sprona. 21
Quest’ultima preghiera, segnor caro,
già non si fa per noi, ché non bisogna,
ma per color che dietro a noi restaro». 24
Così a sé e noi buona ramogna
quell’ombre orando, andavan sotto ‘l pondo,
simile a quel che tal volta si sogna, 27
disparmente angosciate tutte a tondo
e lasse su per la prima cornice,
purgando la caligine del mondo. 30
Se di là sempre ben per noi si dice,
di qua che dire e far per lor si puote
da quei ch’hanno al voler buona radice? 33
Ben si de’ loro atar lavar le note
che portar quinci, sì che, mondi e lievi,
possano uscire a le stellate ruote. 36
«Deh, se giustizia e pietà vi disgrievi
tosto, sì che possiate muover l’ala,
che secondo il disio vostro vi lievi, 39
mostrate da qual mano inver’ la scala
si va più corto; e se c’è più d’un varco,
quel ne ‘nsegnate che men erto cala; 42
ché questi che vien meco, per lo ‘ncarco
de la carne d’Adamo onde si veste,
al montar sù, contra sua voglia, è parco». 45
Le lor parole, che rendero a queste
che dette avea colui cu’ io seguiva,
non fur da cui venisser manifeste; 48
ma fu detto: «A man destra per la riva
con noi venite, e troverete il passo
possibile a salir persona viva. 51
E s’io non fossi impedito dal sasso
che la cervice mia superba doma,
onde portar convienmi il viso basso, 54
cotesti, ch’ancor vive e non si noma,
guardere’ io, per veder s’i’ ‘l conosco,
e per farlo pietoso a questa soma. 57
Io fui latino e nato d’un gran Tosco:
Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre;
non so se ‘l nome suo già mai fu vosco. 60
L’antico sangue e l’opere leggiadre
d’i miei maggior mi fer sì arrogante,
che, non pensando a la comune madre, 63
ogn’uomo ebbi in despetto tanto avante,
ch’io ne mori’, come i Sanesi sanno,
e sallo in Campagnatico ogne fante. 66
Io sono Omberto; e non pur a me danno
superbia fa, ché tutti miei consorti
ha ella tratti seco nel malanno. 69
E qui convien ch’io questo peso porti
per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia,
poi ch’io nol fe’ tra ‘ vivi, qui tra ‘ morti». 72
Ascoltando chinai in giù la faccia;
e un di lor, non questi che parlava,
si torse sotto il peso che li ‘mpaccia, 75
e videmi e conobbemi e chiamava,
tenendo li occhi con fatica fisi
a me che tutto chin con loro andava. 78
«Oh!», diss’io lui, «non se’ tu Oderisi,
l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte
ch’alluminar chiamata è in Parisi?». 81
«Frate», diss’elli, «più ridon le carte
che pennelleggia Franco Bolognese;
l’onore è tutto or suo, e mio in parte. 84
Ben non sare’ io stato sì cortese
mentre ch’io vissi, per lo gran disio
de l’eccellenza ove mio core intese. 87
Di tal superbia qui si paga il fio;
e ancor non sarei qui, se non fosse
che, possendo peccar, mi volsi a Dio. 90
Oh vana gloria de l’umane posse!
com’poco verde in su la cima dura,
se non è giunta da l’etati grosse! 93
Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
sì che la fama di colui è scura: 96
così ha tolto l’uno a l’altro Guido
la gloria de la lingua; e forse è nato
chi l’uno e l’altro caccerà del nido. 99
Non è il mondan romore altro ch’un fiato
di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perché muta lato. 102
Che voce avrai tu più, se vecchia scindi
da te la carne, che se fossi morto
anzi che tu lasciassi il ‘pappo’ e ‘l ‘dindi’, 105
pria che passin mill’anni? ch’è più corto
spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia
al cerchio che più tardi in cielo è torto. 108
Colui che del cammin sì poco piglia
dinanzi a me, Toscana sonò tutta;
e ora a pena in Siena sen pispiglia, 111
ond’era sire quando fu distrutta
la rabbia fiorentina, che superba
fu a quel tempo sì com’ora è putta. 114
La vostra nominanza è color d’erba,
che viene e va, e quei la discolora
per cui ella esce de la terra acerba». 117
E io a lui: «Tuo vero dir m’incora
bona umiltà, e gran tumor m’appiani;
ma chi è quei di cui tu parlavi ora?». 120
«Quelli è», rispuose, «Provenzan Salvani;
ed è qui perché fu presuntuoso
a recar Siena tutta a le sue mani. 123
Ito è così e va, sanza riposo,
poi che morì; cotal moneta rende
a sodisfar chi è di là troppo oso». 126
