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Canto XXXI
«O tu che se’ di là dal fiume sacro»,
volgendo suo parlare a me per punta,
che pur per taglio m’era paruto acro, 3
ricominciò, seguendo sanza cunta,
«dì, dì se questo è vero: a tanta accusa
tua confession conviene esser congiunta». 6
[Beatrice], rivolgendomi direttamente [le] sue parole, che mi erano sembrate dure anche [solo] indirettamente, ricominciò, proseguendo senza indugio: «O tu che sei [al] di là del fiume sacro, dì, dì se questo è vero: è necessario che [la] tua confessione si accompagni a [un’] accusa così grave». 3-6
Era la mia virtù tanto confusa,
che la voce si mosse, e pria si spense
che da li organi suoi fosse dischiusa. 9
Le mie facoltà intellettuali erano tanto sconvolte, che la voce si mosse [per rispondere], ma si spense prima che fosse emessa dai suoi organi (=dalla gola e dalla bocca). 9
Poco sofferse; poi disse: «Che pense?
Rispondi a me; ché le memorie triste
in te non sono ancor da l’acqua offense». 12
Pazientò [per un] poco; poi disse: «Che [cosa] pensi? Rispondimi; perchè i ricordi tristi (=il ricordo dei tuoi peccati) non sono ancora cancellati in te dall’acqua [del Lete]». 12
Confusione e paura insieme miste
mi pinsero un tal «sì» fuor de la bocca,
al quale intender fuor mestier le viste. 15
[Il] turbamento e [la] paura uniti insieme mi fecero uscire un tale «sì» fuori dalla bocca, per intendere il quale furono necessari gli occhi. 15
Come balestro frange, quando scocca
da troppa tesa la sua corda e l’arco,
e con men foga l’asta il segno tocca, 18
Come [una] balestra si spezza, quando la sua corda e l’arco scoccano per [un’] eccessiva tensione, e la freccia colpisce il bersaglio con minore impeto, 18
sì scoppia’ io sottesso grave carco,
fuori sgorgando lagrime e sospiri,
e la voce allentò per lo suo varco. 21
così scoppiai io sotto [il] grave peso, facendo sgorgare lacrime e sospiri, e la voce si affievolì attraverso la sua via d’uscita (=la gola). 21
Ond’ella a me: «Per entro i mie’ disiri,
che ti menavano ad amar lo bene
di là dal qual non è a che s’aspiri, 24
Per cui ella a me: «Attraverso i desideri da me [ispirati], che ti portavano ad amare il bene [al] di là del quale non c’è [niente] a cui aspirare, 24
quai fossi attraversati o quai catene
trovasti, per che del passare innanzi
dovessiti così spogliar la spene? 27
quali fossi trasversali o quali catene hai trovato, perchè ti dovesse venir così meno la speranza di procedere oltre? 27
E quali agevolezze o quali avanzi
ne la fronte de li altri si mostraro,
per che dovessi lor passeggiare anzi?». 30
E quali comodità o quali profitti si mostrarono nell’aspetto degli altri [beni] (=dei beni mondani), perchè [tu] dovessi far loro la corte?». 30
Dopo la tratta d’un sospiro amaro,
a pena ebbi la voce che rispuose,
e le labbra a fatica la formaro. 33
Dopo l’emissione di un sospiro amaro, a stento ebbi la voce per rispondere, e le labbra a fatica le diedero la forma [di parole]. 33
Piangendo dissi: «Le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
tosto che ‘l vostro viso si nascose». 36
Piangendo dissi: «Le cose terrene con [i] loro falsi allettamenti sviarono [i] miei passi, appena il vostro viso si nascose [con la morte]». 36
Ed ella: «Se tacessi o se negassi
ciò che confessi, non fora men nota
la colpa tua: da tal giudice sassi! 39
Ed ella: «Se tacessi o se negassi ciò che confessi, la tua colpa non sarebbe meno nota: da tal (=da Dio) giudice la si sa! 39
Ma quando scoppia de la propria gota
l’accusa del peccato, in nostra corte
