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Canto XII
Di pari, come buoi che vanno a giogo,
m’andava io con quell’anima carca,
fin che ‘l sofferse il dolce pedagogo. 3
Come [i] buoi che procedono sotto [il] giogo, io camminavo, con passo uguale, con quell’anima (=con Oderisi da Gubbio) gravata [del peso del masso], finchè il caro maestro lo permise. 3
Ma quando disse: «Lascia lui e varca;
ché qui è buono con l’ali e coi remi,
quantunque può, ciascun pinger sua barca»; 6
Ma quando disse: «Lascialo e passa oltre; perchè qui è necessario che ognuno spinga [la] sua barca (=proceda), quanto può, con le ali e con i remi (=con tutti i mezzi necessari)»; 6
dritto sì come andar vuolsi rife’mi
con la persona, avvegna che i pensieri
mi rimanessero e chinati e scemi. 9
mi rimisi dritto (=mi raddrizzai nuovamente) con il corpo così com’ è naturale andare, sebbene i miei pensieri rimanessero umili e privi [di presunzione]. 9
Io m’era mosso, e seguia volontieri
del mio maestro i passi, e amendue
già mostravam com’eravam leggeri; 12
Io mi ero mosso, e seguivo volentieri i passi del mio maestro, ed entrambi ormai mostravamo [col nostro passo] com’eravamo leggeri; 12
ed el mi disse: «Volgi li occhi in giùe:
buon ti sarà, per tranquillar la via,
veder lo letto de le piante tue». 15
ed egli mi disse: «Volgi lo sguardo in basso: ti sarà utile, per alleggerire il cammino, osservare il suolo [dove poggiano] i tuoi piedi». 15
Come, perché di lor memoria sia,
sovra i sepolti le tombe terragne
portan segnato quel ch’elli eran pria, 18
Come le tombe [poste a] terra recano incisa sopra i sepolti (=sopra le lastre di pietra che coprono i sepolti) [l’immagine di] quello che essi erano prima (=in vita), affinchè rimanga memoria di loro, 18
onde lì molte volte si ripiagne
per la puntura de la rimembranza,
che solo a’ pii dà de le calcagne; 21
per cui molte volte si torna lì a piangere per lo stimolo pungente del ricordo, che [però] sprona [al dolore] solo i pii; 21
sì vid’io lì, ma di miglior sembianza
secondo l’artificio, figurato
quanto per via di fuor del monte avanza. 24
così io vidi scolpito lì con figure, ma di aspetto più bello [rispetto alle tombe in terra] per abilità tecnica, lo spazio che sporge furi dal monte a formare la via. 24
Vedea colui che fu nobil creato
più ch’altra creatura, giù dal cielo
folgoreggiando scender, da l’un lato. 27
Vedevo, da un lato, colui (=Lucifero) che fu creato più nobile di ogni altra creatura, precipitare dal cielo come una folgore. 27
Vedea Briareo, fitto dal telo
celestial giacer, da l’altra parte,
grave a la terra per lo mortal gelo. 30
Vedevo, dall'altra parte, Briareo, trafitto dalla folgore divina [di Giove] pesante sulla terra per il gelo della morte. 30
Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte,
armati ancora, intorno al padre loro,
mirar le membra d’i Giganti sparte. 33
Vedevo Timbreo (=Apollo), vedevo Pallade e Marte, ancora armati, intorno al loro padre (=a Giove), osservare le membra sparse dei Giganti. 33
Vedea Nembròt a piè del gran lavoro
quasi smarrito, e riguardar le genti
che ‘n Sennaàr con lui superbi fuoro. 36
Vedevo Nembrot ai piedi della grande opera (=della Torre di Babele) quasi sperduto, e osservare le genti che a Sennaàr furono superbe con lui. 36
O Niobè, con che occhi dolenti
vedea io te segnata in su la strada,
tra sette e sette tuoi figliuoli spenti! 39
O Niobe, con quali occhi addolorati io ti vedevo scolpita sulla strada, tra sette [figlie] e sette tuoi figli uccisi! 39
