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Canto XIII
Noi eravamo al sommo de la scala,
dove secondamente si risega
lo monte che salendo altrui dismala. 3
Noi eravamo alla sommità della scala, dove il monte, che libera dal male colui che sale, è tagliato per la seconda volta. 3
Ivi così una cornice lega
dintorno il poggio, come la primaia;
se non che l’arco suo più tosto piega. 6
Lì una cornice circonda il monte così, come [lo circonda] la prima; tranne che il suo arco s’incurva più rapidamente (=ha un raggio minore); 6
Ombra non lì è né segno che si paia:
parsi la ripa e parsi la via schietta
col livido color de la petraia. 9
Lì non vi sono né figure nè immagini che si possano vedere: la parete e la strada appaiono spoglie [e] del livido colore della pietra. 9
«Se qui per dimandar gente s’aspetta»,
ragionava il poeta, «io temo forse
che troppo avrà d’indugio nostra eletta». 12
Il poeta osservava: «Se aspettiamo qui qualcuno per domandare (=chiedere informazioni), io temo che forse [la] nostra scelta [della via da seguire] subirà un ritardo eccessivo». 12
Poi fisamente al sole li occhi porse;
fece del destro lato a muover centro,
e la sinistra parte di sé torse. 15
Poi rivolse intento gli occhi al sole; fece perno sul fianco destro per girarsi e fece ruotare il fianco sinistro (=si volse a destra). 15
«O dolce lume a cui fidanza i’ entro
per lo novo cammin, tu ne conduci»,
dicea, «come condur si vuol quinc’entro. 18
Diceva: «O dolce luce affidandomi alla quale io mi avvio per il nuovo cammino, guidaci tu, com’è necessario guidare qui dentro. 18
Tu scaldi il mondo, tu sovr’esso luci;
s’altra ragione in contrario non ponta,
esser dien sempre li tuoi raggi duci». 21
Tu riscaldi il mondo, tu splendi sopra esso; se [un’] altra ragione non preme in [senso] contrario (=non lo impedisce), i tuoi raggi devono essere sempre [la nostra] guida». 21
Quanto di qua per un migliaio si conta,
tanto di là eravam noi già iti,
con poco tempo, per la voglia pronta; 24
Quanto [spazio] si calcola qui (=sulla Terra) per un miglio, tanto noi eravamo già andati [avanti] di là, in breve tempo, grazie alla solerte volontà; 24
e verso noi volar furon sentiti,
non però visti, spiriti parlando
a la mensa d’amor cortesi inviti. 27
quando si sentirono volare verso [di] noi, senza però [essere] visti, [degli] spiriti che pronunciavano inviti cortesi alla mensa de[ll]’amore [divino]. 27
La prima voce che passò volando
‘Vinum non habent’ altamente disse,
e dietro a noi l’andò reiterando. 30
La prima voce che passò volando disse a voce alta: ‘Vinum non habent’ (='Non hanno vino'), e l'andò ripetendo dietro di noi. 30
E prima che del tutto non si udisse
per allungarsi, un’altra ‘I’ sono Oreste’
passò gridando, e anco non s’affisse. 33
E prima che cessasse completamente di essere udita per essersi allontanata, un'altra passò gridando: 'Io sono Oreste', e anche [questa] non si fermò. 33
«Oh!», diss’io, «padre, che voci son queste?».
