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Canto VIII
Era già l’ora che volge il disio
ai navicanti e ‘ntenerisce il core
lo dì c’han detto ai dolci amici addio; 3
Era già l'ora (=il tramonto) che rivolge il desiderio (=suscita nostalgia) ai naviganti [verso casa] e intenerisce il [loro] cuore nel giorno in cui hanno detto addio ai dolci amici;
e che lo novo peregrin d’amore
punge, se ode squilla di lontano
che paia il giorno pianger che si more; 6
e che (=era già l’ora che) fa soffrire d’amore il pellegrino appena partito, se sente in lontananza [il suono di una] campana che sembra piangere il giorno che muore;
quand’io incominciai a render vano
l’udire e a mirare una de l’alme
surta, che l’ascoltar chiedea con mano 9
quando io incominciai a lasciare inoperoso l’udito e a osservare intensamente una delle anime, alzatasi in piedi, che chiedeva di essere ascoltata con [un cenno della] mano.
Ella giunse e levò ambo le palme,
ficcando li occhi verso l’oriente,
come dicesse a Dio: ‘D’altro non calme’ 12
Quella congiunse e sollevò entrambe le mani, volgendo gli occhi verso l'oriente come dicesse a Dio: “Non m’importa d’altro [che di te]”.
’Te lucis ante’ sì devotamente
le uscìo di bocca e con sì dolci note,
che fece me a me uscir di mente; 15
Di bocca le uscì ’Te lucis ante’ (=Prima della fine del giorno) così devotamente e con suoni così dolci, che mi fece dimenticare di me stesso;
e l’altre poi dolcemente e devote
seguitar lei per tutto l’inno intero,
avendo li occhi a le superne rote. 18
e le altre [anime] poi la seguirono [nel canto] con dolcezza e devozione per tutto il resto dell'inno, tenendo gli occhi [rivolti] alle sfere supreme (=celesti).
Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,
chè ‘l velo è ora ben tanto sottile,
certo che ‘l trapassar dentro è leggero. 21
Lettore, a questo punto, aguzza bene la mente al vero [significato], poiché il velo [dell’allegoria] è ora così sottile, che è facile passarvi attraverso. 21
Io vidi quello essercito gentile
tacito poscia riguardare in sùe
quasi aspettando, palido e umìle; 24
Io vidi poi quella nobile schiera [di anime] in silenzio guardare intensamente in alto, come se aspettasse, pallida e umile;
e vidi uscir de l’alto e scender giùe
due angeli con due spade affocate,
tronche e private de le punte sue. 27
e vidi uscire dall’alto e scendere due angeli con due spade infuocate, tronche e prive delle loro punte.
Verdi come fogliette pur mo nate
erano in veste, che da verdi penne
percosse traean dietro e ventilate. 30
Erano verdi, come tenere foglie appena nate, nelle vesti che [essi] portavano dietro [nel volo] agitate e mosse dal vento di verdi ali.
L’un poco sovra noi a star si venne,
e l’altro scese in l’opposita sponda,
sì che la gente in mezzo si contenne. 33
L’uno venne a posarsi un po’sopra [di] noi, e l'altro scese sulla sponda opposta, così che le anime furono contenute in mezzo.