O Saùl, come in su la propria spada
quivi parevi morto in Gelboè,
che poi non sentì pioggia né rugiada! 42
O Saul, come qui (=nel rilievo) apparivi morto sulla tua spada (=suicida) a Gelboè, che dopo non sentì [più] pioggia nè rugiada! 42
O folle Aragne, sì vedea io te
già mezza ragna, trista in su li stracci
de l’opera che mal per te si fé. 45
O folle Aracne, allo stesso modo io ti vedevo già mezzo ragno, angosciata sui brandelli (=sulla tela stracciata) dell'opera che per [tua] disgrazia fu fatta da te. 45
O Roboàm, già non par che minacci
quivi ‘l tuo segno; ma pien di spavento
nel porta un carro, sanza ch’altri il cacci. 48
O Roboamo, la tua immagine [effigiata] ormai qui non sembra minacciare; ma un carro la porta via piena di spaventato, senza che qualcuno la insegua. 48
Mostrava ancor lo duro pavimento
come Almeon a sua madre fé caro
parer lo sventurato addornamento. 51
Il duro pavimento mostrava anche come Alcmeone fece sembrare costosa a sua madre (=a Erifile) l’infausta (=portatrice di sventure) collana. 51
Mostrava come i figli si gittaro
sovra Sennacherìb dentro dal tempio,
e come, morto lui, quivi il lasciaro. 54
[Il duro pavimento] mostrava come i figli si scagliarono contro Sennacherib nel tempio, e come, uccisolo, lo lasciarono lì. 54
Mostrava la ruina e ‘l crudo scempio
che fé Tamiri, quando disse a Ciro:
«Sangue sitisti, e io di sangue t’empio». 57
[Il duro pavimento] mostrava la distruzione e il crudele scempio che Tamiri fece, quando disse a Ciro: «Hai avuto sete [di] sangue, e io di sangue ti sazio». 57
Mostrava come in rotta si fuggiro
li Assiri, poi che fu morto Oloferne,
e anche le reliquie del martiro. 60
[Il duro pavimento] mostrava come gli Assiri fuggirono in rotta, dopo che fu ucciso Oloferne, e [mostrava] anche i resti della decapitazione. 60
Vedeva Troia in cenere e in caverne;
o Ilión, come te basso e vile
mostrava il segno che lì si discerne! 63
Vedevo Troia [ridotta] in cenere e in rovine; o [rocca di] Ilio, come ti mostrava bassa e vile la scultura che si vede lì! 63
Qual di pennel fu maestro o di stile
che ritraesse l’ombre e’ tratti ch’ivi
mirar farieno uno ingegno sottile? 66
Quale maestro di pennello (=pittore) o di stilo (=disegnatore) [mai vi] fu che ritraesse l’aspetto e i tratti che là farebbero meravigliare [anche] un ingegno acuto? 66
Morti li morti e i vivi parean vivi:
non vide mei di me chi vide il vero,
quant’io calcai, fin che chinato givi. 69
I morti sembravano morti e i vivi vivi: chi vide la realtà (=la scena reale) non vide meglio di me, quello che io calcavo [coi piedi], finchè andai chinato. 69
Or superbite, e via col viso altero,
figliuoli d’Eva, e non chinate il volto
sì che veggiate il vostro mal sentero! 72
[E] ora insuperbite, e procedete col viso altero, figli di Eva, e non chinate lo sguardo in modo da vedere il vostro sentiero sbagliato (=che porta al male)! 72
Più era già per noi del monte vòlto
e del cammin del sole assai più speso
che non stimava l’animo non sciolto, 75
Avevamo già aggirato [una parte] maggiore del monte e consumato una parte ancora maggiore [del cammino] del sole (=della giornata) rispetto a quanto non ritenesse [il mio] animo non [ancora] libero (=concentrato a guardare gli esempi), 75
quando colui che sempre innanzi atteso
andava, cominciò: «Drizza la testa;
non è più tempo di gir sì sospeso. 78
quando colui che procedeva sempre attento [a guardare] innanzi [a sè], cominciò: «Alza la testa; non è più tempo di camminare così assorto. 78