E com’io domandai, ecco la terza
dicendo: ‘Amate da cui male aveste’. 36
Io dissi: «Oh! padre, che voci sono queste?» E non appena io domandai, ecco la terza che diceva: 'Amate [coloro] da cui avete ricevuto [il] male’. 36
E ‘l buon maestro: «Questo cinghio sferza
la colpa de la invidia, e però sono
tratte d’amor le corde de la ferza. 39
E il valente maestro: «Questa cornice punisce il peccato dell’invidia, e perciò le corde della sferza sono ricavate da[ll]'amore (=gli esempi per incitare al bene sono di carità). 39
Lo fren vuol esser del contrario suono;
credo che l’udirai, per mio avviso,
prima che giunghi al passo del perdono. 42
Il freno [invece] (=gli esempi che costituiscono un freno all’invidia) deve essere di suono contrario (=esempi contrari: esempi di invidia punita); credo che li udirai, a mio avviso, prima che tu giunga al passaggio del perdono (=alla cornice successiva). 42
Ma ficca li occhi per l’aere ben fiso,
e vedrai gente innanzi a noi sedersi,
e ciascuno è lungo la grotta assiso». 45
Ma spingi lo sguardo con attenzione attraverso l’aria, e vedrai gente sedere davanti a noi (=gli invidiosi), e ciascuno è appoggiato alla parete». 45
Allora più che prima li occhi apersi;
guarda’mi innanzi, e vidi ombre con manti
al color de la pietra non diversi. 48
Allora aprii gli occhi più di prima; guardai davanti a me, e vidi [delle] ombre con mantelli non diversi dal colore della pietra (=lividi). 48
E poi che fummo un poco più avanti,
udia gridar: ‘Maria, òra per noi’:
gridar ‘Michele’ e ‘Pietro’, e ‘Tutti santi’. 51
E dopo che fummo un po’ più avanti, sentivo gridare: 'Maria, prega per noi': [e poi sentivo] gridare 'Michele' e 'Pietro' e 'Tutti [i] santi'. 51
Non credo che per terra vada ancoi
omo sì duro, che non fosse punto
per compassion di quel ch’i’ vidi poi; 54
Non credo che su[lla] Terra oggi si trovi [un] uomo così insensibile, da non essere trafitto da[lla] compassione per quello che io vidi in seguito; 54
ché, quando fui sì presso di lor giunto,
che li atti loro a me venivan certi,
per li occhi fui di grave dolor munto. 57
perchè, quando fui giunto così vicino a loro,
perchè, quando fui giunto così vicino a loro che i loro atteggiamenti mi giungevano chiaramente [allo sguardo], mi furono spremute dagli occhi (=versai) lacrime di dolore. 57
Di vil ciliccio mi parean coperti,
e l’un sofferia l’altro con la spalla,
e tutti da la ripa eran sofferti. 60
[Essi] mi sembravano coperti di un ruvido cilicio, e l'uno sosteneva l'altro con la spalla, e tutti erano sorretti dalla parete. 60
Così li ciechi a cui la roba falla
stanno a’ perdoni a chieder lor bisogna,
e l’uno il capo sopra l’altro avvalla, 63
I ciechi ai quali manca il necessario stanno così davanti alle chiese a chiedere ciò di cui hanno bisogno (=l'elemosina), e l'uno appoggia il capo sopra [la spalla del]l’altro, 63
perché ‘n altrui pietà tosto si pogna,
non pur per lo sonar de le parole,
ma per la vista che non meno agogna. 66
affinchè nel prossimo nasca subito [la] pietà, non solo per il suono [lamentoso] delle parole, ma [anche] per l’aspetto che non chiede di meno (=non è meno eloquente nell’esprimere il desiderio di pietà). 66
E come a li orbi non approda il sole,
così a l’ombre quivi, ond’io parlo ora,
luce del ciel di sé largir non vole; 69
E come ai ciechi non arriva [la luce de]l sole, così qui alle anime, di cui io sto parlando, [la] luce del cielo non vuole concedersi; 69
ché a tutti un fil di ferro i cigli fóra
e cusce sì, come a sparvier selvaggio
si fa però che queto non dimora. 72
perchè un fil di ferro perfora a tutti l’orlo delle palpebre e [le] cuce così, come si fa a [uno] sparviero selvaggio perchè altrimenti] non sta tranquillo. 72