Ben discernea in lor la testa bionda;
ma ne la faccia l’occhio si smarria,
come virtù ch’a troppo si confonda. 36
Scorgevo distintamente in loro la testa bionda; ma la vista si smarriva nel [fulgore del] volto, come [una] facoltà [sensitiva] che si smarrisce per troppa [intensità]. 36
«Ambo vegnon del grembo di Maria»,
disse Sordello, «a guardia de la valle,
per lo serpente che verrà vie via». 39
«Entrambi vengono dal grembo di Maria (=dall’Empireo dove sta Maria)»,
disse Sordello, «a guardia della valle, a causa del serpente che arriverà tra poco». 39
Ond’io, che non sapeva per qual calle,
mi volsi intorno, e stretto m’accostai,
tutto gelato, a le fidate spalle. 42
Sicchè io, che non sapevo per quale strada [sarebbe giunto], mi guardai intorno, e mi accostai stretto alle spalle fidate [di Virgilio], tutto gelato [per la paura]. 42
E Sordello anco: «Or avvalliamo omai
tra le grandi ombre, e parleremo ad esse;
grazioso fia lor vedervi assai». 45
E Sordello continuò: «Ormai scendiamo nella valle tra le autorevoli ombre, e parleremo ad esse; vedervi sarà per loro molto gradito». 45
Solo tre passi credo ch’i’ scendesse,
e fui di sotto, e vidi un che mirava
pur me, come conoscer mi volesse. 48
Credo di essere sceso solo tre passi, e fui di sotto e vidi uno [spirito] che continuava a guardarmi, come se mi volesse riconoscere. 48
Temp’era già che l’aere s’annerava,
ma non sì che tra li occhi suoi e ‘ miei
non dichiarisse ciò che pria serrava. 51
Era ormai l’ora in cui l’aria si oscurava, ma non al punto che tra i suoi occhi e i miei non rivelasse ciò che prima teneva nascosto. 51
Ver’ me si fece, e io ver’ lui mi fei:
giudice Nin gentil, quanto mi piacque
quando ti vidi non esser tra ‘ rei! 54
Si fece verso di me, e io mi avvicinai a lui: nobile giudice Nino (=Nino Visconti), quanto fui felice quando vidi che non eri tra i dannati! 54
Nullo bel salutar tra noi si tacque;
poi dimandò: «Quant’è che tu venisti
a piè del monte per le lontane acque?». 57
Nessuna cortese espressione di saluto fu taciuta tra noi; poi domandò: «Da quanto sei giunto a[i] piedi del monte attraverso le acque lontane (=l’Oceano)?» 57
«Oh!», diss’io lui, «per entro i luoghi tristi
venni stamane, e sono in prima vita,
ancor che l’altra, sì andando, acquisti». 60
Gli dissi: «Oh! sono arrivato questa mattina attraverso i luoghi di dolore, e sono [ancora] ne[lla] prima vita, sebbene, facendo questo viaggio, [io] cerchi di guadagnare l’altra (= quella eterna)». 60
E come fu la mia risposta udita,
Sordello ed elli in dietro si raccolse
come gente di sùbito smarrita. 63
Appena la mia risposta fu udita, Sordello e lui si trassero indietro come gente improvvisamente confusa. 63
L’uno a Virgilio e l’altro a un si volse
che sedea lì, gridando: «Sù, Currado!
vieni a veder che Dio per grazia volse». 66
L’uno (=Sordello) si volse a Virgilio, e l’altro (=Nino) a uno che sedeva lì, gridando: «Su, Corrado! Vieni a vedere che [cosa] volle Dio per [mezzo della sua] grazia». 66
Poi, vòlto a me: «Per quel singular grado
che tu dei a colui che sì nasconde
lo suo primo perché, che non lì è guado, 69
Poi, rivolto a me: «Per quella particolare gratitudine che tu devi a colui (=Dio) che nasconde a tal punto la sua prima ragione (=il motivo della creazione) che non c’è [nessuna] strada [per raggiungerla], 69
quando sarai di là da le larghe onde,
dì a Giovanna mia che per me chiami
là dove a li ‘nnocenti si risponde. 72
quando sarai di là dalle larghe onde (=sulla Terra), di' a[lla] mia Giovanna che preghi per me là (=in Cielo) dove si risponde agli innocenti (=vengono esaudite le preghiere degli innocenti). 72
Non credo che la sua madre più m’ami,
poscia che trasmutò le bianche bende,
le quai convien che, misera!, ancor brami. 75
Non credo che sua madre (=Beatrice d’Este) mi ami più, da quando mutò le bianche bende (=ha abbandonato il lutto), le quali è necessario che, infelice! desideri ancora (=rimpianga). 75
Per lei assai di lieve si comprende
quanto in femmina foco d’amor dura,
se l’occhio o ‘l tatto spesso non l’accende. 78
Tramite lei si capisce facilmente quanto [poco] duri [il] fuoco d'amore in [una] donna, se la vista o il tatto non lo accendono spesso (=se non è alimentato dalla presenza dell’amato). 78
Non le farà sì bella sepultura
la vipera che Melanesi accampa,
com’avria fatto il gallo di Gallura». 81
Il biscione che i Milanesi hanno nel loro stemma non le darà una sepoltura così bella, come avrebbe fatto il gallo di Gallura (=lo stemma dei Visconti)». 81
Così dicea, segnato de la stampa,
nel suo aspetto, di quel dritto zelo
che misuratamente in core avvampa. 84
Così diceva, segnato nel volto dall’impronta di quel giusto sdegno che arde con misura ne[l] cuore. 84
Li occhi miei ghiotti andavan pur al cielo,
pur là dove le stelle son più tarde,
sì come rota più presso a lo stelo. 87
I miei occhi avidi andavano continuamente al cielo, sempre là dove le stelle sono (=si muovono) più lente (=al polo antartico), così come [una] ruota più vicino all’asse. 87
E ‘l duca mio: «Figliuol, che là sù guarde?».