Vedi colà un angel che s’appresta
per venir verso noi; vedi che torna
dal servigio del dì l’ancella sesta. 81
Vedi là un angelo che si accinge a venire verso [di] noi; vedi che la sesta ancella (=la sesta ora/il mezzogiorno) torna dal servizio del giorno (=dopo aver svolto il suo servizio al giorno: è passato mezzogiorno). 81
Di reverenza il viso e li atti addorna,
sì che i diletti lo ‘nviarci in suso;
pensa che questo dì mai non raggiorna!». 84
Ammanta di riverenza il viso e i gesti, così che gli piaccia il farci salire; pensa che questo giorno non tornerà mai [più]!» 84
Io era ben del suo ammonir uso
pur di non perder tempo, sì che ‘n quella
materia non potea parlarmi chiuso. 87
Io ero ben abituato ai suoi ammonimenti a non perdere tempo, sicchè su quell'argomento non poteva parlarmi oscuramente. 87
A noi venìa la creatura bella,
biancovestito e ne la faccia quale
par tremolando mattutina stella. 90
La bella creatura (=l’angelo) veniva verso di noi, vestita di bianco e nel volto [tale] quale appare [la] stella mattutina (=Lucifero) che brilla tremolando. 90
Le braccia aperse, e indi aperse l’ale;
disse: «Venite: qui son presso i gradi,
e agevolemente omai si sale. 93
Aprì le braccia, e poi aprì le ali; disse: «Venite: qui vicino ci sono i gradini, e ormai si sale facilmente. 93
A questo invito vegnon molto radi:
o gente umana, per volar sù nata,
perché a poco vento così cadi?». 96
A questo invito si presentano pochissimi: o uomini, creati per volare in alto (=in Paradiso), perché cadete in questo modo per [un] debole vento (=per la tentazione della superbia)?» 96
Menocci ove la roccia era tagliata;
quivi mi batté l’ali per la fronte;
poi mi promise sicura l’andata. 99
Ci condusse dove la roccia era tagliata (=presentava un’apertura); qui mi battè le ali sulla fronte; poi mi promise un cammino senza impedimenti. 99
Come a man destra, per salire al monte
dove siede la chiesa che soggioga
la ben guidata sopra Rubaconte, 102
Come su[l] lato destro, per salire al monte dove si trova la chiesa (=S. Miniato) che sovrasta, la ben governata [Firenze], sopra [il ponte di] Rubaconte, 102
si rompe del montar l’ardita foga
per le scalee che si fero ad etade
ch’era sicuro il quaderno e la doga; 105
così s’allenta la ripa che cade
quivi ben ratta da l’altro girone;
ma quinci e quindi l’alta pietra rade. 108
l’ardito slancio della salita è interrotto dalla scalinata che fu costruita in [un'] epoca in cui il quaderno (=i registri pubblici) e i pesi (=le pubbliche misure di capacità) erano affidabili (=non erano falsificati);
così si attenua il pendio che qui scende molto ripido dall’altro girone, ma l’alta parete sfiora [chi sale] dall’una e dall’altra parte. 105-108
Noi volgendo ivi le nostre persone,
‘Beati pauperes spiritu!’ voci
cantaron sì, che nol diria sermone. 111
Mentre noi volgevamo le nostre persone lì (=verso la scala), [delle] voci cantarono ‘Beati pauperes spiritu! (='Beati i poveri di spirito'!) con tale dolcezza, che [nessuna] parola [umana] potrebbe descriver[lo]. 111
Ahi quanto son diverse quelle foci
da l’infernali! ché quivi per canti
s’entra, e là giù per lamenti feroci. 114
Ah quanto sono diversi questi ingressi da quelli infernali! perchè qui si entra [introdotti] da canti, mentre laggiù da lamenti feroci. 114
Già montavam su per li scaglion santi,
ed esser mi parea troppo più lieve
che per lo pian non mi parea davanti. 117