A me pareva, andando, fare oltraggio,
veggendo altrui, non essendo veduto:
per ch’io mi volsi al mio consiglio saggio. 75
A me sembrava, camminando, di recare offesa, perchè vedevo gli altri, senza essere visto: per cui io mi rivolsi al mio saggio consigliere. 75
Ben sapev’ei che volea dir lo muto;
e però non attese mia dimanda,
ma disse: «Parla, e sie breve e arguto». 78
Egli sapeva bene cosa voleva dire il [mio] silenzio; e perciò non attese [la] mia domanda, ma disse: «Parla, e sii conciso e preciso». 78
Virgilio mi venìa da quella banda
de la cornice onde cader si puote,
perché da nulla sponda s’inghirlanda; 81
Virgilio andava rispetto a me da quella parte della cornice da cui si può cadere (=a destra), perchè non è cinta da nessun parapetto; 81
da l’altra parte m’eran le divote
ombre, che per l’orribile costura
premevan sì, che bagnavan le gote. 84
dall'altra parte (=a sinistra) avevo le anime devote, che attraverso l’orribile cucitura spingevano fuori [le lacrime] così [forte], che bagnavano le guance. 84
Volsimi a loro e «O gente sicura»,
incominciai, «di veder l’alto lume
che ‘l disio vostro solo ha in sua cura, 87
Mi rivolsi a loro e incominciai: «O anime sicure di vedere l’alta luce (=Dio) di cui unicamente il vostro desiderio si occupa (=a cui è unicamente rivolto il vostro desiderio), 87
se tosto grazia resolva le schiume
di vostra coscienza sì che chiaro
per essa scenda de la mente il fiume, 90
possa [la] grazia [divina] dissolvere subito le impurità de[lla] vostra coscienza così che il fiume della memoria scenda limpido attraverso essa; 90
ditemi, ché mi fia grazioso e caro,
s’anima è qui tra voi che sia latina;
e forse lei sarà buon s’i’ l’apparo». 93
[a ricompensa di questo augurio] ditemi, poiché mi sarebbe gradito e caro, se qui tra voi c'è [un'] anima che sia italiana; e forse a lei gioverà se io lo apprendo». 93
«O frate mio, ciascuna è cittadina
d’una vera città; ma tu vuo’ dire
che vivesse in Italia peregrina». 96
«O fratello mio, ciascuna [delle anime] è cittadina di una sola vera città (=il Paradiso); ma tu vuoi [forse] dire [un’anima] che vivesse in Italia [quand’era] lontana dalla [vera] patria». 96
Questo mi parve per risposta udire
più innanzi alquanto che là dov’io stava,
ond’io mi feci ancor più là sentire. 99
Mi parve [di] udire questo come risposta molto più avanti rispetto a dove io mi trovavo, per cui io mi feci sentire [avanzando] ancora più [in] là. 99
Tra l’altre vidi un’ombra ch’aspettava
in vista; e se volesse alcun dir ‘Come?’,
lo mento a guisa d’orbo in sù levava. 102
Tra le altre vidi un’ombra che mostrava di aspettare; e se qualcuno volesse domandare ‘Come [lo mostrava]?’, [risponderei] sollevava il mento come un cieco. 102
«Spirto», diss’io, «che per salir ti dome,
se tu se’ quelli che mi rispondesti,
fammiti conto o per luogo o per nome». 105
Io dissi: «Spirito che ti domi (=mortifichi) per salire, se tu sei quello che mi ha risposto, fammiti conoscere o attraverso [il tuo] luogo [di nascita] o attraverso [il tuo] nome». 105
«Io fui sanese», rispuose, «e con questi
altri rimendo qui la vita ria,
lagrimando a colui che sé ne presti. 108
Rispose: «Io fui senese e con questi altri rammendo qui la [mia] vita colpevole, pregando con lacrime colui (=Dio) affinchè si conceda a noi. 108
Savia non fui, avvegna che Sapìa
fossi chiamata, e fui de li altrui danni
più lieta assai che di ventura mia. 111
Non fui saggia, benchè fossi chiamata Sapìa, e fui più lieta dei danni altrui che de[lla] mia fortuna. 111
E perché tu non creda ch’io t’inganni,