E io a lui: «A quelle tre facelle
di che ‘l polo di qua tutto quanto arde». 90
E il mio maestro: «Figliolo, cosa osservi lassù?» E io a lui: «[Guardo] quelle tre stelle grazie alle quali il polo antartico si illumina tutto quanto». 90
Ond’elli a me: «Le quattro chiare stelle
che vedevi staman, son di là basse,
e queste son salite ov’eran quelle». 93
Allora egli a me: «Le quattro stelle luminose che vedevi questa mattina sono laggiù basse (=sotto l'orizzonte), e queste sono salite dov’erano quelle (=al loro posto)». 93
Com’ei parlava, e Sordello a sé il trasse
dicendo: «Vedi là ‘l nostro avversaro»;
e drizzò il dito perché ‘n là guardasse. 96
Mentre lui parlava, Sordello lo tirò a sé, dicendo: «Guarda là il nostro avversario (=il demonio)»; e puntò il dito perchè guardasse là. 96
Da quella parte onde non ha riparo
la picciola vallea, era una biscia,
forse qual diede ad Eva il cibo amaro. 99
Da quella parte dove la valletta non ha difesa, c'era un serpente, forse come quello che diede ad Eva il cibo amaro (=il frutto proibito). 99
Tra l’erba e ‘ fior venìa la mala striscia,
volgendo ad ora ad or la testa, e ‘l dosso
leccando come bestia che si liscia. 102
Tra l'erba e i fiori avanzava il malvagio rettile (=serpente), volgendo indietro talvolta la testa, e leccando[si] il dorso come [una] bestia che si liscia [il pelo]. 102
Io non vidi, e però dicer non posso,
come mosser li astor celestiali;
ma vidi bene e l’uno e l’altro mosso. 105
Io non vidi, quindi non posso riferire, come gli sparvieri celesti (angeli) si mossero; ma vidi con chiarezza che entrambi si mossero (=erano in volo). 105
Sentendo fender l’aere a le verdi ali,
fuggì ‘l serpente, e li angeli dier volta,
suso a le poste rivolando iguali. 108
Sentendo le loro ali verdi fendere l’aria, il serpente fuggì e gli angeli tornarono indietro, tornando alle [loro] sedi su con pari volo. 108
L’ombra che s’era al giudice raccolta
quando chiamò, per tutto quello assalto
punto non fu da me guardare sciolta. 111
L'ombra che si era accostata al giudice (=a Nino) quando l'aveva chiamata, durante tutto quell'attacco, non si distolse affatto dal guardarmi. 111
«Se la lucerna che ti mena in alto
truovi nel tuo arbitrio tanta cera
quant’è mestiere infino al sommo smalto», 114
cominciò ella, «se novella vera
di Val di Magra o di parte vicina
sai, dillo a me, che già grande là era. 117
Poi iniziò: «Possa la luce [divina] che ti conduce in alto trovare nel tuo [libero] arbitrio tanto alimento (=cera), quanto è necessario [per giungere] alla sommità smaltata [del monte] (=all'Eden); se hai notizie certe di Val di Magra o di [un] luogo lì vicino, dimmele, poiché io là [io] fui [un uomo] potente. 114-117
Fui chiamato Currado Malaspina;
non son l’antico, ma di lui discesi;
a’ miei portai l’amor che qui raffina». 120
Fui chiamato Corrado Malaspina: non sono [Corrado] il Vecchio, ma un suo discendente; portai ai miei [famigliari] un amore che qui si purifica». 120
«Oh!», diss’io lui, «per li vostri paesi
già mai non fui; ma dove si dimora
per tutta Europa ch’ei non sien palesi? 123
Io gli dissi: «Oh! non sono mai stato nei vostri paesi; ma dove si può abitare in tutta Europa che essi non siano noti? 123
La fama che la vostra casa onora,
grida i segnori e grida la contrada,
sì che ne sa chi non vi fu ancora; 126
La fama che onora il vostro casato celebra i signori e celebra il territorio, cosicché ne è a conoscenza anche chi non c'è stato; 126
e io vi giuro, s’io di sopra vada,
che vostra gente onrata non si sfregia
del pregio de la borsa e de la spada. 129