Ormai salivamo su per i gradini santi, e mi sembrava di essere molto più leggero di quanto non mi sembrasse prima in piano (=sulla cornice). 117
Ond’io: «Maestro, dì, qual cosa greve
levata s’è da me, che nulla quasi
per me fatica, andando, si riceve?». 120
Per cui io: «Maestro, di[mmi], quale cosa pesante è stata tolta da me, che, mentre cammino, non sento quasi nessuna fatica?» 120
Rispuose: «Quando i P che son rimasi
ancor nel volto tuo presso che stinti,
saranno, com’è l’un, del tutto rasi, 123
Rispose: «Quando le P che sono ancora rimaste sulla tua fronte [anche se] quasi svanite, saranno cancellate del tutto, come è [ora] una di esse, 123
fier li tuoi piè dal buon voler sì vinti,
che non pur non fatica sentiranno,
ma fia diletto loro esser sù pinti». 126
i tuoi piedi saranno così dominati dalla buona volontà, che non solo non sentiranno fatica, ma sarà per loro [un] piacere essere spinti in alto». 126
Allor fec’io come color che vanno
con cosa in capo non da lor saputa,
se non che’ cenni altrui sospecciar fanno; 129
Allora io feci come quelli che vanno con qualcosa in testa a loro insaputa, se non che i cenni degli altri [li] fanno sospettare; 129
per che la mano ad accertar s’aiuta,
e cerca e truova e quello officio adempie
che non si può fornir per la veduta; 132
per cui la mano s’ingegna ad accertare, e cerca e trova e adempie a quella funzione che non può essere assolta con la vista; 132
e con le dita de la destra scempie
trovai pur sei le lettere che ‘ncise
quel da le chiavi a me sovra le tempie: 135
e con le dita della destra disgiunte (=allargate) trovai solo sei delle lettere che l'angelo con le chiavi (=l’angelo portiere) mi aveva inciso sulla fronte: 135
a che guardando, il mio duca sorrise. 136
e vedendo ciò, la mia guida sorrise. 136
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto XII
Di pari, come buoi che vanno a giogo,
m’andava io con quell’anima carca,
fin che ‘l sofferse il dolce pedagogo. 3
Ma quando disse: «Lascia lui e varca;
ché qui è buono con l’ali e coi remi,
quantunque può, ciascun pinger sua barca»; 6
dritto sì come andar vuolsi rife’mi
con la persona, avvegna che i pensieri
mi rimanessero e chinati e scemi. 9
Io m’era mosso, e seguia volontieri
del mio maestro i passi, e amendue
già mostravam com’eravam leggeri; 12
ed el mi disse: «Volgi li occhi in giùe:
buon ti sarà, per tranquillar la via,
veder lo letto de le piante tue». 15
Come, perché di lor memoria sia,
sovra i sepolti le tombe terragne
portan segnato quel ch’elli eran pria, 18
onde lì molte volte si ripiagne
per la puntura de la rimembranza,
che solo a’ pii dà de le calcagne; 21
sì vid’io lì, ma di miglior sembianza
secondo l’artificio, figurato
quanto per via di fuor del monte avanza. 24
Vedea colui che fu nobil creato
più ch’altra creatura, giù dal cielo
folgoreggiando scender, da l’un lato. 27
Vedea Briareo, fitto dal telo
celestial giacer, da l’altra parte,
grave a la terra per lo mortal gelo. 30
Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte,
armati ancora, intorno al padre loro,
mirar le membra d’i Giganti sparte. 33
Vedea Nembròt a piè del gran lavoro
quasi smarrito, e riguardar le genti
che ‘n Sennaàr con lui superbi fuoro. 36
O Niobè, con che occhi dolenti
vedea io te segnata in su la strada,
tra sette e sette tuoi figliuoli spenti! 39
O Saùl, come in su la propria spada
quivi parevi morto in Gelboè,
che poi non sentì pioggia né rugiada! 42
O folle Aragne, sì vedea io te
già mezza ragna, trista in su li stracci
de l’opera che mal per te si fé. 45