odi s’i’ fui, com’io ti dico, folle,
già discendendo l’arco d’i miei anni. 114
E affinchè tu non creda che io ti inganni, ascolta se io [non] fui folle, come io ti dico, quando ormai l’arco della mia vita declinava. 114
Eran li cittadin miei presso a Colle
in campo giunti co’ loro avversari,
e io pregava Iddio di quel ch’e’ volle. 117
I miei concittadini si erano scontrati coi loro nemici presso Colle (=Colle Val d'Elsa), e io pregavo Dio per quello che lui [effettivamente] volle (=che fossero sconfitti). 117
Rotti fuor quivi e vòlti ne li amari
passi di fuga; e veggendo la caccia,
letizia presi a tutte altre dispari, 120
Qui [i Senesi] furono sconfitti e spinti agli amari passi de[lla] fuga (=costretti a un'amara fuga); e vedendo l’inseguimento, provai [una] gioia non uguagliabile a tutte [le] altre, 120
tanto ch’io volsi in sù l’ardita faccia,
gridando a Dio: "Omai più non ti temo!",
come fé ‘l merlo per poca bonaccia. 123
tanto che io volsi in alto il volto audace, gridando a Dio: "Ormai non ti temo più!", come fece il merlo per un po’ di sereno. 123
Pace volli con Dio in su lo stremo
de la mia vita; e ancor non sarebbe
lo mio dover per penitenza scemo, 126
Mi riconciliai con Dio alla fine della mia vita; e il mio debito non sarebbe ancora diminuito con [la] penitenza, 126
se ciò non fosse, ch’a memoria m’ebbe
Pier Pettinaio in sue sante orazioni,
a cui di me per caritate increbbe. 129
se non fosse che mi ricordò ne[lle] sue sante preghiere Pier Pettinaio, che si dolse di me per [sentimento di] carità. 129
Ma tu chi se’, che nostre condizioni
vai dimandando, e porti li occhi sciolti,
sì com’io credo, e spirando ragioni?». 132
Ma chi sei tu, che vai domandando [della] nostra condizione, e hai gli occhi non cuciti, così come io credo, e parli respirando?». 132
«Li occhi», diss’io, «mi fieno ancor qui tolti,
ma picciol tempo, ché poca è l’offesa
fatta per esser con invidia vòlti. 135
Io risposi: «Anche a me sarà tolta la vista qui, ma [per] breve tempo, perchè è lieve l’offesa fatta per essersi rivolti [a guardare] con invidia. 135
Troppa è più la paura ond’è sospesa
l’anima mia del tormento di sotto,
che già lo ‘ncarco di là giù mi pesa». 138
E’ maggiore la paura a causa della quale la mia anima è trepidante per la sofferenza [patita nella cornice] di sotto, tanto che il carico di laggiù già mi pesa. 138
Ed ella a me: «Chi t’ha dunque condotto
qua sù tra noi, se giù ritornar credi?».
E io: «Costui ch’è meco e non fa motto. 141
Ed ella a me: «Chi dunque ti ha condotto quassù tra noi, se pensi di [dover] tornare giù?».
E io: «Costui che è con me e che non parla. 141
E vivo sono; e però mi richiedi,
spirito eletto, se tu vuo’ ch’i’ mova
di là per te ancor li mortai piedi». 144
E [io] sono vivo; e perciò chiedimi, spirito eletto, se tu vuoi che io muova ancora i [miei] piedi mortali di là (=sulla Terra) per te (=mi rechi da qualcuno per te)». 144
«Oh, questa è a udir sì cosa nuova»,
rispuose, «che gran segno è che Dio t’ami;
però col priego tuo talor mi giova. 147
Rispose: «Oh, questa è [una] cosa così insolita da ascoltare, che è sicuro segno che Dio ti ama; perciò talvolta aiutami con le tue preghiere. 147
E cheggioti, per quel che tu più brami,
se mai calchi la terra di Toscana,
che a’ miei propinqui tu ben mi rinfami. 150
Inoltre ti chiedo, in nome di ciò che tu desideri [di] più, se mai percorrerai la terra di Toscana, che tu mi ridia buona fama (=mi aiuti a riacquistare una buona fama) presso i miei parenti. 150
Tu li vedrai tra quella gente vana
che spera in Talamone, e perderagli
più di speranza ch’a trovar la Diana; 153
