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Canto VI
Quando si parte il gioco de la zara,
colui che perde si riman dolente,
repetendo le volte, e tristo impara; 3
Quando i giocatori della zara si separano, colui che ha perso si sofferma dolente, ripetendo [nella memoria] i tiri, e avvilito impara (=impara come avrebbe dovuto giocare); 3
con l’altro se ne va tutta la gente;
qual va dinanzi, e qual di dietro il prende,
e qual dallato li si reca a mente; 6
tutta la gente (=il pubblico) [invece] se ne va con l’altro; chi [gli] va davanti, e chi lo prende da dietro, e chi di lato si ricorda a lui (=lo prega di ricordarsi di lui); 6
el non s’arresta, e questo e quello intende;
a cui porge la man, più non fa pressa;
e così da la calca si difende. 9
egli non si ferma, e ascolta questo e quello; colui al quale porge la mano [dando una mancia], non fa più pressione; e così si sottrae alla calca. 9
Tal era io in quella turba spessa,
volgendo a loro, e qua e là, la faccia,
e promettendo mi sciogliea da essa. 12
Tale (=nella stessa condizione) ero io (=mi trovavo io) in mezzo a quella folla [di anime] fitta, rivolgendo il viso verso [di] loro, ora [di] qua ora [di] là, e promettendo (=assicurando preghiere e ricordo) me ne liberavo. 12
Quiv’era l’Aretin che da le braccia
fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte,
e l’altro ch’annegò correndo in caccia. 15
Qui c’era l’Aretino che ricevette la morte dalle braccia feroci di Ghino di Tacco, e [c’era quel]l’altro (=Guccio de’ Tarlati) che annegò correndo in [un] inseguimento (=mentre era inseguito oppure mentre inseguiva). 15
Quivi pregava con le mani sporte
Federigo Novello, e quel da Pisa
che fé parer lo buon Marzucco forte. 18
Qui pregava, con le mani protese in avanti, Federigo Novello, e [pregava] quello (=quell’altro uomo) di Pisa (=Gano degli Scornigiani) che fece apparire forte il buon Marzucco (=suo padre) (=che mostrò come suo padre fosse forte sopportando il dolore della sua uccisione). 18
Vidi conte Orso e l’anima divisa
dal corpo suo per astio e per inveggia,
com’e’ dicea, non per colpa commisa; 21
Vidi [il] conte Orso (=Orso degli Alberti) e [quel]l’anima divisa dal suo corpo (=colui che fu ucciso) per odio e per invidia, come egli diceva, non per [una] colpa commessa; 21
Pier da la Broccia dico; e qui proveggia,
mentr’è di qua, la donna di Brabante,
sì che però non sia di peggior greggia. 24
Voglio dire Pierre de la Brosse; e a questo riguardo provveda la signora di Brabante (=Maria di Brabante), finchè è di qua (=sulla terra), sicchè per questo non debba appartenere a [una] schiera peggiore (= alla schiera dei dannati). 24
Come libero fui da tutte quante
quell’ombre che pregar pur ch’altri prieghi,
sì che s’avacci lor divenir sante, 27
Appena fui libero da tutte quante quelle ombre che pregavano solamente che altri pregassero [per loro], così che si affretti [il] loro diventare beate, 27
io cominciai: «El par che tu mi nieghi,
o luce mia, espresso in alcun testo
che decreto del cielo orazion pieghi; 30
io cominciai: «Mi sembra che tu, o luce mia (=o Virgilio), mi neghi espressamente in un certo passo [della tua opera] che [una] preghiera possa piegare (=mutare) [un] decreto del cielo (=di Dio); 30
e questa gente prega pur di questo:
sarebbe dunque loro speme vana,
o non m’è ‘l detto tuo ben manifesto?» 33
eppure queste anime pregano solo per questo: sarebbe dunque vana [la] loro speranza, o la tua affermazione non mi è ben chiara?» 33
Ed elli a me: «La mia scrittura è piana;
e la speranza di costor non falla,
se ben si guarda con la mente sana; 36