rivolge sé contra ‘l taglio la rota. 42
Ma quando l’accusa del peccato (=la confessione) prorompe dalla propria bocca, ne[lla] nostra corte (=nel tribunale celeste) la ruota si rivolge contro il taglio (=la giustizia divina spunta la spada). 42
Tuttavia, perché mo vergogna porte
del tuo errore, e perché altra volta,
udendo le serene, sie più forte, 45
Tuttavia, affinchè [tu] ora provi vergogna dei tuoi errori, e affinchè [un’] altra volta, udendo le sirene (=gli allettamenti mondani), [tu] sia più forte, 45
pon giù il seme del piangere e ascolta:
sì udirai come in contraria parte
mover dovieti mia carne sepolta. 48
deponi il seme del piangere (=le lacrime) (=smetti di piangere) e ascolta: così udrai come [il] mio corpo sepolto (=la mia morte) avrebbe dovuto spinger[ti] in direzione opposta. 48
Mai non t’appresentò natura o arte
piacer, quanto le belle membra in ch’io
rinchiusa fui, e che so’ ‘n terra sparte; 51
[La] natura o [l’] arte non ti presentarono mai [una] bellezza eguale alle belle membra in cui io fui rinchiusa, e che [ora] sono disperse in terra; 51
e se ‘l sommo piacer sì ti fallio
per la mia morte, qual cosa mortale
dovea poi trarre te nel suo disio? 54
e se, a causa della mia morte, la suprema bellezza ti venne così meno, quale cosa mortale doveva poi attirarti a desiderarla? 54
Ben ti dovevi, per lo primo strale
de le cose fallaci, levar suso
di retro a me che non era più tale. 57
Avresti piuttosto dovuto, per il primo colpo [ricevuto] dalle cose ingannevoli (=per la bellezza svanita), sollevarti verso l’alto (=verso le cose spirituali) dietro a me che non ero più tale (=cosa fallace). 57
Non ti dovea gravar le penne in giuso,
ad aspettar più colpo, o pargoletta
o altra novità con sì breve uso. 60
[Una] fanciulla o [un’] altra esperienza nuova con [un] diletto così caduco non avrebbero dovuto appesantirti le ali verso [il] basso, ne[ll’] attesa di [un] colpo più forte. 60
Novo augelletto due o tre aspetta;
ma dinanzi da li occhi d’i pennuti
rete si spiega indarno o si saetta». 63
[L’] uccellino appena nato aspetta due o tre [colpi] (=si lascia adescare due o tre volte); ma si tendono reti o si lanciano frecce inutilmente davanti agli occhi dei pennuti (=degli uccelli adulti)». 63
Quali fanciulli, vergognando, muti
con li occhi a terra stannosi, ascoltando
e sé riconoscendo e ripentuti, 66
Come [i] bambini, vergognandosi, se ne stanno muti con gli occhi a terra, ascoltando e riconoscendosi [colpevoli] e del tutto pentiti, 66
tal mi stav’io; ed ella disse: «Quando
per udir se’ dolente, alza la barba,
e prenderai più doglia riguardando». 69
così me ne stavo io; e lei mi disse: «Dal momento che sei addolorato al [solo] ascoltar[mi], solleva la barba (=il viso), e proverai più dolore guardando[mi]». 69
Con men di resistenza si dibarba
robusto cerro, o vero al nostral vento
o vero a quel de la terra di Iarba, 72
[Un] robusto cerro si sradica con meno resistenza, sia per il vento delle nostre parti (=di tramontana) sia per quello della terra di Iarba (=per il vento australe che soffia dall’Africa), 72
ch’io non levai al suo comando il mento;
e quando per la barba il viso chiese,
ben conobbi il velen de l’argomento. 75
di quanto io sollevai il mento al suo comando; e quando chiese [di alzare] il viso attraverso la [parola] barba, capii chiaramente il veleno di quell’espediente [verbale] (=il riferimento all’età matura). 75
E come la mia faccia si distese,
posarsi quelle prime creature
da loro aspersion l’occhio comprese; 78