Tu li vedrai tra quella gente sciocca (= tra i senesi) che spera in Talamone (=nel porto di Talamone), e vi perderà più speranza che a [cercare di] trovare [l’acqua del]la Diana (=il fiume sotterraneo); 153
ma più vi perderanno li ammiragli». 154
ma vi perderanno [di] più gli impresari (=gli impresari incaricati della costruzione del porto a Talamone). 154
🖥️ Parafrasi affiancata
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Canto XIII
Noi eravamo al sommo de la scala,
dove secondamente si risega
lo monte che salendo altrui dismala. 3
Ivi così una cornice lega
dintorno il poggio, come la primaia;
se non che l’arco suo più tosto piega. 6
Ombra non lì è né segno che si paia:
parsi la ripa e parsi la via schietta
col livido color de la petraia. 9
«Se qui per dimandar gente s’aspetta»,
ragionava il poeta, «io temo forse
che troppo avrà d’indugio nostra eletta». 12
Poi fisamente al sole li occhi porse;
fece del destro lato a muover centro,
e la sinistra parte di sé torse. 15
«O dolce lume a cui fidanza i’ entro
per lo novo cammin, tu ne conduci»,
dicea, «come condur si vuol quinc’entro. 18
Tu scaldi il mondo, tu sovr’esso luci;
s’altra ragione in contrario non ponta,
esser dien sempre li tuoi raggi duci». 21
Quanto di qua per un migliaio si conta,
tanto di là eravam noi già iti,
con poco tempo, per la voglia pronta; 24
e verso noi volar furon sentiti,
non però visti, spiriti parlando
a la mensa d’amor cortesi inviti. 27
La prima voce che passò volando
‘Vinum non habent’ altamente disse,
e dietro a noi l’andò reiterando. 30
E prima che del tutto non si udisse
per allungarsi, un’altra ‘I’ sono Oreste’
passò gridando, e anco non s’affisse. 33
«Oh!», diss’io, «padre, che voci son queste?».
E com’io domandai, ecco la terza
dicendo: ‘Amate da cui male aveste’. 36
E ‘l buon maestro: «Questo cinghio sferza
la colpa de la invidia, e però sono
tratte d’amor le corde de la ferza. 39
Lo fren vuol esser del contrario suono;
credo che l’udirai, per mio avviso,
prima che giunghi al passo del perdono. 42
Ma ficca li occhi per l’aere ben fiso,
e vedrai gente innanzi a noi sedersi,
e ciascuno è lungo la grotta assiso». 45
Allora più che prima li occhi apersi;
guarda’mi innanzi, e vidi ombre con manti
al color de la pietra non diversi. 48
E poi che fummo un poco più avanti,
udia gridar: ‘Maria, òra per noi’:
gridar ‘Michele’ e ‘Pietro’, e ‘Tutti santi’. 51
Non credo che per terra vada ancoi
omo sì duro, che non fosse punto
per compassion di quel ch’i’ vidi poi; 54
ché, quando fui sì presso di lor giunto,
che li atti loro a me venivan certi,
per li occhi fui di grave dolor munto. 57
Di vil ciliccio mi parean coperti,
e l’un sofferia l’altro con la spalla,
e tutti da la ripa eran sofferti. 60
Così li ciechi a cui la roba falla
stanno a’ perdoni a chieder lor bisogna,
e l’uno il capo sopra l’altro avvalla, 63
perché ‘n altrui pietà tosto si pogna,
non pur per lo sonar de le parole,
ma per la vista che non meno agogna. 66
E come a li orbi non approda il sole,
così a l’ombre quivi, ond’io parlo ora,
luce del ciel di sé largir non vole; 69
ché a tutti un fil di ferro i cigli fóra
e cusce sì, come a sparvier selvaggio
si fa però che queto non dimora. 72
A me pareva, andando, fare oltraggio,
veggendo altrui, non essendo veduto:
per ch’io mi volsi al mio consiglio saggio. 75
Ben sapev’ei che volea dir lo muto;
e però non attese mia dimanda,
ma disse: «Parla, e sie breve e arguto». 78
Virgilio mi venìa da quella banda
de la cornice onde cader si puote,
perché da nulla sponda s’inghirlanda; 81
da l’altra parte m’eran le divote
ombre, che per l’orribile costura
premevan sì, che bagnavan le gote. 84