Ed egli a me: «Il mio testo è chiaro; e la speranza di costoro non è fallace, se si osserva bene [la questione] con la mente non corrotta (=non pervertita da idee eretiche); 36
ché cima di giudicio non s’avvalla
perché foco d’amor compia in un punto
ciò che de’ sodisfar chi qui s’astalla; 39
poichè [la] cima de[l] giudizio [divino] non si abbassa per il fatto che il fuoco d’amore [di chi prega] compia in un istante ciò che chi dimora qui deve [a Dio] come soddisfazione; 39
e là dov’io fermai cotesto punto,
non s’ammendava, per pregar, difetto,
perché ‘l priego da Dio era disgiunto. 42
e là (=nel passo dell’Eneide) dove io fissai questo principio, non si emendava [una colpa], pregando, perchè la preghiera era disgiunta da Dio (=non poteva raggiungerlo perché era fatta da un pagano). 42
Veramente a così alto sospetto
non ti fermar, se quella nol ti dice
che lume fia tra ‘l vero e lo ‘ntelletto. 45
Tuttavia non ti accontentare [di fronte] a [un] dubbio così profondo, se [prima] non te lo chiarisce colei che farà luce tra la verità e il [tuo] intelletto (=renderà chiara la verità al tuo intelletto). 45
Non so se ‘ntendi: io dico di Beatrice;
tu la vedrai di sopra, in su la vetta
di questo monte, ridere e felice». 48
Non so se comprendi: io parlo di Beatrice; tu la vedrai in alto, sulla vetta di questo monte, ridere e felice». 48
E io: «Segnore, andiamo a maggior fretta,
ché già non m’affatico come dianzi,
e vedi omai che ‘l poggio l’ombra getta». 51
E io: «Signore, andiamo più in fretta, poichè ormai non faccio fatica come prima, e vedi ormai che il monte proietta la [sua] ombra (=comincia a tramontare)». 51
«Noi anderem con questo giorno innanzi»,
rispuose, «quanto più potremo omai;
ma ‘l fatto è d’altra forma che non stanzi. 54
Rispose: «Ormai noi andremo avanti con [la luce di] questo giorno quanto più potremo; ma il fatto è [ben] diverso da quel che pensi. 54
Prima che sie là sù, tornar vedrai
colui che già si cuopre de la costa,
sì che ‘ suoi raggi tu romper non fai. 57
Prima che [tu] sia lassù (=nel Paradiso terrestre), vedrai tornare [più volte] colui che già si nasconde dietro la parete [del monte] (=il sole), così che tu non interrompi i suoi raggi. 57
Ma vedi là un’anima che, posta
sola soletta, inverso noi riguarda:
quella ne ‘nsegnerà la via più tosta». 60
Ma osserva là un’anima che, posta sola soletta, guarda verso [di] noi: quella ci indicherà la via più rapida». 60
Venimmo a lei: o anima lombarda,
come ti stavi altera e disdegnosa
e nel mover de li occhi onesta e tarda! 63
Giungemmo da lei: o anima lombarda, come te [ne] stavi altera e sdegnosa e nel muovere gli occhi dignitosa e pacata! 63
Ella non ci dicea alcuna cosa,
ma lasciavane gir, solo sguardando
a guisa di leon quando si posa. 66
Ella non ci diceva nulla, ma ci lasciava andare, solo seguendoci con lo sguardo come [un] leone quando si riposa. 66
Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
che ne mostrasse la miglior salita;
e quella non rispuose al suo dimando, 69
Tuttavia Virgilio si avvicinò a lei, pregando che ci mostrasse la [via] migliore [per la] salita; e quella non rispose alla sua domanda, 69
ma di nostro paese e de la vita
ci ‘nchiese; e ‘l dolce duca incominciava
«Mantua...», e l’ombra, tutta in sé romita, 72
ma ci chiese del nostro paese [di provenienza] e della [nostra] vita (=della nostra condizione); e la dolce guida incominciava «Mantova...», e l’ombra, [prima] tutta raccolta in sè, 72
surse ver’ lui del loco ove pria stava,
dicendo: «O Mantoano, io son Sordello
de la tua terra!»; e l’un l’altro abbracciava. 75
si drizzò verso [di] lui dal luogo dove stava prima, dicendo: «O Mantovano, io sono Sordello
della tua terra!»; e l’uno abbracciava l’altro. 75