O Roboàm, già non par che minacci
quivi ‘l tuo segno; ma pien di spavento
nel porta un carro, sanza ch’altri il cacci. 48
Mostrava ancor lo duro pavimento
come Almeon a sua madre fé caro
parer lo sventurato addornamento. 51
Mostrava come i figli si gittaro
sovra Sennacherìb dentro dal tempio,
e come, morto lui, quivi il lasciaro. 54
Mostrava la ruina e ‘l crudo scempio
che fé Tamiri, quando disse a Ciro:
«Sangue sitisti, e io di sangue t’empio». 57
Mostrava come in rotta si fuggiro
li Assiri, poi che fu morto Oloferne,
e anche le reliquie del martiro. 60
Vedeva Troia in cenere e in caverne;
o Ilión, come te basso e vile
mostrava il segno che lì si discerne! 63
Qual di pennel fu maestro o di stile
che ritraesse l’ombre e’ tratti ch’ivi
mirar farieno uno ingegno sottile? 66
Morti li morti e i vivi parean vivi:
non vide mei di me chi vide il vero,
quant’io calcai, fin che chinato givi. 69
Or superbite, e via col viso altero,
figliuoli d’Eva, e non chinate il volto
sì che veggiate il vostro mal sentero! 72
Più era già per noi del monte vòlto
e del cammin del sole assai più speso
che non stimava l’animo non sciolto, 75
quando colui che sempre innanzi atteso
andava, cominciò: «Drizza la testa;
non è più tempo di gir sì sospeso. 78
Vedi colà un angel che s’appresta
per venir verso noi; vedi che torna
dal servigio del dì l’ancella sesta. 81
Di reverenza il viso e li atti addorna,
sì che i diletti lo ‘nviarci in suso;
pensa che questo dì mai non raggiorna!». 84
Io era ben del suo ammonir uso
pur di non perder tempo, sì che ‘n quella
materia non potea parlarmi chiuso. 87
A noi venìa la creatura bella,
biancovestito e ne la faccia quale
par tremolando mattutina stella. 90
Le braccia aperse, e indi aperse l’ale;
disse: «Venite: qui son presso i gradi,
e agevolemente omai si sale. 93
A questo invito vegnon molto radi:
o gente umana, per volar sù nata,
perché a poco vento così cadi?». 96
Menocci ove la roccia era tagliata;
quivi mi batté l’ali per la fronte;
poi mi promise sicura l’andata. 99
Come a man destra, per salire al monte
dove siede la chiesa che soggioga
la ben guidata sopra Rubaconte, 102
si rompe del montar l’ardita foga
per le scalee che si fero ad etade
ch’era sicuro il quaderno e la doga; 105
così s’allenta la ripa che cade
quivi ben ratta da l’altro girone;
ma quinci e quindi l’alta pietra rade. 108
Noi volgendo ivi le nostre persone,
‘Beati pauperes spiritu!’ voci
cantaron sì, che nol diria sermone. 111
Ahi quanto son diverse quelle foci
da l’infernali! ché quivi per canti
s’entra, e là giù per lamenti feroci. 114
Già montavam su per li scaglion santi,
ed esser mi parea troppo più lieve
che per lo pian non mi parea davanti. 117
Ond’io: «Maestro, dì, qual cosa greve
levata s’è da me, che nulla quasi
per me fatica, andando, si riceve?». 120
Rispuose: «Quando i P che son rimasi
ancor nel volto tuo presso che stinti,
saranno, com’è l’un, del tutto rasi, 123
fier li tuoi piè dal buon voler sì vinti,
che non pur non fatica sentiranno,
ma fia diletto loro esser sù pinti». 126
Allor fec’io come color che vanno
con cosa in capo non da lor saputa,
se non che’ cenni altrui sospecciar fanno; 129
per che la mano ad accertar s’aiuta,
e cerca e truova e quello officio adempie
che non si può fornir per la veduta; 132
e con le dita de la destra scempie
trovai pur sei le lettere che ‘ncise
quel da le chiavi a me sovra le tempie: 135
a che guardando, il mio duca sorrise. 136
Canto XII