E appena il mio volto si alzò, i [miei] occhi percepirono che quei primi esseri creati (=gli angeli) smettevano la loro aspersione [di fiori]; 78
e le mie luci, ancor poco sicure,
vider Beatrice volta in su la fiera
ch’è sola una persona in due nature. 81
e i miei occhi, ancora incerti (=esitanti per la vergogna e la paura), videro Beatrice rivolta verso l’animale (=il grifone) che è una sola persona in due nature (=aquila e leone) (=la doppia natura di Cristo). 81
Sotto ‘l suo velo e oltre la rivera
vincer pariemi più sé stessa antica,
vincer che l’altre qui, quand’ella c’era. 84
[Pur] sotto il suo velo e oltre il fiume mi sembrava superare [la] se stessa di un tempo, più di quanto superasse le altre qui (=sulla Terra), quando vi viveva. 84
Di penter sì mi punse ivi l’ortica
che di tutte altre cose qual mi torse
più nel suo amor, più mi si fé nemica. 87
In quel momento l’ortica (=l’acre puntura) del pentimento mi trafisse a tal punto che, di tutte [le] altre cose, quella che mi aveva attirato [di] più nel suo piacere, mi divenne più odiosa. 87
Tanta riconoscenza il cor mi morse,
ch’io caddi vinto; e quale allora femmi,
salsi colei che la cagion mi porse. 90
Tanta consapevolezza mi morse il cuore, che io caddi sopraffatto [dal rimorso]; e quale io divenni allora, lo sa colei che me [ne] offrì la ragione. 90
Poi, quando il cor virtù di fuor rendemmi,
la donna ch’io avea trovata sola
sopra me vidi, e dicea: «Tiemmi, tiemmi!». 93
Poi, quando il cuore mi restituì esternamente [la] forza vitale (=rinvenni), vidi [china] sopra [di] me la donna che io avevo trovato sola (=Matelda), e diceva: «Tieniti [a me], tieniti [a me]!». 93
Tratto m’avea nel fiume infin la gola,
e tirandosi me dietro sen giva
sovresso l’acqua lieve come scola. 96
Mi aveva immerso nel fiume fino alla gola, e trascinandosi dietro me se ne andava sull’acqua come [una] barchetta leggera. 96
Quando fui presso a la beata riva,
‘Asperges me’ sì dolcemente udissi,
che nol so rimembrar, non ch’io lo scriva. 99
Quando fui vicino alla riva beata, si udì ‘Asperges me’ (=‘Mi aspergerai’) così dolcemente, che non lo so ricordare, e nemmeno scriverlo. 99
La bella donna ne le braccia aprissi;
abbracciommi la testa e mi sommerse
ove convenne ch’io l’acqua inghiottissi. 102
La bella donna (=Matelda) aprì le braccia; mi abbracciò la testa e mi sommerse per cui fu inevitabile che io inghiottissi l’acqua. 102
Indi mi tolse, e bagnato m’offerse
dentro a la danza de le quattro belle;
e ciascuna del braccio mi coperse. 105
Dopo mi tirò fuori, e [ancora] bagnato mi introdusse dentro alla danza delle quattro belle (=delle quattro virtù cardinali); e ciascuna mi coprì [la testa] con il braccio. 105
«Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle:
pria che Beatrice discendesse al mondo,
fummo ordinate a lei per sue ancelle. 108
«Qui noi siamo ninfe e nel cielo siamo stelle: prima che Beatrice scendesse nel mondo, fummo destinate a lei come sue ancelle. 108
Merrenti a li occhi suoi; ma nel giocondo
lume ch’è dentro aguzzeranno i tuoi
le tre di là, che miran più profondo». 111
Ti condurremo [davanti] ai suoi occhi (=alla sua presenza); ma le tre [ninfe] (simbolo delle tre virtù teologali) [che si trovano] di là, che vedono più a fondo, aguzzeranno i tuoi nella luce gioiosa che è [vi] è dentro (=che è dentro ai suoi occhi)». 111
Così cantando cominciaro; e poi
al petto del grifon seco menarmi,
ove Beatrice stava volta a noi. 114
Così cantando cominciarono; e poi mi condussero con sè [davanti] al petto del grifone, dove Beatrice stava rivolta verso di noi. 114