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello. 78
Ahi Italia schiava, albergo di dolore, nave senza nocchiere in [una] grande tempesta, non signora di province, ma meretrice. 78
Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa; 81
Quell’anima nobile (=Sordello), solo per [aver sentito] il dolce suono della sua terra, fu così sollecita ne[l] fare festa là (=in Purgatorio) al suo concittadino; 81
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra. 84
mentre ora in te (=dentro i tuoi confini) i tuoi [abitanti] vivi non riescono a stare senza [farsi] guerra, e l’uno dilania l’altro tra quelli che un [solo] muro e un [solo] fossato racchiudono (=quelli che abitano la stessa città). 84
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode. 87
Esplora, infelice, le tue regioni di mare intorno alle coste, e poi guarda al tuo interno (=i tuoi territori interni), se qualche parte in te gode di pace. 87
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustiniano, se la sella è vota?
Sanz’esso fora la vergogna meno. 90
A cosa è valso che Giustiniano ti accomodasse il freno (=abbia raccolto e steso le leggi), se la sella (=il posto di comando) è vuota? Senza [di] esso (=il freno, cioè le leggi) la vergogna sarebbe minore. 90
Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota, 93
Ahi gente [di Chiesa] che dovresti essere devota, e lasciare sedere Cesare sulla sella (=lasciare il potere temporale all’imperatore), se comprendi bene ciò che Dio ti indica [nelle Scritture], 93
guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella. 96
guarda come questa bestia (=l’Italia) è resa ribelle per non essere guidata dagli speroni (=dalle leggi imperiali), dopo che hai messo mano alla briglia (=al potere temporale). 96
O Alberto tedesco ch’abbandoni
costei ch’è fatta indomita e selvaggia,
e dovresti inforcar li suoi arcioni, 99
O Alberto [d’Asburgo, imperatore] germanico che abbandoni costei che è stata resa indomabile e selvaggia, mentre dovresti inforcare il suo arcione (=domarla), 99
giusto giudicio da le stelle caggia
sovra ‘l tuo sangue, e sia novo e aperto,
tal che ‘l tuo successor temenza n’aggia! 102
un] giusto castigo cada dalle stelle (=dal cielo) sopra [gli eredi de]l tuo sangue, e sia straordinario ed evidente, tale che il tuo successore (=Arrigo VII di Lussemburgo) ne abbia timore! 102
Ch’avete tu e ‘l tuo padre sofferto,
per cupidigia di costà distretti,
che ‘l giardin de lo ‘mperio sia diserto. 105
Poichè tu e tuo padre (=Rodolfo d’Asburgo), trattenuti da[lla] cupidigia [degli affari] di lassù (=della Germania), avete tollerato che il giardino dell’impero (=l’Italia) fosse abbandonato. 105
Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura:
color già tristi, e questi con sospetti! 108
Vieni a vedere [i] Montecchi e [i] Cappelletti, [i] Monaldi e [i] Filippeschi, uomo incurante: [li vedrai] quelli già ridotti a mal partito [nelle lotte comunali], e questi con [il] timore [di essere avviati alla stessa sorte]! 108
Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura
d’i tuoi gentili, e cura lor magagne;
e vedrai Santafior com’è oscura! 111
Vieni, crudele, vieni, e osserva l’oppressione dei tuoi nobili (=dei tuoi feudatari), e ripara [i] loro danni; e vedrai Santafiora (=la contea di Santafiora) com’è oscurata [nel suo splendore]! 111
Vieni a veder la tua Roma che piagne
vedova e sola, e dì e notte chiama:
«Cesare mio, perché non m’accompagne?». 114
Vieni a vedere la tua Roma che piange vedova e sola, e giorno e notte invoca: «Cesare mio (=o mio imperatore), perché non stai con me?». 114
Vieni a veder la gente quanto s’ama!