Come [i] buoi che procedono sotto [il] giogo, io camminavo, con passo uguale, con quell’anima (=con Oderisi da Gubbio) gravata [del peso del masso], finchè il caro maestro lo permise. 3
Ma quando disse: «Lascialo e passa oltre; perchè qui è necessario che ognuno spinga [la] sua barca (=proceda), quanto può, con le ali e con i remi (=con tutti i mezzi necessari)»; 6
mi rimisi dritto (=mi raddrizzai nuovamente) con il corpo così com’ è naturale andare, sebbene i miei pensieri rimanessero umili e privi [di presunzione]. 9
Io mi ero mosso, e seguivo volentieri i passi del mio maestro, ed entrambi ormai mostravamo [col nostro passo] com’eravamo leggeri; 12
ed egli mi disse: «Volgi lo sguardo in basso: ti sarà utile, per alleggerire il cammino, osservare il suolo [dove poggiano] i tuoi piedi». 15
Come le tombe [poste a] terra recano incisa sopra i sepolti (=sopra le lastre di pietra che coprono i sepolti) [l’immagine di] quello che essi erano prima (=in vita), affinchè rimanga memoria di loro, 18
per cui molte volte si torna lì a piangere per lo stimolo pungente del ricordo, che [però] sprona [al dolore] solo i pii; 21
così io vidi scolpito lì con figure, ma di aspetto più bello [rispetto alle tombe in terra] per abilità tecnica, lo spazio che sporge furi dal monte a formare la via. 24
Vedevo, da un lato, colui (=Lucifero) che fu creato più nobile di ogni altra creatura, precipitare dal cielo come una folgore. 27
Vedevo, dall'altra parte, Briareo, trafitto dalla folgore divina [di Giove] pesante sulla terra per il gelo della morte. 30
Vedevo Timbreo (=Apollo), vedevo Pallade e Marte, ancora armati, intorno al loro padre (=a Giove), osservare le membra sparse dei Giganti. 33
Vedevo Nembrot ai piedi della grande opera (=della Torre di Babele) quasi sperduto, e osservare le genti che a Sennaàr furono superbe con lui. 36
O Niobe, con quali occhi addolorati io ti vedevo scolpita sulla strada, tra sette [figlie] e sette tuoi figli uccisi! 39
O Saul, come qui (=nel rilievo) apparivi morto sulla tua spada (=suicida) a Gelboè, che dopo non sentì [più] pioggia nè rugiada! 42
O folle Aracne, allo stesso modo io ti vedevo già mezzo ragno, angosciata sui brandelli (=sulla tela stracciata) dell'opera che per [tua] disgrazia fu fatta da te. 45
O Roboamo, la tua immagine [effigiata] ormai qui non sembra minacciare; ma un carro la porta via piena di spaventato, senza che qualcuno la insegua. 48
Il duro pavimento mostrava anche come Alcmeone fece sembrare costosa a sua madre (=a Erifile) l’infausta (=portatrice di sventure) collana. 51
[Il duro pavimento] mostrava come i figli si scagliarono contro Sennacherib nel tempio, e come, uccisolo, lo lasciarono lì. 54
[Il duro pavimento] mostrava la distruzione e il crudele scempio che Tamiri fece, quando disse a Ciro: «Hai avuto sete [di] sangue, e io di sangue ti sazio». 57
[Il duro pavimento] mostrava come gli Assiri fuggirono in rotta, dopo che fu ucciso Oloferne, e [mostrava] anche i resti della decapitazione. 60
Vedevo Troia [ridotta] in cenere e in rovine; o [rocca di] Ilio, come ti mostrava bassa e vile la scultura che si vede lì! 63
Quale maestro di pennello (=pittore) o di stilo (=disegnatore) [mai vi] fu che ritraesse l’aspetto e i tratti che là farebbero meravigliare [anche] un ingegno acuto? 66
I morti sembravano morti e i vivi vivi: chi vide la realtà (=la scena reale) non vide meglio di me, quello che io calcavo [coi piedi], finchè andai chinato. 69