Disser: «Fa che le viste non risparmi;
posto t’avem dinanzi a li smeraldi
ond’Amor già ti trasse le sue armi». 117
Dissero: «Non risparmiare gli sguardi (=guarda più intensamente che puoi); ti abbiamo posto dinanzi agli smeraldi (=agli occhi di Beatrice) dai quali un tempo Amore ti lanciò le sue frecce». 117
Mille disiri più che fiamma caldi
strinsermi li occhi a li occhi rilucenti,
che pur sopra ‘l grifone stavan saldi. 120
Mille desideri più ardenti di [una] fiamma costrinsero i [miei] occhi verso gli occhi rilucenti [di Beatrice], che continuavano a stare fissi sul grifone. 120
Come in lo specchio il sol, non altrimenti
la doppia fiera dentro vi raggiava,
or con altri, or con altri reggimenti. 123
La fiera dalla doppia [natura] vi splendeva dentro (=dentro gli occhi di Beatrice) come il sole nello specchio, ora con [l’] uno, ora con [l’]altro atteggiamento (=ora con l’atteggiamento di aquila, ora con quello di leone). 123
Pensa, lettor, s’io mi maravigliava,
quando vedea la cosa in sé star queta,
e ne l’idolo suo si trasmutava. 126
Pensa, lettore, se io [non] mi meravigliavo, nel vedere l’oggetto [reale] (=il grifone) restare immutabile in sè (=sempre identico a se stesso), mentre si trasmutava nella sua immagine [riflessa] (=negli occhi di Beatrice). 126
Mentre che piena di stupore e lieta
l’anima mia gustava di quel cibo
che, saziando di sé, di sé asseta, 129
Mentre la mia anima piena di stupore e lieta gustava di quel cibo (=della verità soprannaturale) che, nel saziare di sè, suscita [maggiore] desiderio di sè, 129
sé dimostrando di più alto tribo
ne li atti, l’altre tre si fero avanti,
danzando al loro angelico caribo. 132
le altre tre (= le tre donne simbolo delle virtù teologali), mostrandosi di più alta condizione attraverso i [loro] atteggiamenti, si fecero avanti, danzando al loro angelico canto. 132
«Volgi, Beatrice, volgi li occhi santi»,
era la sua canzone, «al tuo fedele
che, per vederti, ha mossi passi tanti! 135
Il loro canto diceva: «Volgi, Beatrice, volgi gli occhi santi al tuo fedele che, per vederti, ha mosso tanti passi! 135
Per grazia fa noi grazia che disvele
a lui la bocca tua, sì che discerna
la seconda bellezza che tu cele». 138
Per [tua] grazia facci [la] grazia di disvelargli la tua bocca, in modo che egli veda chiaramente la seconda bellezza che tu nascondi». 138
O isplendor di viva luce etterna,
chi palido si fece sotto l’ombra
sì di Parnaso, o bevve in sua cisterna, 141
O [Beatrice] specchio de[lla] viva luce eterna, chi (=quale poeta) è diventato così pallido sotto l’ombra (=nei boschi) de[l] Parnaso (=si è consumato nello studio assiduo della poesia), o ha bevuto da[ll]a sua fonte (=ha attinto l’ispirazione poetica), 141
che non paresse aver la mente ingombra,
tentando a render te qual tu paresti
là dove armonizzando il ciel t’adombra, 144
che non sembrasse avere la mente confusa, tentando di rappresentare te quale tu apparisti là (=nel Paradiso terrestre) dove [solo] il cielo con la sua armonia ti raffigura, 144
quando ne l’aere aperto ti solvesti? 145
quando ti mostrasti nell’aria libera? 145
🖥️ Parafrasi affiancata
(ideale per la visualizzazione su pc)
Canto XXXI
«O tu che se’ di là dal fiume sacro»,
volgendo suo parlare a me per punta,
che pur per taglio m’era paruto acro, 3
ricominciò, seguendo sanza cunta,
«dì, dì se questo è vero: a tanta accusa
tua confession conviene esser congiunta». 6
Era la mia virtù tanto confusa,
che la voce si mosse, e pria si spense
che da li organi suoi fosse dischiusa. 9
Poco sofferse; poi disse: «Che pense?