Volsimi a loro e «O gente sicura»,
incominciai, «di veder l’alto lume
che ‘l disio vostro solo ha in sua cura, 87
se tosto grazia resolva le schiume
di vostra coscienza sì che chiaro
per essa scenda de la mente il fiume, 90
ditemi, ché mi fia grazioso e caro,
s’anima è qui tra voi che sia latina;
e forse lei sarà buon s’i’ l’apparo». 93
«O frate mio, ciascuna è cittadina
d’una vera città; ma tu vuo’ dire
che vivesse in Italia peregrina». 96
Questo mi parve per risposta udire
più innanzi alquanto che là dov’io stava,
ond’io mi feci ancor più là sentire. 99
Tra l’altre vidi un’ombra ch’aspettava
in vista; e se volesse alcun dir ‘Come?’,
lo mento a guisa d’orbo in sù levava. 102
«Spirto», diss’io, «che per salir ti dome, se tu se’ quelli che mi rispondesti,
fammiti conto o per luogo o per nome». 105
«Io fui sanese», rispuose, «e con questi
altri rimendo qui la vita ria,
lagrimando a colui che sé ne presti. 108
Savia non fui, avvegna che Sapìa
fossi chiamata, e fui de li altrui danni
più lieta assai che di ventura mia. 111
E perché tu non creda ch’io t’inganni,
odi s’i’ fui, com’io ti dico, folle,
già discendendo l’arco d’i miei anni. 114
Eran li cittadin miei presso a Colle
in campo giunti co’ loro avversari,
e io pregava Iddio di quel ch’e’ volle. 117
Rotti fuor quivi e vòlti ne li amari
passi di fuga; e veggendo la caccia,
letizia presi a tutte altre dispari, 120
tanto ch’io volsi in sù l’ardita faccia,
gridando a Dio: "Omai più non ti temo!",
come fé ‘l merlo per poca bonaccia. 123
Pace volli con Dio in su lo stremo
de la mia vita; e ancor non sarebbe
lo mio dover per penitenza scemo, 126
se ciò non fosse, ch’a memoria m’ebbe
Pier Pettinaio in sue sante orazioni,
a cui di me per caritate increbbe. 129
Ma tu chi se’, che nostre condizioni
vai dimandando, e porti li occhi sciolti,
sì com’io credo, e spirando ragioni?». 132
«Li occhi», diss’io, «mi fieno ancor qui tolti,
ma picciol tempo, ché poca è l’offesa
fatta per esser con invidia vòlti. 135
Troppa è più la paura ond’è sospesa
l’anima mia del tormento di sotto,
che già lo ‘ncarco di là giù mi pesa». 138
Ed ella a me: «Chi t’ha dunque condotto qua sù tra noi, se giù ritornar credi?».
E io: «Costui ch’è meco e non fa motto. 141
E vivo sono; e però mi richiedi,
spirito eletto, se tu vuo’ ch’i’ mova
di là per te ancor li mortai piedi». 144
«Oh, questa è a udir sì cosa nuova»,
rispuose, «che gran segno è che Dio t’ami;
però col priego tuo talor mi giova. 147
E cheggioti, per quel che tu più brami,
se mai calchi la terra di Toscana,
che a’ miei propinqui tu ben mi rinfami. 150
Tu li vedrai tra quella gente vana
che spera in Talamone, e perderagli
più di speranza ch’a trovar la Diana; 153
ma più vi perderanno li ammiragli». 154
Canto XIII
Noi eravamo alla sommità della scala, dove il monte, che libera dal male colui che sale, è tagliato per la seconda volta. 3
Lì una cornice circonda il monte così, come [lo circonda] la prima; tranne che il suo arco s’incurva più rapidamente (=ha un raggio minore); 6
Lì non vi sono né figure nè immagini che si possano vedere: la parete e la strada appaiono spoglie [e] del livido colore della pietra. 9
Il poeta osservava: «Se aspettiamo qui qualcuno per domandare (=chiedere informazioni), io temo che forse [la] nostra scelta [della via da seguire] subirà un ritardo eccessivo». 12
Poi rivolse intento gli occhi al sole; fece perno sul fianco destro per girarsi e fece ruotare il fianco sinistro (=si volse a destra). 15
Diceva: «O dolce luce affidandomi alla quale io mi avvio per il nuovo cammino, guidaci tu, com’è necessario guidare qui dentro. 18