e io vi giuro, possa io arrivare in cima [al monte], che la vostra gente onorata non ha mai perso il pregio della borsa e della spada (=del valore della liberalità e della prodezza). 129
Uso e natura sì la privilegia,
che, perché il capo reo il mondo torca,
sola va dritta e ‘l mal cammin dispregia». 132
La consuetudine [cavalleresca] e le qualità naturali la privilegiano a tal punto, che, per quanto il capo malvagio (=Roma) porti il mondo alla rovina, [essa] sola va dritta e disprezza la cattiva strada». 132
Ed elli: «Or va; che ‘l sol non si ricorca
sette volte nel letto che ‘l Montone
con tutti e quattro i piè cuopre e inforca, 135
E lui: «Ora va'; che il sole non si coricherà sette volte nel letto che il Montone copre e cavalca con tutte e quattro le zampe (=non si congiungerà sette volte con la costellazione dell'Ariete) (=non passeranno sette anni) 135
che cotesta cortese oppinione
ti fia chiavata in mezzo de la testa
con maggior chiovi che d’altrui sermone,
se corso di giudicio non s’arresta». 139
che questa cortese opinione ti sarà inchiodata in mezzo alla testa con argomenti ben più convincenti che i discorsi altrui, se il corso de[lla] giustizia divina non si arresta». 139
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto VIII
Era già l’ora che volge il disio
ai navicanti e ‘ntenerisce il core
lo dì c’han detto ai dolci amici addio; 3
e che lo novo peregrin d’amore
punge, se ode squilla di lontano
che paia il giorno pianger che si more; 6
quand’io incominciai a render vano
l’udire e a mirare una de l’alme
surta, che l’ascoltar chiedea con mano 9
Ella giunse e levò ambo le palme,
ficcando li occhi verso l’oriente,
come dicesse a Dio: ‘D’altro non calme’ 12
’Te lucis ante’ sì devotamente
le uscìo di bocca e con sì dolci note,
che fece me a me uscir di mente; 15
e l’altre poi dolcemente e devote
seguitar lei per tutto l’inno intero,
avendo li occhi a le superne rote. 18
Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,
chè ‘l velo è ora ben tanto sottile,
certo che ‘l trapassar dentro è leggero. 21
Io vidi quello essercito gentile
tacito poscia riguardare in sùe
quasi aspettando, palido e umìle; 24
e vidi uscir de l’alto e scender giùe
due angeli con due spade affocate,
tronche e private de le punte sue. 27
Verdi come fogliette pur mo nate
erano in veste, che da verdi penne
percosse traean dietro e ventilate. 30
L’un poco sovra noi a star si venne,
e l’altro scese in l’opposita sponda,
sì che la gente in mezzo si contenne. 33
Ben discernea in lor la testa bionda;
ma ne la faccia l’occhio si smarria,
come virtù ch’a troppo si confonda. 36
«Ambo vegnon del grembo di Maria»,
disse Sordello, «a guardia de la valle,
per lo serpente che verrà vie via». 39
Ond’io, che non sapeva per qual calle,
mi volsi intorno, e stretto m’accostai,
tutto gelato, a le fidate spalle. 42
E Sordello anco: «Or avvalliamo omai
tra le grandi ombre, e parleremo ad esse;
grazioso fia lor vedervi assai». 45
Solo tre passi credo ch’i’ scendesse,
e fui di sotto, e vidi un che mirava
pur me, come conoscer mi volesse. 48
Temp’era già che l’aere s’annerava,
ma non sì che tra li occhi suoi e ‘ miei
non dichiarisse ciò che pria serrava. 51
Ver’ me si fece, e io ver’ lui mi fei:
giudice Nin gentil, quanto mi piacque
quando ti vidi non esser tra ‘ rei! 54
Nullo bel salutar tra noi si tacque;
poi dimandò: «Quant’è che tu venisti
a piè del monte per le lontane acque?». 57
«Oh!», diss’io lui, «per entro i luoghi tristi
venni stamane, e sono in prima vita,
ancor che l’altra, sì andando, acquisti». 60
E come fu la mia risposta udita,
Sordello ed elli in dietro si raccolse
come gente di sùbito smarrita. 63
L’uno a Virgilio e l’altro a un si volse
che sedea lì, gridando: «Sù, Currado!