Rispondi a me; ché le memorie triste
in te non sono ancor da l’acqua offense». 12
Confusione e paura insieme miste
mi pinsero un tal «sì» fuor de la bocca,
al quale intender fuor mestier le viste. 15
Come balestro frange, quando scocca
da troppa tesa la sua corda e l’arco,
e con men foga l’asta il segno tocca, 18
sì scoppia’ io sottesso grave carco,
fuori sgorgando lagrime e sospiri,
e la voce allentò per lo suo varco. 21
Ond’ella a me: «Per entro i mie’ disiri,
che ti menavano ad amar lo bene
di là dal qual non è a che s’aspiri, 24
quai fossi attraversati o quai catene
trovasti, per che del passare innanzi
dovessiti così spogliar la spene? 27
E quali agevolezze o quali avanzi
ne la fronte de li altri si mostraro,
per che dovessi lor passeggiare anzi?». 30
Dopo la tratta d’un sospiro amaro,
a pena ebbi la voce che rispuose,
e le labbra a fatica la formaro. 33
Piangendo dissi: «Le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
tosto che ‘l vostro viso si nascose». 36
Ed ella: «Se tacessi o se negassi
ciò che confessi, non fora men nota
la colpa tua: da tal giudice sassi! 39
Ma quando scoppia de la propria gota
l’accusa del peccato, in nostra corte
rivolge sé contra ‘l taglio la rota. 42
Tuttavia, perché mo vergogna porte
del tuo errore, e perché altra volta,
udendo le serene, sie più forte, 45
pon giù il seme del piangere e ascolta:
sì udirai come in contraria parte
mover dovieti mia carne sepolta. 48
Mai non t’appresentò natura o arte
piacer, quanto le belle membra in ch’io
rinchiusa fui, e che so’ ‘n terra sparte; 51
e se ‘l sommo piacer sì ti fallio
per la mia morte, qual cosa mortale
dovea poi trarre te nel suo disio? 54
Ben ti dovevi, per lo primo strale
de le cose fallaci, levar suso
di retro a me che non era più tale. 57
Non ti dovea gravar le penne in giuso,
ad aspettar più colpo, o pargoletta
o altra novità con sì breve uso. 60
Novo augelletto due o tre aspetta;
ma dinanzi da li occhi d’i pennuti
rete si spiega indarno o si saetta». 63
Quali fanciulli, vergognando, muti
con li occhi a terra stannosi, ascoltando
e sé riconoscendo e ripentuti, 66
tal mi stav’io; ed ella disse: «Quando
per udir se’ dolente, alza la barba,
e prenderai più doglia riguardando». 69
Con men di resistenza si dibarba
robusto cerro, o vero al nostral vento
o vero a quel de la terra di Iarba, 72
ch’io non levai al suo comando il mento;
e quando per la barba il viso chiese,
ben conobbi il velen de l’argomento. 75
E come la mia faccia si distese,
posarsi quelle prime creature
da loro aspersion l’occhio comprese; 78
e le mie luci, ancor poco sicure,
vider Beatrice volta in su la fiera
ch’è sola una persona in due nature. 81
Sotto ‘l suo velo e oltre la rivera
vincer pariemi più sé stessa antica,
vincer che l’altre qui, quand’ella c’era. 84
Di penter sì mi punse ivi l’ortica
che di tutte altre cose qual mi torse
più nel suo amor, più mi si fé nemica. 87
Tanta riconoscenza il cor mi morse,
ch’io caddi vinto; e quale allora femmi,
salsi colei che la cagion mi porse. 90
Poi, quando il cor virtù di fuor rendemmi,
la donna ch’io avea trovata sola
sopra me vidi, e dicea: «Tiemmi, tiemmi!». 93
Tratto m’avea nel fiume infin la gola,
e tirandosi me dietro sen giva
sovresso l’acqua lieve come scola. 96
Quando fui presso a la beata riva,
‘Asperges me’ sì dolcemente udissi,