E io: «Se quello spirito ch’attende,
pria che si penta, l’orlo de la vita,
qua giù dimora e qua sù non ascende, 129
se buona orazion lui non aita,
prima che passi tempo quanto visse,
come fu la venuta lui largita?». 132
«Quando vivea più glorioso», disse,
«liberamente nel Campo di Siena,
ogne vergogna diposta, s’affisse; 135
e lì, per trar l’amico suo di pena
ch’e’ sostenea ne la prigion di Carlo,
si condusse a tremar per ogne vena. 138
Più non dirò, e scuro so che parlo;
ma poco tempo andrà, che ‘ tuoi vicini
faranno sì che tu potrai chiosarlo. 141
Quest’opera li tolse quei confini». 142
Canto XI
«O Padre nostro, che stai nei cieli, non [perchè la tua grandezza sia] circoscritta [in essi], ma per [il] più grande amore che tu hai per i primi risultati di lassù (=della creazione: per i cieli e gli angeli) 3
sia lodato il tuo nome e la tua potenza da ogni creatura, come è giusto rendere grazie al tuo dolce spirito. 6
Venga a noi la pace del tuo regno, poiché noi non possiamo [arrivare] a essa da soli, con tutto [il] nostro impegno, se essa non viene (=non ci viene data). 9
Come i tuoi angeli fanno sacrificio a te della loro volontà, cantando osanna, così facciano gli uomini della loro. 12
Dacci oggi il pane quotidiano, senza il quale in questo arido deserto (=sulla Terra) indietreggia chi più si sforza di avanzare. 15
E come noi perdoniamo a ciascuno il male che abbiamo subito, anche tu perdona [noi] benevolo, senza guardare i nostri meriti. 18
Non mettere alla prova con l’antico avversario (=il demonio) [la] nostra forza morale che si piega facilmente, ma libera[la] da lui che tanto la spinge [al male]. 21
Quest'ultima [parte della] preghiera, caro Signore, già non la facciamo per noi, che non ne abbiamo bisogno, ma per coloro che sono rimasti dietro di noi (=per i vivi)». 24
Così quelle ombre, chiedendo [una] buona sorte per sè e [per] noi, andavano sotto il peso, simile a quello che talvolta si sogna, 27
tutte in tondo e stanche lungo la prima cornice oppresse in modi diversi, purificando[si] dalla caligine del mondo (=dal peccato terreno). 30
Se di là (=in Purgatorio) si prega sempre per noi, qua (=sulla Terra) che [cosa] si può dire e fare per loro da [parte di] quelli la cui volontà ha [un] buon fondamento (=di quelli che alla volontà pongono come fondamento la grazia)? 33
E’giusto aiutarli [a] lavare le macchie che portano da qui (=dalla Terra), cosicché, purificati e lievi, possano salire alle sfere delle stelle (=al cielo). 36
«Oh, possano [la] giustizia e [la] misericordia [divine] sgravarvi presto, così che possiate muovere le ali (=volare), che vi sollevino secondo il vostro desiderio, 39
[a compenso di questo augurio] mostrate[ci] da quale parte si va più rapidamente verso la scala; e se c'è più di un passaggio, indicateci quello che scende meno ripido; 42
poichè costui (=Dante) che viene con me, è lento a salire, contro [il] suo volere, per il peso della carne di Adamo di cui è rivestito». 45
Non fu chiaro da chi venissero le loro parole, che risposero a queste che aveva pronunciato colui che io seguivo (=Virgilio); 48
ma fu detto: «Venite con noi verso destra lungo la parete, e troverete il passaggio possibile a salire da [una] persona viva. 51
E se io non fossi impedito dal masso che piega il mio capo superbo, per cui è necessario tenere lo sguardo basso, 54
io guarderei costui, che è ancora vivo e non si nomina (=non dice il suo nome), per vedere se io lo conosco, e per renderlo pietoso nei confronti di questo carico (=di questa mia pena). 57
Io fui italiano e nato da un nobile Toscano: mio padre fu Guglielmo Aldobrandeschi; non so se il suo nome fu mai con voi (=vi fu mai noto). 60
Il sangue antico (=l’antichità della stirpe) e le nobili opere dei miei antenati mi resero così arrogante, che, non pensando alla [nostra] madre comune, 63
ebbi in disprezzo ogni uomo a tal punto, che io ne morii, come sanno i Senesi, e lo sa ogni bambino a Campagnatico. 66
Io sono Omberto; e [la] superbia non reca danno solamente a me, perché essa ha trascinato con sé nella rovina tutti [i] miei consanguinei. 69