vieni a veder che Dio per grazia volse». 66
Poi, vòlto a me: «Per quel singular grado
che tu dei a colui che sì nasconde
lo suo primo perché, che non lì è guado, 69
quando sarai di là da le larghe onde,
dì a Giovanna mia che per me chiami
là dove a li ‘nnocenti si risponde. 72
Non credo che la sua madre più m’ami,
poscia che trasmutò le bianche bende,
le quai convien che, misera!, ancor brami. 75
Per lei assai di lieve si comprende
quanto in femmina foco d’amor dura,
se l’occhio o ‘l tatto spesso non l’accende. 78
Non le farà sì bella sepultura
la vipera che Melanesi accampa,
com’avria fatto il gallo di Gallura». 81
Così dicea, segnato de la stampa,
nel suo aspetto, di quel dritto zelo
che misuratamente in core avvampa. 84
Li occhi miei ghiotti andavan pur al cielo,
pur là dove le stelle son più tarde,
sì come rota più presso a lo stelo. 87
E ‘l duca mio: «Figliuol, che là sù guarde?».
E io a lui: «A quelle tre facelle
di che ‘l polo di qua tutto quanto arde». 90
Ond’elli a me: «Le quattro chiare stelle
che vedevi staman, son di là basse,
e queste son salite ov’eran quelle». 93
Com’ei parlava, e Sordello a sé il trasse
dicendo: «Vedi là ‘l nostro avversaro»;
e drizzò il dito perché ‘n là guardasse. 96
Da quella parte onde non ha riparo
la picciola vallea, era una biscia,
forse qual diede ad Eva il cibo amaro. 99
Tra l’erba e ‘ fior venìa la mala striscia,
volgendo ad ora ad or la testa, e ‘l dosso
leccando come bestia che si liscia. 102
Io non vidi, e però dicer non posso,
come mosser li astor celestiali;
ma vidi bene e l’uno e l’altro mosso. 105
Sentendo fender l’aere a le verdi ali,
fuggì ‘l serpente, e li angeli dier volta,
suso a le poste rivolando iguali. 108
L’ombra che s’era al giudice raccolta
quando chiamò, per tutto quello assalto
punto non fu da me guardare sciolta. 111
«Se la lucerna che ti mena in alto
truovi nel tuo arbitrio tanta cera
quant’è mestiere infino al sommo smalto», 114
cominciò ella, «se novella vera
di Val di Magra o di parte vicina
sai, dillo a me, che già grande là era. 117
Fui chiamato Currado Malaspina;
non son l’antico, ma di lui discesi;
a’ miei portai l’amor che qui raffina». 120
«Oh!», diss’io lui, «per li vostri paesi
già mai non fui; ma dove si dimora
per tutta Europa ch’ei non sien palesi? 123
La fama che la vostra casa onora,
grida i segnori e grida la contrada,
sì che ne sa chi non vi fu ancora; 126
e io vi giuro, s’io di sopra vada,
che vostra gente onrata non si sfregia
del pregio de la borsa e de la spada. 129
Uso e natura sì la privilegia,
che, perché il capo reo il mondo torca,
sola va dritta e ‘l mal cammin dispregia». 132
Ed elli: «Or va; che ‘l sol non si ricorca
sette volte nel letto che ‘l Montone
con tutti e quattro i piè cuopre e inforca, 135
che cotesta cortese oppinione
ti fia chiavata in mezzo de la testa
con maggior chiovi che d’altrui sermone, 138
se corso di giudicio non s’arresta». 139
Canto VIII
Era già l'ora (=il tramonto) che rivolge il desiderio (=suscita nostalgia) ai naviganti [verso casa] e intenerisce il [loro] cuore nel giorno in cui hanno detto addio ai dolci amici; 3
e che (=era già l’ora che) fa soffrire d’amore il pellegrino appena partito, se sente in lontananza [il suono di una] campana che sembra piangere il giorno che muore; 6
quando io incominciai a lasciare inoperoso l’udito e a osservare intensamente una delle anime, alzatasi in piedi, che chiedeva di essere ascoltata con [un cenno della] mano. 9