che nol so rimembrar, non ch’io lo scriva. 99
La bella donna ne le braccia aprissi;
abbracciommi la testa e mi sommerse
ove convenne ch’io l’acqua inghiottissi. 102
Indi mi tolse, e bagnato m’offerse
dentro a la danza de le quattro belle;
e ciascuna del braccio mi coperse. 105
«Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle:
pria che Beatrice discendesse al mondo,
fummo ordinate a lei per sue ancelle. 108
Merrenti a li occhi suoi; ma nel giocondo
lume ch’è dentro aguzzeranno i tuoi
le tre di là, che miran più profondo». 111
Così cantando cominciaro; e poi
al petto del grifon seco menarmi,
ove Beatrice stava volta a noi. 114
Disser: «Fa che le viste non risparmi;
posto t’avem dinanzi a li smeraldi
ond’Amor già ti trasse le sue armi». 117
Mille disiri più che fiamma caldi
strinsermi li occhi a li occhi rilucenti,
che pur sopra ‘l grifone stavan saldi. 120
Come in lo specchio il sol, non altrimenti
la doppia fiera dentro vi raggiava,
or con altri, or con altri reggimenti. 123
Pensa, lettor, s’io mi maravigliava,
quando vedea la cosa in sé star queta,
e ne l’idolo suo si trasmutava. 126
Mentre che piena di stupore e lieta
l’anima mia gustava di quel cibo
che, saziando di sé, di sé asseta, 129
sé dimostrando di più alto tribo
ne li atti, l’altre tre si fero avanti,
danzando al loro angelico caribo. 132
«Volgi, Beatrice, volgi li occhi santi»,
era la sua canzone, «al tuo fedele
che, per vederti, ha mossi passi tanti! 135
Per grazia fa noi grazia che disvele
a lui la bocca tua, sì che discerna
la seconda bellezza che tu cele». 138
O isplendor di viva luce etterna,
chi palido si fece sotto l’ombra
sì di Parnaso, o bevve in sua cisterna, 141
che non paresse aver la mente ingombra,
tentando a render te qual tu paresti
là dove armonizzando il ciel t’adombra, 144
quando ne l’aere aperto ti solvesti? 145
Canto XXXI
[Beatrice], rivolgendomi direttamente [le] sue parole, che mi erano sembrate dure anche [solo] indirettamente, ricominciò, proseguendo senza indugio: «O tu che sei [al] di là del fiume sacro, dì, dì se questo è vero: è necessario che [la] tua confessione si accompagni a [un’] accusa così grave». 3-6
Le mie facoltà intellettuali erano tanto sconvolte, che la voce si mosse [per rispondere], ma si spense prima che fosse emessa dai suoi organi (=dalla gola e dalla bocca). 9
Pazientò [per un] poco; poi disse: «Che [cosa] pensi? Rispondimi; perchè i ricordi tristi (=il ricordo dei tuoi peccati) non sono ancora cancellati in te dall’acqua [del Lete]». 12
[Il] turbamento e [la] paura uniti insieme mi fecero uscire un tale «sì» fuori dalla bocca, per intendere il quale furono necessari gli occhi. 15
Come [una] balestra si spezza, quando la sua corda e l’arco scoccano per [un’] eccessiva tensione, e la freccia colpisce il bersaglio con minore impeto, 18
così scoppiai io sotto [il] grave peso, facendo sgorgare lacrime e sospiri, e la voce si affievolì attraverso la sua via d’uscita (=la gola). 21
Per cui ella a me: «Attraverso i desideri da me [ispirati], che ti portavano ad amare il bene [al] di là del quale non c’è [niente] a cui aspirare, 24
quali fossi trasversali o quali catene hai trovato, perchè ti dovesse venir così meno la speranza di procedere oltre? 27
E quali comodità o quali profitti si mostrarono nell’aspetto degli altri [beni] (=dei beni mondani), perchè [tu] dovessi far loro la corte?». 30