e se nulla di noi pietà ti move,
a vergognar ti vien de la tua fama. 117
Vieni a vedere la gente [d’Italia] quanto si ama! e se non ti muove nessuna pietà di noi, vieni a vergognarti [almeno] della tua [cattiva] fama. 117
E se licito m’è, o sommo Giove
che fosti in terra per noi crucifisso,
son li giusti occhi tuoi rivolti altrove? 120
E se mi è permesso, o sommo Giove (=Cristo) che fosti crocifisso per noi in terra, i tuoi occhi giusti sono [forse] rivolti altrove? 120
O è preparazion che ne l’abisso
del tuo consiglio fai per alcun bene
in tutto de l’accorger nostro scisso? 123
Oppure [il tuo guardare altrove] è una preparazione che disponi nell’abisso della tua mente per qualche bene completamente separato (=lontano) dalla nostra capacità di comprendere? 123
Ché le città d’Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene. 126
Poichè le città d’Italia sono tutte piene di tiranni, e ogni uomo del contado che si fa partigiano (=entra in una fazione cittadina) diventa un Marcello (=si comporta come Marcello nei confronti dell’imperatore Cesare). 126
Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
di questa digression che non ti tocca,
mercé del popol tuo che si argomenta. 129
Firenze mia, puoi ben essere contenta di questa digressione che non ti riguarda, grazie al tuo popolo che si ingegna [a comportarsi rettamente]. 129
Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca
per non venir sanza consiglio a l’arco;
ma il popol tuo l’ha in sommo de la bocca. 132
[In altre città] molti hanno [la] giustizia ne[l] cuore, eppure [tale giustizia] scocca [dalla loro bocca] tardi per non giungere all’arco [del dire] senza riflessione (=tale giustizia viene espressa senza fretta, per non parlare sconsideratamente); invece il tuo popolo (=i Fiorentini) l’ha (=la giustizia) [sempre] sulle labbra (=parla di giustizia senza applicarla). 132
Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo solicito risponde
sanza chiamare, e grida: «I’ mi sobbarco!». 135
[In altre città] molti rifiutano gli incarichi pubblici; ma il tuo popolo (=i Fiorentini) risponde sollecito senza essere chiamato, e grida: «Me [ne] sobbarco io! 135
Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:
tu ricca, tu con pace, e tu con senno!
S’io dico ‘l ver, l’effetto nol nasconde. 138
Ora rallegrati [Firenze], perchè tu [ne] hai ben motivo: tu [sei] ricca, tu [sei] in pace, e tu [vivi] con saggezza! Se io dico la verità, i fatti non lo nascondono. 138
Atene e Lacedemona, che fenno
l’antiche leggi e furon sì civili,
fecero al viver bene un picciol cenno 141
Atene e Sparta, che fecero le [più] antiche leggi e furono così civili, fornirono un piccolo saggio del vivere civile 141
verso di te, che fai tanto sottili
provedimenti, ch’a mezzo novembre
non giugne quel che tu d’ottobre fili. 144
rispetto a te [Firenze], che prendi provvedimenti tanto sottili, che quello che tu fili (=hai deciso) a ottobre non giunge a metà novembre. 144
Quante volte, del tempo che rimembre,
legge, moneta, officio e costume
hai tu mutato e rinovate membre! 147
Quante volte, di quel tempo che ricordi (=a memoria d’uomo), tu hai cambiato leggi, moneta, cariche e costumi e [hai] rinnovato le membra (=i cittadini)! 147
E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume, 150
E se ti ricordi bene e vedi con chiarezza, ti vedrai simile a quella malata che non può trovare riposo nel letto, 150