Quella congiunse e sollevò entrambe le mani, volgendo gli occhi verso l'oriente come dicesse a Dio: “Non m’importa d’altro [che di te]”. 12
Di bocca le uscì ’Te lucis ante’ (=Prima della fine del giorno) così devotamente e con suoni così dolci, che mi fece dimenticare di me stesso; 15
e le altre [anime] poi la seguirono [nel canto] con dolcezza e devozione per tutto il resto dell'inno, tenendo gli occhi [rivolti] alle sfere supreme (=celesti). 18
Lettore, a questo punto, aguzza bene la mente al vero [significato], poiché il velo [dell’allegoria] è ora così sottile, che è facile passarvi attraverso. 21
Io vidi poi quella nobile schiera [di anime] in silenzio guardare intensamente in alto, come se aspettasse, pallida e umile; 24
e vidi uscire dall’alto e scendere due angeli con due spade infuocate, tronche e prive delle loro punte. 27
Erano verdi, come tenere foglie appena nate, nelle vesti che [essi] portavano dietro [nel volo] agitate e mosse dal vento di verdi ali. 30
L’uno venne a posarsi un po’sopra [di] noi, e l'altro scese sulla sponda opposta, così che le anime furono contenute in mezzo. 33
Scorgevo distintamente in loro la testa bionda; ma la vista si smarriva nel [fulgore del] volto, come [una] facoltà [sensitiva] che si smarrisce per troppa [intensità]. 36
«Entrambi vengono dal grembo di Maria (=dall’Empireo dove sta Maria)»,
disse Sordello, «a guardia della valle, a causa del serpente che arriverà tra poco». 39
Sicchè io, che non sapevo per quale strada [sarebbe giunto], mi guardai intorno, e mi accostai stretto alle spalle fidate [di Virgilio], tutto gelato [per la paura]. 42
E Sordello continuò: «Ormai scendiamo nella valle tra le autorevoli ombre, e parleremo ad esse; vedervi sarà per loro molto gradito». 45
Credo di essere sceso solo tre passi, e fui di sotto e vidi uno [spirito] che continuava a guardarmi, come se mi volesse riconoscere. 48
Era ormai l’ora in cui l’aria si oscurava, ma non al punto che tra i suoi occhi e i miei non rivelasse ciò che prima teneva nascosto. 51
Si fece verso di me, e io mi avvicinai a lui: nobile giudice Nino (=Nino Visconti), quanto fui felice quando vidi che non eri tra i dannati! 54
Nessuna cortese espressione di saluto fu taciuta tra noi; poi domandò: «Da quanto sei giunto a[i] piedi del monte attraverso le acque lontane (=l’Oceano)?» 57
Gli dissi: «Oh! sono arrivato questa mattina attraverso i luoghi di dolore, e sono [ancora] ne[lla] prima vita, sebbene, facendo questo viaggio, [io] cerchi di guadagnare l’altra (= quella eterna)». 60
Appena la mia risposta fu udita, Sordello e lui si trassero indietro come gente improvvisamente confusa. 63
L’uno (=Sordello) si volse a Virgilio, e l’altro (=Nino) a uno che sedeva lì, gridando: «Su, Corrado! Vieni a vedere che [cosa] volle Dio per [mezzo della sua] grazia». 66
Poi, rivolto a me: «Per quella particolare gratitudine che tu devi a colui (=Dio) che nasconde a tal punto la sua prima ragione (=il motivo della creazione) che non c’è [nessuna] strada [per raggiungerla], 69
quando sarai di là dalle larghe onde (=sulla Terra), di' a[lla] mia Giovanna che preghi per me là (=in Cielo) dove si risponde agli innocenti (=vengono esaudite le preghiere degli innocenti). 72
Non credo che sua madre (=Beatrice d’Este) mi ami più, da quando mutò le bianche bende (=ha abbandonato il lutto), le quali è necessario che, infelice! desideri ancora (=rimpianga). 75