Dopo l’emissione di un sospiro amaro, a stento ebbi la voce per rispondere, e le labbra a fatica le diedero la forma [di parole]. 33
Piangendo dissi: «Le cose terrene con [i] loro falsi allettamenti sviarono [i] miei passi, appena il vostro viso si nascose [con la morte]». 36
Ed ella: «Se tacessi o se negassi
ciò che confessi, la tua colpa non sarebbe meno nota: da tal (=da Dio) giudice la si sa! 39
Ma quando l’accusa del peccato (=la confessione) prorompe dalla propria bocca, ne[lla] nostra corte (=nel tribunale celeste) la ruota si rivolge contro il taglio (=la giustizia divina spunta la spada). 42
Tuttavia, affinchè [tu] ora provi vergogna dei tuoi errori, e affinchè [un’] altra volta, udendo le sirene (=gli allettamenti mondani), [tu] sia più forte, 45
deponi il seme del piangere (=le lacrime) (=smetti di piangere) e ascolta: così udrai come [il] mio corpo sepolto (=la mia morte) avrebbe dovuto spinger[ti] in direzione opposta. 48
[La] natura o [l’] arte non ti presentarono mai [una] bellezza eguale alle belle membra in cui io fui rinchiusa, e che [ora] sono disperse in terra; 51
e se, a causa della mia morte, la suprema bellezza ti venne così meno, quale cosa mortale doveva poi attirarti a desiderarla? 54
Avresti piuttosto dovuto, per il primo colpo [ricevuto] dalle cose ingannevoli (=per la bellezza svanita), sollevarti verso l’alto (=verso le cose spirituali) dietro a me che non ero più tale (=cosa fallace). 57
[Una] fanciulla o [un’] altra esperienza nuova con [un] diletto così caduco non avrebbero dovuto appesantirti le ali verso [il] basso, ne[ll’] attesa di [un] colpo più forte. 60
[L’] uccellino appena nato aspetta due o tre [colpi] (=si lascia adescare due o tre volte); ma si tendono reti o si lanciano frecce inutilmente davanti agli occhi dei pennuti (=degli uccelli adulti)». 63
Come [i] bambini, vergognandosi, se ne stanno muti con gli occhi a terra, ascoltando e riconoscendosi [colpevoli] e del tutto pentiti, 66
così me ne stavo io; e lei mi disse: «Dal momento che sei addolorato al [solo] ascoltar[mi], solleva la barba (=il viso), e proverai più dolore guardando[mi]». 69
[Un] robusto cerro si sradica con meno resistenza, sia per il vento delle nostre parti (=di tramontana) sia per quello della terra di Iarba (=per il vento australe che soffia dall’Africa), 72
di quanto io sollevai il mento al suo comando; e quando chiese [di alzare] il viso attraverso la [parola] barba, capii chiaramente il veleno di quell’espediente [verbale] (=il riferimento all’età matura). 75
E appena il mio volto si alzò, i [miei] occhi percepirono che quei primi esseri creati (=gli angeli) smettevano la loro aspersione [di fiori]; 78
e i miei occhi, ancora incerti (=esitanti per la vergogna e la paura), videro Beatrice rivolta verso l’animale (=il grifone) che è una sola persona in due nature (=aquila e leone) (=la doppia natura di Cristo). 81
[Pur] sotto il suo velo e oltre il fiume mi sembrava superare [la] se stessa di un tempo, più di quanto superasse le altre qui (=sulla Terra), quando vi viveva. 84
In quel momento l’ortica (=l’acre puntura) del pentimento mi trafisse a tal punto che, di tutte [le] altre cose, quella che mi aveva attirato [di] più nel suo piacere, mi divenne più odiosa. 87