[E] ora insuperbite, e procedete col viso altero, figli di Eva, e non chinate lo sguardo in modo da vedere il vostro sentiero sbagliato (=che porta al male)! 72
Avevamo già aggirato [una parte] maggiore del monte e consumato una parte ancora maggiore [del cammino] del sole (=della giornata) rispetto a quanto non ritenesse [il mio] animo non [ancora] libero (=concentrato a guardare gli esempi), 75
quando colui che procedeva sempre attento [a guardare] innanzi [a sè], cominciò: «Alza la testa; non è più tempo di camminare così assorto. 78
Vedi là un angelo che si accinge a venire verso [di] noi; vedi che la sesta ancella (=la sesta ora/il mezzogiorno) torna dal servizio del giorno (=dopo aver svolto il suo servizio al giorno: è passato mezzogiorno). 81
Ammanta di riverenza il viso e i gesti, così che gli piaccia il farci salire; pensa che questo giorno non tornerà mai [più]!» 84
Io ero ben abituato ai suoi ammonimenti a non perdere tempo, sicchè su quell'argomento non poteva parlarmi oscuramente. 87
La bella creatura (=l’angelo) veniva verso di noi, vestita di bianco e nel volto [tale] quale appare [la] stella mattutina (=Lucifero) che brilla tremolando. 90
Aprì le braccia, e poi aprì le ali; disse: «Venite: qui vicino ci sono i gradini, e ormai si sale facilmente. 93
A questo invito si presentano pochissimi: o uomini, creati per volare in alto (=in Paradiso), perché cadete in questo modo per [un] debole vento (=per la tentazione della superbia)?» 96
Ci condusse dove la roccia era tagliata (=presentava un’apertura); qui mi battè le ali sulla fronte; poi mi promise un cammino senza impedimenti. 99
Come su[l] lato destro, per salire al monte dove si trova la chiesa (=S. Miniato) che sovrasta, la ben governata [Firenze], sopra [il ponte di] Rubaconte, 102
l’ardito slancio della salita è interrotto dalla scalinata che fu costruita in [un'] epoca in cui il quaderno (=i registri pubblici) e i pesi (=le pubbliche misure di capacità) erano affidabili (=non erano falsificati);
così si attenua il pendio che qui scende molto ripido dall’altro girone, ma l’alta parete sfiora [chi sale] dall’una e dall’altra parte. 105-108
Mentre noi volgevamo le nostre persone lì (=verso la scala), [delle] voci cantarono ‘Beati pauperes spiritu! (='Beati i poveri di spirito'!) con tale dolcezza, che [nessuna] parola [umana] potrebbe descriver[lo]. 111
Ah quanto sono diversi questi ingressi da quelli infernali! perchè qui si entra [introdotti] da canti, mentre laggiù da lamenti feroci. 114
Ormai salivamo su per i gradini santi, e mi sembrava di essere molto più leggero di quanto non mi sembrasse prima in piano (=sulla cornice). 117
Per cui io: «Maestro, di[mmi], quale cosa pesante è stata tolta da me, che, mentre cammino, non sento quasi nessuna fatica?» 120
Rispose: «Quando le P che sono ancora rimaste sulla tua fronte [anche se] quasi svanite, saranno cancellate del tutto, come è [ora] una di esse, 123
i tuoi piedi saranno così dominati dalla buona volontà, che non solo non sentiranno fatica, ma sarà per loro [un] piacere essere spinti in alto». 126
Allora io feci come quelli che vanno con qualcosa in testa a loro insaputa, se non che i cenni degli altri [li] fanno sospettare; 129
per cui la mano s’ingegna ad accertare, e cerca e trova e adempie a quella funzione che non può essere assolta con la vista; 132
e con le dita della destra disgiunte (=allargate) trovai solo sei delle lettere che l'angelo con le chiavi (=l’angelo portiere) mi aveva inciso sulla fronte: 135
e vedendo ciò, la mia guida sorrise. 136