ma con dar volta suo dolore scherma. 151
ma cerca di difendersi [dal] suo dolore rigirandosi. 151
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto VI
Quando si parte il gioco de la zara,
colui che perde si riman dolente,
repetendo le volte, e tristo impara; 3
con l’altro se ne va tutta la gente;
qual va dinanzi, e qual di dietro il prende,
e qual dallato li si reca a mente; 6
el non s’arresta, e questo e quello intende;
a cui porge la man, più non fa pressa;
e così da la calca si difende. 9
Tal era io in quella turba spessa,
volgendo a loro, e qua e là, la faccia,
e promettendo mi sciogliea da essa. 12
Quiv’era l’Aretin che da le braccia
fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte,
e l’altro ch’annegò correndo in caccia. 15
Quivi pregava con le mani sporte
Federigo Novello, e quel da Pisa
che fé parer lo buon Marzucco forte. 18
Vidi conte Orso e l’anima divisa
dal corpo suo per astio e per inveggia,
com’e’ dicea, non per colpa commisa; 21
Pier da la Broccia dico; e qui proveggia,
mentr’è di qua, la donna di Brabante,
sì che però non sia di peggior greggia. 24
Come libero fui da tutte quante
quell’ombre che pregar pur ch’altri prieghi,
sì che s’avacci lor divenir sante, 27
io cominciai: «El par che tu mi nieghi,
o luce mia, espresso in alcun testo
che decreto del cielo orazion pieghi; 30
e questa gente prega pur di questo:
sarebbe dunque loro speme vana,
o non m’è ‘l detto tuo ben manifesto?» 33
Ed elli a me: «La mia scrittura è piana;
e la speranza di costor non falla,
se ben si guarda con la mente sana; 36
ché cima di giudicio non s’avvalla
perché foco d’amor compia in un punto
ciò che de’ sodisfar chi qui s’astalla; 39
e là dov’io fermai cotesto punto,
non s’ammendava, per pregar, difetto,
perché ‘l priego da Dio era disgiunto. 42
Veramente a così alto sospetto
non ti fermar, se quella nol ti dice
che lume fia tra ‘l vero e lo ‘ntelletto. 45
Non so se ‘ntendi: io dico di Beatrice;
tu la vedrai di sopra, in su la vetta
di questo monte, ridere e felice». 48
E io: «Segnore, andiamo a maggior fretta,
ché già non m’affatico come dianzi,
e vedi omai che ‘l poggio l’ombra getta». 51
«Noi anderem con questo giorno innanzi»,
rispuose, «quanto più potremo omai;
ma ‘l fatto è d’altra forma che non stanzi. 54
Prima che sie là sù, tornar vedrai
colui che già si cuopre de la costa,
sì che ‘ suoi raggi tu romper non fai. 57
Ma vedi là un’anima che, posta
sola soletta, inverso noi riguarda:
quella ne ‘nsegnerà la via più tosta». 60
Venimmo a lei: o anima lombarda,
come ti stavi altera e disdegnosa
e nel mover de li occhi onesta e tarda! 63
Ella non ci dicea alcuna cosa,
ma lasciavane gir, solo sguardando
a guisa di leon quando si posa. 66
Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
che ne mostrasse la miglior salita;
e quella non rispuose al suo dimando, 69
ma di nostro paese e de la vita
ci ‘nchiese; e ‘l dolce duca incominciava
«Mantua...», e l’ombra, tutta in sé romita, 72
surse ver’ lui del loco ove pria stava,
dicendo: «O Mantoano, io son Sordello
de la tua terra!»; e l’un l’altro abbracciava. 75
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello. 78
Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa; 81
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra. 84
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode. 87
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustiniano, se la sella è vota?