Tanta consapevolezza mi morse il cuore, che io caddi sopraffatto [dal rimorso]; e quale io divenni allora, lo sa colei che me [ne] offrì la ragione. 90
Poi, quando il cuore mi restituì esternamente [la] forza vitale (=rinvenni), vidi [china] sopra [di] me la donna che io avevo trovato sola (=Matelda), e diceva: «Tieniti [a me], tieniti [a me]!». 93
Mi aveva immerso nel fiume fino alla gola, e trascinandosi dietro me se ne andava sull’acqua come [una] barchetta leggera. 96
Quando fui vicino alla riva beata, si udì ‘Asperges me’ (=‘Mi aspergerai’) così dolcemente, che non lo so ricordare, e nemmeno scriverlo. 99
La bella donna (=Matelda) aprì le braccia; mi abbracciò la testa e mi sommerse per cui fu inevitabile che io inghiottissi l’acqua. 102
Dopo mi tirò fuori, e [ancora] bagnato mi introdusse dentro alla danza delle quattro belle (=delle quattro virtù cardinali); e ciascuna mi coprì [la testa] con il braccio. 105
«Qui noi siamo ninfe e nel cielo siamo stelle: prima che Beatrice scendesse nel mondo, fummo destinate a lei come sue ancelle. 108
Ti condurremo [davanti] ai suoi occhi (=alla sua presenza); ma le tre [ninfe] (simbolo delle tre virtù teologali) [che si trovano] di là, che vedono più a fondo, aguzzeranno i tuoi nella luce gioiosa che è [vi] è dentro (=che è dentro ai suoi occhi)». 111
Così cantando cominciarono; e poi mi condussero con sè [davanti] al petto del grifone, dove Beatrice stava rivolta verso di noi. 114
Dissero: «Non risparmiare gli sguardi (=guarda più intensamente che puoi); ti abbiamo posto dinanzi agli smeraldi (=agli occhi di Beatrice) dai quali un tempo Amore ti lanciò le sue frecce». 117
Mille desideri più ardenti di [una] fiamma costrinsero i [miei] occhi verso gli occhi rilucenti [di Beatrice], che continuavano a stare fissi sul grifone. 120
La fiera dalla doppia [natura] vi splendeva dentro (=dentro gli occhi di Beatrice) come il sole nello specchio, ora con [l’] uno, ora con [l’]altro atteggiamento (=ora con l’atteggiamento di aquila, ora con quello di leone). 123
Pensa, lettore, se io [non] mi meravigliavo, nel vedere l’oggetto [reale] (=il grifone) restare immutabile in sè (=sempre identico a se stesso), mentre si trasmutava nella sua immagine [riflessa] (=negli occhi di Beatrice). 126
Mentre la mia anima piena di stupore e lieta gustava di quel cibo (=della verità soprannaturale) che, nel saziare di sè, suscita [maggiore] desiderio di sè, 129
le altre tre (= le tre donne simbolo delle virtù teologali), mostrandosi di più alta condizione attraverso i [loro] atteggiamenti, si fecero avanti, danzando al loro angelico canto. 132
Il loro canto diceva: «Volgi, Beatrice, volgi gli occhi santi al tuo fedele che, per vederti, ha mosso tanti passi! 135
Per [tua] grazia facci [la] grazia di disvelargli la tua bocca, in modo che egli veda chiaramente la seconda bellezza che tu nascondi». 138
O [Beatrice] specchio de[lla] viva luce eterna, chi (=quale poeta) è diventato così pallido sotto l’ombra (=nei boschi) de[l] Parnaso (=si è consumato nello studio assiduo della poesia), o ha bevuto da[ll]a sua fonte (=ha attinto l’ispirazione poetica), 141
che non sembrasse avere la mente confusa, tentando di rappresentare te quale tu apparisti là (=nel Paradiso terrestre) dove [solo] il cielo con la sua armonia ti raffigura, 144
quando ti mostrasti nell’aria libera? 145