Tu riscaldi il mondo, tu splendi sopra esso; se [un’] altra ragione non preme in [senso] contrario (=non lo impedisce), i tuoi raggi devono essere sempre [la nostra] guida». 21
Quanto [spazio] si calcola qui (=sulla Terra) per un miglio, tanto noi eravamo già andati [avanti] di là, in breve tempo, grazie alla solerte volontà; 24
quando si sentirono volare verso [di] noi, senza però [essere] visti, [degli] spiriti che pronunciavano inviti cortesi alla mensa de[ll]’amore [divino]. 27
La prima voce che passò volando disse a voce alta: ‘Vinum non habent’ (='Non hanno vino'), e l'andò ripetendo dietro di noi. 30
E prima che cessasse completamente di essere udita per essersi allontanata, un'altra passò gridando: 'Io sono Oreste', e anche [questa] non si fermò. 33
Io dissi: «Oh! padre, che voci sono queste?» E non appena io domandai, ecco la terza che diceva: 'Amate [coloro] da cui avete ricevuto [il] male’. 36
E il valente maestro: «Questa cornice punisce il peccato dell’invidia, e perciò le corde della sferza sono ricavate da[ll]'amore (=gli esempi per incitare al bene sono di carità). 39
Il freno [invece] (=gli esempi che costituiscono un freno all’invidia) deve essere di suono contrario (=esempi contrari: esempi di invidia punita); credo che li udirai, a mio avviso, prima che tu giunga al passaggio del perdono (=alla cornice successiva). 42
Ma spingi lo sguardo con attenzione attraverso l’aria, e vedrai gente sedere davanti a noi (=gli invidiosi), e ciascuno è appoggiato alla parete». 45
Allora aprii gli occhi più di prima; guardai davanti a me, e vidi [delle] ombre con mantelli non diversi dal colore della pietra (=lividi). 48
E dopo che fummo un po’ più avanti, sentivo gridare: 'Maria, prega per noi': [e poi sentivo] gridare 'Michele' e 'Pietro' e 'Tutti [i] santi'. 51
Non credo che su[lla] Terra oggi si trovi [un] uomo così insensibile, da non essere trafitto da[lla] compassione per quello che io vidi in seguito; 54
perchè, quando fui giunto così vicino a loro, che i loro atteggiamenti mi giungevano chiaramente [allo sguardo], mi furono spremute dagli occhi (=versai) lacrime di dolore. 57
[Essi] mi sembravano coperti di un ruvido cilicio, e l'uno sosteneva l'altro con la spalla, e tutti erano sorretti dalla parete. 60
I ciechi ai quali manca il necessario stanno così davanti alle chiese a chiedere ciò di cui hanno bisogno (=l'elemosina), e l'uno appoggia il capo sopra [la spalla del]l’altro, 63
affinchè nel prossimo nasca subito [la] pietà, non solo per il suono [lamentoso] delle parole, ma [anche] per l’aspetto che non chiede di meno (=non è meno eloquente nell’esprimere il desiderio di pietà). 66
E come ai ciechi non arriva [la luce de]l sole, così qui alle anime, di cui io sto parlando, [la] luce del cielo non vuole concedersi; 69
perchè un fil di ferro perfora a tutti l’orlo delle palpebre e [le] cuce così, come si fa a [uno] sparviero selvaggio perchè altrimenti] non sta tranquillo. 72
A me sembrava, camminando, di recare offesa, perchè vedevo gli altri, senza essere visto: per cui io mi rivolsi al mio saggio consigliere. 75
Egli sapeva bene cosa voleva dire il [mio] silenzio; e perciò non attese [la] mia domanda, ma disse: «Parla, e sii conciso e preciso». 78
Virgilio andava rispetto a me da quella parte della cornice da cui si può cadere (=a destra), perchè non è cinta da nessun parapetto; 81
dall'altra parte (=a sinistra) avevo le anime devote, che attraverso l’orribile cucitura spingevano fuori [le lacrime] così [forte], che bagnavano le guance. 84
Mi rivolsi a loro e incominciai: «O anime sicure di vedere l’alta luce (=Dio) di cui unicamente il vostro desiderio si occupa (=a cui è unicamente rivolto il vostro desiderio), 87