Sanz’esso fora la vergogna meno. 90
Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota, 93
guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella. 96
O Alberto tedesco ch’abbandoni
costei ch’è fatta indomita e selvaggia,
e dovresti inforcar li suoi arcioni, 99
giusto giudicio da le stelle caggia
sovra ‘l tuo sangue, e sia novo e aperto,
tal che ‘l tuo successor temenza n’aggia! 102
Ch’avete tu e ‘l tuo padre sofferto,
per cupidigia di costà distretti,
che ‘l giardin de lo ‘mperio sia diserto. 105
Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura:
color già tristi, e questi con sospetti! 108
Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura
d’i tuoi gentili, e cura lor magagne;
e vedrai Santafior com’è oscura! 111
Vieni a veder la tua Roma che piagne
vedova e sola, e dì e notte chiama:
«Cesare mio, perché non m’accompagne?». 114
Vieni a veder la gente quanto s’ama!
e se nulla di noi pietà ti move,
a vergognar ti vien de la tua fama. 117
E se licito m’è, o sommo Giove
che fosti in terra per noi crucifisso,
son li giusti occhi tuoi rivolti altrove? 120
O è preparazion che ne l’abisso
del tuo consiglio fai per alcun bene
in tutto de l’accorger nostro scisso? 123
Ché le città d’Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene. 126
Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
di questa digression che non ti tocca,
mercé del popol tuo che si argomenta. 129
Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca
per non venir sanza consiglio a l’arco;
ma il popol tuo l’ha in sommo de la bocca. 132
Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo solicito risponde
sanza chiamare, e grida: «I’ mi sobbarco!». 135
Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:
tu ricca, tu con pace, e tu con senno!
S’io dico ‘l ver, l’effetto nol nasconde. 138
Atene e Lacedemona, che fenno
l’antiche leggi e furon sì civili,
fecero al viver bene un picciol cenno 141
verso di te, che fai tanto sottili
provedimenti, ch’a mezzo novembre
non giugne quel che tu d’ottobre fili. 144
Quante volte, del tempo che rimembre,
legge, moneta, officio e costume
hai tu mutato e rinovate membre! 147
E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume, 150
ma con dar volta suo dolore scherma. 151
Canto VI
Quando i giocatori della zara si separano, colui che ha perso si sofferma dolente, ripetendo [nella memoria] i tiri, e avvilito impara (=impara come avrebbe dovuto giocare); 3
tutta la gente (=il pubblico) [invece] se ne va con l’altro; chi [gli] va davanti, e chi lo prende da dietro, e chi di lato si ricorda a lui (=lo prega di ricordarsi di lui); 6
egli non si ferma, e ascolta questo e quello; colui al quale porge la mano [dando una mancia], non fa più pressione; e così si sottrae alla calca. 9
Tale (=nella stessa condizione) ero io (=mi trovavo io) in mezzo a quella folla [di anime] fitta, rivolgendo il viso verso [di] loro, ora [di] qua ora [di] là, e promettendo (=assicurando preghiere e ricordo) me ne liberavo. 12
Qui c’era l’Aretino che ricevette la morte dalle braccia feroci di Ghino di Tacco, e [c’era quel]l’altro (=Guccio de’ Tarlati) che annegò correndo in [un] inseguimento (=mentre era inseguito oppure mentre inseguiva). 15
Qui pregava, con le mani protese in avanti, Federigo Novello, e [pregava] quello (=quell’altro uomo) di Pisa (=Gano degli Scornigiani) che fece apparire forte il buon Marzucco (=suo padre) (=che mostrò come suo padre fosse forte sopportando il dolore della sua uccisione). 18
Vidi [il] conte Orso (=Orso degli Alberti) e [quel]l’anima divisa dal suo corpo (=colui che fu ucciso) per odio e per invidia, come egli diceva, non per [una] colpa commessa; 21