Ed è necessario che io qui porti questo peso a causa sua (=a causa della superbia), qui tra i morti, poiché io non lo feci tra i vivi, finché Dio non sarà soddisfatto ». 72
Per ascoltare chinai il viso verso il basso; e uno di loro, non questo che parlava, si torse sotto il peso che li impedisce [nei movimenti], 75
e mi vide e mi riconobbe e [mi] chiamava, tenendo gli occhi faticosamente fissi su di me che procedevo con loro tutto chinato. 78
Io gli dissi: «Oh! Non sei tu Oderisi, la gloria di Gubbio e l’onore di quell’arte che a Parigi è chiamata alluminare (=miniare)?». 81
Egli disse: «Fratello, splendono [di] più le pergamene che dipinge Franco Bolognese; la gloria è ora tutta sua, e mia [solo] in parte. 84
Certo io non sarei stato così cortese [nei confronti di Franco Bolognese] mentre io vissi, per il gran desiderio di eccellere verso cui [il] mio cuore si rivolse. 87
Di tale superbia qui si paga il conto; e non sarei ancora qui, se non fosse che, pur potendo peccare (=essendo ancora vivo), mi rivolsi a Dio. 90
Oh vana gloria del potere umano! quanto poco [tempo essa] rimane verde sulla cima [di un ramo], se non è seguita da età rozze (=da età di decadenza). 93
Cimabue credette di occupare [da vincitore] avere il campo della pittura (=di eccellere nella pittura), mentre ora Giotto ha la fama, tanto che la celebrità di quello è oscurata: 96
allo stesso modo un Guido (=Guido Cavalcanti) ha tolto all'altro (=Guido Guinizzelli) la gloria della lingua (=del dire in volgare); e forse è [già] nato chi caccerà l’uno e l’altro dal nido (=dalla posizione di eccellenza). 99
La fama terrena non è altro che un alito di vento, che ora spira da una parte e ora spira dall'altra, e cambia nome perchè cambia direzione. 102
Quale fama maggiore tu avrai, se separi da te il corpo da vecchio (=se muori vecchio), [di quella] che [avresti] se fossi morto prima di lasciare [le parole imfantili] il ‘pappo’ e ‘l ‘dindi’(=se fossi morto bambino), 105
prima che trascorrano mille anni? i quali [mille anni] rispetto all’eternità sono [uno] spazio più breve, di un battito di ciglia [rispetto] al [movimento del] cerchio che ruota più lento ne[l] cielo (=al movimento del cielo delle stelle fisse). 108
Colui che avanza così poco davanti a me fece risuonare [il suo nome in] tutta [la] Toscana; mentre ora a malapena se ne bisbiglia a Siena (=è ricordato a Siena) 111
di cui era signore quando fu distrutta la proterva fiorentina (=l’orgoglio rabbioso dei fiorentini) [a Montaperti], che a quel tempo fu superba così come ora è corrotta. 114
La vostra fama è [del] colore de[ll']erba, che va e viene, e quello (=il sole) grazie al quale ella esce tenera dalla terra [poi] la fa scolorire (=la secca) 117
E io a lui: «[Le] tue parole veritiere mi infondono nel cuore [una] buona umiltà, e mitighi [la] mia gonfia superbia; ma chi è colui di cui tu ora parlavi?» 120
Rispose: «Quello è Provenzano Salvani; ed è qui perché ebbe la presunzione di ridurre tutta Siena in suo potere. 123
Dopo che è morto, ha camminato così [curvo] e cammina [ancora], senza riposo; chi di là (=sulla Terra) ha osato troppo paga tale prezzo per soddisfare [Dio]». 126
E io: «Se quelle anime che attendono l’estremo [istante] della vita, prima di pentirsi, dimorano qui sotto (=nell'Antipurgatorio) e non possono salire qua (=in Purgatorio), 129
prima che passi [tanto] tempo quanto vissero, se non le aiuta [la] preghiera dei buoni, come [mai] a lui fu concessa la salita?». 132
[Oderisi] disse: «Quando viveva al culmine della potenza, messa da parte ogni vergogna, spontaneamente si mise fermo nel Campo di Siena (=in mezzo alla piazza del Campo a Siena) [a chiedere l'elemosina]; 135
e lì, per liberare il suo amico da[lle] pene che egli sopportava nella prigione di Carlo (=di Carlo I d'Angiò), si ridusse a tremare per ogni vena (=si sottopose a una tremenda umiliazione). 138
Non dirò altro, e so di parlare in modo oscuro; ma passerà poco tempo, che i tuoi concittadini faranno in modo che tu possa interpretarlo (=interpretare le mie parole). 141
Quest’azione (=l’atto di umiltà) lo liberò da quei confini (=dal confine tra Antipurgatorio e Purgatorio). 142