possa [la] grazia [divina] dissolvere subito le impurità de[lla] vostra coscienza così che il fiume della memoria scenda limpido attraverso essa; 90
[a ricompensa di questo augurio] ditemi, poiché mi sarebbe gradito e caro, se qui tra voi c'è [un'] anima che sia italiana; e forse a lei gioverà se io lo apprendo». 93
«O fratello mio, ciascuna [delle anime] è cittadina di una sola vera città (=il Paradiso); ma tu vuoi [forse] dire [un’anima] che vivesse in Italia [quand’era] lontana dalla [vera] patria». 96
Mi parve [di] udire questo come risposta molto più avanti rispetto a dove io mi trovavo, per cui io mi feci sentire [avanzando] ancora più [in] là. 99
Tra le altre vidi un’ombra che mostrava di aspettare; e se qualcuno volesse domandare ‘Come [lo mostrava]?’, [risponderei] sollevava il mento come un cieco. 102
Io dissi: «Spirito che ti domi (=mortifichi) per salire, se tu sei quello che mi ha risposto, fammiti conoscere o attraverso [il tuo] luogo [di nascita] o attraverso [il tuo] nome». 105
Rispose: «Io fui senese e con questi altri rammendo qui la [mia] vita colpevole, pregando con lacrime colui (=Dio) affinchè si conceda a noi. 108
Non fui saggia, benchè fossi chiamata Sapìa, e fui più lieta dei danni altrui che de[lla] mia fortuna. 111
E affinchè tu non creda che io ti inganni, ascolta se io [non] fui folle, come io ti dico, quando ormai l’arco della mia vita declinava. 114
I miei concittadini si erano scontrati coi loro nemici presso Colle (=Colle Val d'Elsa), e io pregavo Dio per quello che lui [effettivamente] volle (=che fossero sconfitti). 117
Qui [i Senesi] furono sconfitti e spinti agli amari passi de[lla] fuga (=costretti a un'amara fuga); e vedendo l’inseguimento, provai [una] gioia non uguagliabile a tutte [le] altre, 120
tanto che io volsi in alto il volto audace, gridando a Dio: "Ormai non ti temo più!", come fece il merlo per un po’ di sereno. 123
Mi riconciliai con Dio alla fine della mia vita; e il mio debito non sarebbe ancora diminuito con [la] penitenza, 126
se non fosse che mi ricordò ne[lle] sue sante preghiere Pier Pettinaio, che si dolse di me per [sentimento di] carità. 129
Ma chi sei tu, che vai domandando [della] nostra condizione, e hai gli occhi non cuciti, così come io credo, e parli respirando?». 132
Io risposi: «Anche a me sarà tolta la vista qui, ma [per] breve tempo, perchè è lieve l’offesa fatta per essersi rivolti [a guardare] con invidia. 135
E’ maggiore la paura a causa della quale la mia anima è trepidante per la sofferenza [patita nella cornice] di sotto, tanto che il carico di laggiù già mi pesa. 138
Ed ella a me: «Chi dunque ti ha condotto quassù tra noi, se pensi di [dover] tornare giù?».
E io: «Costui che è con me e che non parla. 141
E [io] sono vivo; e perciò chiedimi, spirito eletto, se tu vuoi che io muova ancora i [miei] piedi mortali di là (=sulla Terra) per te (=mi rechi da qualcuno per te)». 144
Rispose: «Oh, questa è [una] cosa così insolita da ascoltare, che è sicuro segno che Dio ti ama; perciò talvolta aiutami con le tue preghiere. 147
Inoltre ti chiedo, in nome di ciò che tu desideri [di] più, se mai percorrerai la terra di Toscana, che tu mi ridia buona fama (=mi aiuti a riacquistare una buona fama) presso i miei parenti. 150
Tu li vedrai tra quella gente sciocca (= tra i senesi) che spera in Talamone (=nel porto di Talamone), e vi perderà più speranza che a [cercare di] trovare [l’acqua del]la Diana (=il fiume sotterraneo); 153
ma vi perderanno [di] più gli impresari (=gli impresari incaricati della costruzione del porto a Talamone). 154