Voglio dire Pierre de la Brosse; e a questo riguardo provveda la signora di Brabante (=Maria di Brabante), finchè è di qua (=sulla terra), sicchè per questo non debba appartenere a [una] schiera peggiore (= alla schiera dei dannati). 24
Appena fui libero da tutte quante quelle ombre che pregavano solamente che altri pregassero [per loro], così che si affretti [il] loro diventare beate, 27
io cominciai: «Mi sembra che tu, o luce mia (=o Virgilio), mi neghi espressamente in un certo passo [della tua opera] che [una] preghiera possa piegare (=mutare) [un] decreto del cielo (=di Dio); 30
eppure queste anime pregano solo per questo: sarebbe dunque vana [la] loro speranza, o la tua affermazione non mi è ben chiara?» 33
Ed egli a me: «Il mio testo è chiaro; e la speranza di costoro non è fallace, se si osserva bene [la questione] con la mente non corrotta (=non pervertita da idee eretiche); 36
poichè [la] cima de[l] giudizio [divino] non si abbassa per il fatto che il fuoco d’amore [di chi prega] compia in un istante ciò che chi dimora qui deve [a Dio] come soddisfazione; 39
e là (=nel passo dell’Eneide) dove io fissai questo principio, non si emendava [una colpa], pregando, perchè la preghiera era disgiunta da Dio (=non poteva raggiungerlo perché era fatta da un pagano). 42
Tuttavia non ti accontentare [di fronte] a [un] dubbio così profondo, se [prima] non te lo chiarisce colei che farà luce tra la verità e il [tuo] intelletto (=renderà chiara la verità al tuo intelletto). 45
Non so se comprendi: io parlo di Beatrice; tu la vedrai in alto, sulla vetta di questo monte, ridere e felice». 48
E io: «Signore, andiamo più in fretta, poichè ormai non faccio fatica come prima, e vedi ormai che il monte proietta la [sua] ombra (=comincia a tramontare)». 51
Rispose: «Ormai noi andremo avanti con [la luce di] questo giorno quanto più potremo; ma il fatto è [ben] diverso da quel che pensi. 54
Prima che [tu] sia lassù (=nel Paradiso terrestre), vedrai tornare [più volte] colui che già si nasconde dietro la parete [del monte] (=il sole), così che tu non interrompi i suoi raggi. 57
Ma osserva là un’anima che, posta sola soletta, guarda verso [di] noi: quella ci indicherà la via più rapida». 60
Giungemmo da lei: o anima lombarda, come te [ne] stavi altera e sdegnosa e nel muovere gli occhi dignitosa e pacata! 63
Ella non ci diceva nulla, ma ci lasciava andare, solo seguendoci con lo sguardo come [un] leone quando si riposa. 66
Tuttavia Virgilio si avvicinò a lei, pregando che ci mostrasse la [via] migliore [per la] salita; e quella non rispose alla sua domanda, 69
ma ci chiese del nostro paese [di provenienza] e della [nostra] vita (=della nostra condizione); e la dolce guida incominciava «Mantova...», e l’ombra, [prima] tutta raccolta in sè, 72
si drizzò verso [di] lui dal luogo dove stava prima, dicendo: «O Mantovano, io sono Sordello della tua terra!»; e l’uno abbracciava l’altro. 75
Ahi Italia schiava, albergo di dolore, nave senza nocchiere in [una] grande tempesta, non signora di province, ma meretrice. 78
Quell’anima nobile (=Sordello), solo per [aver sentito] il dolce suono della sua terra, fu così sollecita ne[l] fare festa là (=in Purgatorio) al suo concittadino; 81
mentre ora in te (=dentro i tuoi confini) i tuoi [abitanti] vivi non riescono a stare senza [farsi] guerra, e l’uno dilania l’altro tra quelli che un [solo] muro e un [solo] fossato racchiudono (=quelli che abitano la stessa città). 84
Esplora, infelice, le tue regioni di mare intorno alle coste, e poi guarda al tuo interno (=i tuoi territori interni), se qualche parte in te gode di pace. 87
A cosa è valso che Giustiniano ti accomodasse il freno (=abbia raccolto e steso le leggi), se la sella (=il posto di comando) è vuota? Senza [di] esso (=il freno, cioè le leggi) la vergogna sarebbe minore. 90