Tramite lei si capisce facilmente quanto [poco] duri [il] fuoco d'amore in [una] donna, se la vista o il tatto non lo accendono spesso (=se non è alimentato dalla presenza dell’amato). 78
Il biscione che i Milanesi hanno nel loro stemma non le darà una sepoltura così bella, come avrebbe fatto il gallo di Gallura (=lo stemma dei Visconti)». 81
Così diceva, segnato nel volto dall’impronta di quel giusto sdegno che arde con misura ne[l] cuore. 84
I miei occhi avidi andavano continuamente al cielo, sempre là dove le stelle sono (=si muovono) più lente (=al polo antartico), così come [una] ruota più vicino all’asse. 87
E il mio maestro: «Figliolo, cosa osservi lassù?» E io a lui: «[Guardo] quelle tre stelle grazie alle quali il polo antartico si illumina tutto quanto». 90
Allora egli a me: «Le quattro stelle luminose che vedevi questa mattina sono laggiù basse (=sotto l'orizzonte), e queste sono salite dov’erano quelle (=al loro posto)». 93
Mentre lui parlava, Sordello lo tirò a sé, dicendo: «Guarda là il nostro avversario (=il demonio)»; e puntò il dito perchè guardasse là. 96
Da quella parte dove la valletta non ha difesa, c'era un serpente, forse come quello che diede ad Eva il cibo amaro (=il frutto proibito). 99
Tra l'erba e i fiori avanzava il malvagio rettile (=serpente), volgendo indietro talvolta la testa, e leccando[si] il dorso come [una] bestia che si liscia [il pelo]. 102
Io non vidi, quindi non posso riferire, come gli sparvieri celesti (angeli) si mossero; ma vidi con chiarezza che entrambi si mossero (=erano in volo). 105
Sentendo le loro ali verdi fendere l’aria, il serpente fuggì e gli angeli tornarono indietro, tornando alle [loro] sedi su con pari volo. 108
L'ombra che si era accostata al giudice (=a Nino) quando l'aveva chiamata, durante tutto quell'attacco, non si distolse affatto dal guardarmi. 111
Poi iniziò: «Possa la luce [divina] che ti conduce in alto trovare nel tuo [libero] arbitrio tanto alimento (=cera), quanto è necessario [per giungere] alla sommità smaltata [del monte] (=all'Eden); se hai notizie certe di Val di Magra o di [un] luogo lì vicino, dimmele, poiché io là [io] fui [un uomo] potente. 114-117
Fui chiamato Corrado Malaspina: non sono [Corrado] il Vecchio, ma un suo discendente; portai ai miei [famigliari] un amore che qui si purifica». 120
Io gli dissi: «Oh! non sono mai stato nei vostri paesi; ma dove si può abitare in tutta Europa che essi non siano noti? 123
La fama che onora il vostro casato celebra i signori e celebra il territorio, cosicché ne è a conoscenza anche chi non c'è stato; 126
e io vi giuro, possa io arrivare in cima [al monte], che la vostra gente onorata non ha mai perso il pregio della borsa e della spada (=del valore della liberalità e della prodezza). 129
La consuetudine [cavalleresca] e le qualità naturali la privilegiano a tal punto, che, per quanto il capo malvagio (=Roma) porti il mondo alla rovina, [essa] sola va dritta e disprezza la cattiva strada». 132
E lui: «Ora va'; che il sole non si coricherà sette volte nel letto che il Montone copre e cavalca con tutte e quattro le zampe (=non si congiungerà sette volte con la costellazione dell'Ariete) (=non passeranno sette anni) 135
che questa cortese opinione ti sarà inchiodata in mezzo alla testa con argomenti ben più convincenti che i discorsi altrui, 138
se il corso de[lla] giustizia divina non si arresta». 139