Ahi gente [di Chiesa] che dovresti essere devota, e lasciare sedere Cesare sulla sella (=lasciare il potere temporale all’imperatore), se comprendi bene ciò che Dio ti indica [nelle Scritture], 93
guarda come questa bestia (=l’Italia) è resa ribelle per non essere guidata dagli speroni (=dalle leggi imperiali), dopo che hai messo mano alla briglia (=al potere temporale). 96
O Alberto [d’Asburgo, imperatore] germanico che abbandoni costei che è stata resa indomabile e selvaggia, mentre dovresti inforcare il suo arcione (=domarla), 99
[un] giusto castigo cada dalle stelle (=dal cielo) sopra [gli eredi de]l tuo sangue, e sia straordinario ed evidente, tale che il tuo successore (=Arrigo VII di Lussemburgo) ne abbia timore! 102
Poichè tu e tuo padre (=Rodolfo d’Asburgo), trattenuti da[lla] cupidigia [degli affari] di lassù (=della Germania), avete tollerato che il giardino dell’impero (=l’Italia) fosse abbandonato. 105
Vieni a vedere [i] Montecchi e [i] Cappelletti, [i] Monaldi e [i] Filippeschi, uomo incurante: [li vedrai] quelli già ridotti a mal partito [nelle lotte comunali], e questi con [il] timore [di essere avviati alla stessa sorte]! 108
Vieni, crudele, vieni, e osserva l’oppressione dei tuoi nobili (=dei tuoi feudatari), e ripara [i] loro danni; e vedrai Santafiora (=la contea di Santafiora) com’è oscurata [nel suo splendore]! 111
Vieni a vedere la tua Roma che piange vedova e sola, e giorno e notte invoca: «Cesare mio (=o mio imperatore), perché non stai con me?». 114
Vieni a vedere la gente [d’Italia] quanto si ama! e se non ti muove nessuna pietà di noi, vieni a vergognarti [almeno] della tua [cattiva] fama. 117
E se mi è permesso, o sommo Giove (=Cristo) che fosti crocifisso per noi in terra, i tuoi occhi giusti sono [forse] rivolti altrove? 120
Oppure [il tuo guardare altrove] è una preparazione che disponi nell’abisso della tua mente per qualche bene completamente separato (=lontano) dalla nostra capacità di comprendere? 123
Poichè le città d’Italia sono tutte piene di tiranni, e ogni uomo del contado che si fa partigiano (=entra in una fazione cittadina) diventa un Marcello (=si comporta come Marcello nei confronti dell’imperatore Cesare). 126
Firenze mia, puoi ben essere contenta di questa digressione che non ti riguarda, grazie al tuo popolo che si ingegna [a comportarsi rettamente]. 129
[In altre città] molti hanno [la] giustizia ne[l] cuore, eppure [tale giustizia] scocca [dalla loro bocca] tardi per non giungere all’arco [del dire] senza riflessione (=tale giustizia viene espressa senza fretta, per non parlare sconsideratamente); invece il tuo popolo (=i Fiorentini) l’ha (=la giustizia) [sempre] sulle labbra (=parla di giustizia senza applicarla). 132
[In altre città] molti rifiutano gli incarichi pubblici; ma il tuo popolo (=i Fiorentini) risponde sollecito senza essere chiamato, e grida: «Me [ne] sobbarco io! 135
Ora rallegrati [Firenze], perchè tu [ne] hai ben motivo: tu [sei] ricca, tu [sei] in pace, e tu [vivi] con saggezza! Se io dico la verità, i fatti non lo nascondono. 138
Atene e Sparta, che fecero le [più] antiche leggi e furono così civili, fornirono un piccolo saggio del vivere civile 141
rispetto a te [Firenze], che prendi provvedimenti tanto sottili, che quello che tu fili (=hai deciso) a ottobre non giunge a metà novembre. 144
Quante volte, di quel tempo che ricordi (=a memoria d’uomo), tu hai cambiato leggi, moneta, cariche e costumi e [hai] rinnovato le membra (=i cittadini)! 147
E se ti ricordi bene e vedi con chiarezza, ti vedrai simile a quella malata che non può trovare riposo nel letto, 150
ma cerca di difendersi [dal] suo dolore rigirandosi. 151